
Medicina
Da “parlare di cura” a “fare cura”: il congresso che vuole trasformare la comunicazione sulla SLA
A Trento, il seminario “Linguaggi della Cura” promosso da AISLA, Fondazione ARISLA e Centri Clinici NeMo inaugura un modello nazionale di comunicazione etica e responsabile nella SLA. Scienza, società e istituzioni si incontrano per trasformare le parole in strumenti di ascolto
Sabato 18 ottobre, Trento è diventata luogo di riflessione e proposta intorno al tema delicato e urgente della comunicazione nella SLA. Nel seminario “Linguaggi della Cura: Solo lavorando assieme – tra scienza, comunicazione e verità condivisa”, AISLA, Fondazione ARISLA e i Centri Clinici NeMo hanno inaugurato un percorso ambizioso: avviare un modello nazionale di comunicazione etica e responsabile nella SLA. (organizzato con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento, Università di Trento, APSS, Fondazione Bruno Kessler e Ordine Nazionale dei Giornalisti)
Il cuore della tesi proposta è che la malattia non può essere raccontata come mero dato clinico, né la cura può essere confinata all’ambito della medicina. Serve un’alleanza tra scienza e società, tra chi sperimenta il dolore e chi lo studia, e soprattutto serve un linguaggio che non tradisca né banalizzi le vite che attraversa.
Perché una nuova grammatica della cura?
Il problema non è solo semantico: quando le parole sono scelte male, possono escludere, ferire, alimentare stigma. Lo dimostrano le molteplici voci protagoniste del seminario, che con diversi approcci — clinico, giornalistico, istituzionale, attivistico — hanno argomentato che “l’ascolto è la prima forma di cura” (dalla figlia Anna Borzaga, volontaria AISLA Trentino). E che “dietro la ricerca ci sono sempre persone”.
Non si tratta di un’espressione retorica: è una sfida concreta. La comunicazione scientifica troppo tecnica allontana il pubblico; quella mediatico-spettacolare rischia l’eccesso. L’obiettivo è trovare un equilibrio: dare chiarezza, verità, fiducia.
Per questo, la conferma della Provincia autonoma di Trento di proseguire la collaborazione con il Centro NeMo, con le parole del presidente Maurizio Fugatti: “Il valore aggiunto che NeMo ha dato e continuerà a dare ci ha convinto della necessità di proseguire questo rapporto” e non è solo un’affermazione simbolica, ma un patto operativo.
Alberto Fontana, segretario nazionale dei Centri Clinici NeMo, lo ha ribadito: “La malattia non è il centro della vida, ma un momento da attraversare accompagnati e sostenuti.” Qui risiede la premessa fondamentale: comunicare bene è parte della cura, non un optional aggiunto.
Dieci voci, dieci pensieri: costruire insieme la responsabilità comunicativa
Il seminario è stato articolato in dieci tappe simboliche, ognuna affidata a un protagonista, per scandire le dimensioni in gioco: dall’etica giornalistica alla tecnologia, dalle istituzioni al vissuto personale.
Tra gli esempi più rilevanti: Marco Piazza (RAI) ha tenuto la lectio magistralis inaugurale, ricordando Franco Bomprezzi e insistendo sul potere delle parole come strumenti di cura, empatia e responsabilità sociale. Anna Ambrosini (ARISLA) ha parlato del doppio impegno: “Rigore per la comunità scientifica, chiarezza per il pubblico generalista: il nostro obiettivo è tradurre la scienza in strumenti concreti per pazienti, caregiver e professionisti.” Mario Sabatelli (commissione scientifica AISLA / Centro NeMo Roma) ha evocato il cuore come simbolo: “Ogni scelta clinica, ogni gesto medico e decisione etica deve partire da qui, rendendo la medicina non solo competente, ma pienamente umana.” Serena Barello ha presentato il primo “blueprint” per una comunicazione etica nella SLA, frutto di un lavoro condiviso tra stakeholder, pensato per orientare medici, pazienti e caregiver. Francesco Ognibene, dalla prospettiva giornalistica, ha insistito: “Non è spettacolo. È dare notizie vere, misurate, rispettando chi vive la condizione e chi ascolta. Illuminare senza spaventare, accompagnare senza giudicare.”
Altri interventi hanno toccato temi come la tecnologia (Riccardo Zuccarino), la cittadinanza scientifica (Francesca Pasinelli), la comunicazione decisionale (Stefania Bastianello, Raffaella Tanel), fino alla testimonianza di sportivi e pazienti: Alberto Tonout, ricordando il valore del gioco di squadra e portando la voce del malato di SLA Federico Franceschin, ha sottolineato che “dietro ogni percorso di cura, c’è sempre una squadra.”
Queste dieci tappe non sono solo punti dell’agenda; costituiscono un disegno che mette in relazione ruoli e responsabilità, tessendo connettività fra scienza, istituzioni, comunità e individui.
Sfide e ambizioni: da Trento a un modello nazionale
La portata dell’evento risiede proprio nell’intenzione di “fare scuola” a livello nazionale. In una recente nota, AISLA definisce che non si tratta di una semplice conferenza, bensì di un laboratorio gratuito di pensiero e pratica, aperto a tutti, per far diventare la parola “strumento di responsabilità sociale, empatia e innovazione”.
Questa dimensione laboratoriale è fondamentale: non basta enunciare regole, serve una pratica condivisa che profondamente interiorizzi il rispetto delle storie, delle persone, dei contesti. L’ambizione è che nasca un modello nazionale di comunicazione etica nella SLA che possa diventare linea guida per giornalisti, ricercatori, istituzioni e associazioni.
L’evento è stato registrato e sarà presto disponibile sul canale YouTube di AISLA, per estendere la possibilità di riflessione oltre il luogo fisico.
Una parola finale
Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Ascolto (21 ottobre), Trento ha assunto un ruolo simbolico e concreto: non solo come sede di un incontro, ma come laboratorio nazionale in cui scienza e società, competenza e ascolto, teoria e pratica si intrecciano.
Il seminario segna l’inizio di un percorso che AISLA, ARISLA e i Centri NeMo intendono sviluppare. Perché comunicare bene è prendersi cura, ed è solo riconoscendo le persone come centri della cura che si può trasformare la parola in azione concreta, responsabilità collettiva e umanità condivisa.
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