Torino

For all: due parole che cambiano tutto

5-7 ottobre 2025: Destinations for All, il Terzo World Summit on Accessible Tourism, dove il mondo dell’accessibilità si riunisce a Torino

7 Ottobre 2025

TORINO, 6 ottobre. Mentre Torino vive la sua seconda giornata da capitale mondiale del turismo accessibile, c’è una notizia che sembra fatta apposta per dare senso a tutto. A ricordarla è la ministra Daniela Santanchè, non come slogan, ma come segnale potente di quanto l’accessibilità oggi stia smettendo di essere un tema “a parte” e stia diventando, finalmente, parte del mondo. Ricordiamola, insieme, qui dal Lingotto, la storia di Michaela Benthaus, ingegnera spaziale tedesca di 33 anni, sarà la prima astronauta in sedia a rotelle a volare nello spazio. Parteciperà a una missione suborbitale con Blue Origin (l’azienda di Jeff Bezos, per intenderci, anche se il dato tecnico è il meno importante).

Quello che conta è che questa storia arriva mentre qui in Italia ci si interroga, e si lavora, per garantire il diritto di viaggiare, di scoprire, di esserci, a tutte e tutti. Non è un caso che proprio qui a Torino, oggi, l’Italia si ritrovi a giocare una partita così centrale su questo tema.

Santanchè lo dice chiaramente: in Italia ci sono milioni di persone con disabilità che vorrebbero viaggiare, vivere esperienze, ma non possono. Non è questione di assistenza, è questione di libertà. E non è neanche questione di piccoli numeri: 27 miliardi di euro, tanto vale il mercato potenziale del turismo accessibile in Italia. Allora investire non è solo giusto. È intelligente. È visione.

La ministra Locatelli, dal canto suo, ci ricorda che il tempo libero è un diritto. Che la disabilità non è una condizione eccezionale, ma fa parte della vita. Che non ci possono essere cittadini di serie A e B. E mentre lo dice, sul palco e nei corridoi del Lingotto passano storie che lo dimostrano: dai tour in modalità “blind”, dove operatori del settore sperimentano l’esperienza di muoversi a occhi chiusi in una città che non sempre parla il linguaggio di tutti.

AISM anche in questo contesto fa davvero “scuola” quando si parla di inclusività e accessibilità. Perché non si limita a promuovere questi valori: li mette in pratica ogni giorno, offrendo consulenze a enti, istituzioni e realtà pubbliche e private. Tra le collaborazioni recenti ci sono il Giubileo delle persone con disabilità, il G7 di Assisi, ma anche musei, aziende, strutture ricettive che vogliono rendere l’accoglienza più inclusiva.

Ma il panorama dell’accessibilità oggi è molto più ampio e dinamico. Si parla sempre più di turismo accessibile 4.0, dove la tecnologia apre nuove possibilità per tutti, ma non senza sfide: l’accessibilità digitale, infatti, non è sempre un aiuto. Rischia di diventare essa stessa una barriera.

E poi, tra le buone pratiche che saltano agli occhi, qui, in Italia, esperienze straordinarie che mostrano cosa significa davvero “includere”. Come il progetto Io Posso, in Salento, che ha reso il mare accessibile anche a persone con disabilità gravissima, o le iniziative che permettono a chi non vede di “toccare” opere d’arte grazie a sensori tattili e tecnologie inclusive.

In tutto questo, la citazione di Michaela Benthaus non è un vezzo. Ma un’eco. È la conferma che non stiamo parlando di qualcosa “per gli altri”, ma di qualcosa che ci riguarda. Oggi. Perché sì, si può volare nello spazio anche con una carrozzina. E sì, si può prendere un treno, entrare in un museo, dormire in una struttura ricettiva, partecipare a una visita guidata anche se si vive una condizione di disabilità, anche se non si vede, non si sente o se si ha una disabilità neurologica. Basta volerlo. Basta organizzarsi. Basta, soprattutto, non chiamarlo più “turismo speciale”. Ma solo turismo.

E se Torino in questi giorni è diventata il cuore di questa visione, è perché ha saputo raccogliere storie, voci, soluzioni, buone pratiche, suggestioni e qualche provocazione. Ma soprattutto ha saputo dire, con naturalezza, che l’accessibilità è già parte del presente. Che è, semmai, ciò che non è accessibile, ad esserlo. Il futuro (lo stiamo disegnando) è solo il posto in cui la normalità prenderà definitivamente il posto dell’eccezione. E magari allora non servirà più nemmeno dirlo. L’eccezione, anzi, sarà proprio chi sceglierà di restare indietro, chi declasserà la propria struttura o la propria progettualità, non rendendola davvero for all.

 

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