Letteratura
Goffredo Fofi: visse di letteratura
13 Luglio 2025
Inesorabile è il tempo che passa; è andato via anche Goffredo Fofi, un intellettuale sovrabbondante che ha lasciato il segno nel campo letterario, del cinema, dell’impegno sociale e politico.
È stato un maestro per tanti giovani scrittori sia per la struttura costitutiva di tipico intellettuale che scrive e parla magnificamente, sia per l’indubbia capacità di scoprire talenti, si pensi a Roberto Saviano, Nicola Lagioia.
Con l’esperienza dei “ Quaderni Piacentini” rivista letteraria da lui anche diretta, Fofi ha dimostrato tutto il suo valore di profondo conoscitore del mondo della letteratura.
Fofi era unico, migliore, distinto, prezioso, un intellettuale capace di orientare, di essere auriga, di avere un disegno, una prospettiva che per lui era, come quella di Pasolini, contro l’omologazione del potere.
E lo ha dimostrato anche nella pratica, nella vita vissuta accanto ai poveri, gli ultimi, occupandosi di quelli che erano uomini e donne dello scarto.
Aveva una vocazione apostolica, da missionario, come Don Milani, il prete che voleva che si diffondesse cultura anche tra i proletari, come necessità di riscatto sociale.
Fofi ha scritto tantissimo, a riprova che non poteva vivere senza letteratura. Ma non era ricco, tanto è vero che molti si sono occupati di fargli tenere i sussidi della legge Bacchelli, ma lui ha sdegnosamente rifiutato. Ed è morto povero, senza un obolo.
Lo ricordo per due suoi grandi amori della letteratura e del cinema: Elsa Morante e Totò, e per la città di Napoli.
Della prima scrisse a proposito del suo libro ”il mondo salvato dai ragazzini”: “Non si può comprendere appieno il valore di questo libro nella sua complessità e varietà e nel compendio che propone, se non si tiene conto della sua aspirazione a incidere nella realtà con i mezzi della poesia attraverso i lettori potenzialmente più ricettivi di tutti, i giovani, i nuovi. La funzione del poeta è, nella visione della Morante, la più alta possibile, è quella di chi deve mettere in guardia i lettori (il mondo) dai pericoli che covano al suo interno – il maggiore tra tutti quello dell’irrealtà -, ricordandogli la bellezza del vero, della realtà“.
Il poeta è veggente: veggente sì, ma veggente, se così si può dire, armato, poiché è suo compito anche quello, da rendere il più possibile concreto, di affrontare «il drago notturno, per liberare la città atterrita» (Goffredo Fofi Il mondo di Elsa Morante- La Repubblica 14 luglio 2012).
Fofi vedeva la poesia come politica e come religione. Pochi scrittori hanno osato assumersi un compito così arduo, scomodo e pesante, e pochi hanno chiesto così tanto alla poesia.
Come Pasolini con le periferie di Roma delle quali si batteva per un riscatto sociale, allo stesso modo per Fofi Napoli era una città ideale alla quale ha dedicato il suo impegno anche politico : persisteva per Lui «una diversità napoletana», perché Napoli rimaneva «un possibile laboratorio del nuovo».
Si ricordi la sua magnanimità: partecipò con l’anima e con il cuore all’impresa della Mensa dei bambini proletari, per dare da mangiare agli scugnizzi. Dimostrò predilezione per il cinema di Mario Martone, ma soprattutto per la canzone di Pino Daniele, per quella classica di Sergio Bruni e di Nino D’Angelo, da lui lanciato e sdoganato.
Rivalutò il cinema di Totò scrivendo a quattro mani un suo ritratto con Franca Faldini, perché Totò per Fofi era il giullare, il grande comico che sapeva tradurre la tragicità della vita in maschera, in Commedia, come Charlot.
Fofi ci ha fatto capire che la vita la si può vivere anche da soli, in una preziosa solitudine, purché la possibile compagnia sia sola della letteratura.
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