Relazioni

Nanessere. Guardare il mondo dal basso verso l’alto

Intervista a Marco Sessa, presidente di AISAC e attivista di progetti sulle fragilità e sul valore delle singole identità

25 Agosto 2025

Voi ridete perché sono diverso, io rido perché siete tutti uguali (Kurt Cobain)

Per qualche giorno, il mese scorso, ha spopolato sui media la discussione sull’organizzazione della festa di compleanno del calciatore Lamin Yamal, fuoriclasse del Barcellona. Festa segretissima che si sarebbe svolta su uno yatch il 12 luglio. Sono trapelate varie notizie su coloro che hanno allietato l’evento: modelle con determinate caratteristiche fisiche e persone nane.

Il caso di queste ultime ha suscitato una reazione di forte riprovazione dell’associazione spagnola ADEE rappresentante delle persone con  acondroplasia e altre malattie genetiche con displasie scheletriche.

La notizia è presto sparita dai radar dei media e la discussione ha avuto per certi aspetti più carattere di gossip che un approfondimento sulla vita e la realtà delle persone affette da questa malattia rara.

Marco Sessa, presidente di AISAC, l’associazione italiana gemella di quella spagnola, ha accettato l’invito ad un approfondimento.

Marco, cosa pensi della vicenda della festa di Lamin Yamal?

Diciamo che io sono sempre dell’idea che ognuno possa fare quello che vuole col proprio corpo e ci mancherebbe, stando ovviamente nelle norme e nel buon senso.

Detto ciò, noi riceviamo questo tipo di richieste, cioè di coinvolgere persone con acondroplasia, persone nane per feste a tema o eventi del genere. E se all’inizio, come ha fatto l’associazione spagnola, ci indignavamo e subito dicevamo di no, poi ci siamo resi conto che oggettivamente non possiamo noi scegliere per gli altri, anche perché magari c’è qualcuno che ha delle necessità economiche, ed è proprio questo il discorso.

Io trovo queste cose, oltre al gusto di farle, anche molto cafone, ma il punto non è quello che penso io, bensì capire se oggettivamente la persone che partecipano come attori lo fanno perché è l’unica opportunità professionale a disposizione , perché non hanno altre alternative lavorative, se non quella di sfruttare, usare, utilizzare il proprio corpo in un modo o nell’altro; oppure se effettivamente sia un loro piacere, un loro interesse e ne hanno fatto un lavoro. Noi siamo indignati, per chi lo chiede e per chi si offre anche perchè, atteggiamenti del genere da parte di persone con acondroplasia purtroppo portano a rafforzare quello stigma che ancora esiste per le persone nane.

Ora Marco vorrei un poco parlare dell’associazione AISAC. Di cosa si occupa?

L’associazione AISAC (acronimo per associazione per l’informazione e lo studio dell’acondroplasia) è l’associazione che si occupa di acondroplasia, che è una malformazione genetica rara ed è la forma più comune di nanismo. L’associazione è stata fondata nel 1987 e da allora informiamo e formiamo sia i medici che le famiglie su quello che è l’acondroplasia, in quanto essendo una malformazione rara non è così conosciuta. Facciamo informazione, Ci adoperiamo per la formazione agli ‘addetti ai lavori’ e il supporto psicologico e informativo alle famiglie, ai genitori e ai giovani adulti, da quando si riceve la diagnosi, alle varie tappe dell’accrescimento fisico sociale: la scuola, le amicizie, il tempo libero, le terapie in corso, la presa in carico. .

Una delle principali problematiche che abbiamo e che affrontiamo quotidianamente è proprio quella del superamento dello stigma: seppure l’acondroplasia sia una malformazione genetica rara, risulta essere una delle condizioni disabilitanti più conosciute al mondo proprio perchè le persone nane sono spesso rappresentate nel mondo del fantasy, veniamo dal mondo del fantasy. Facciamo parte del mondo di Biancaneve e i sette nani; siamo i puffi, gli hobbit; Nel Rinascimento siamo giullari o consiglieri di corte e siamo bene rappresentati nei quadri di Velasquez o Mantegna, e facciamo parte del mondo circense. La nostra rappresentazione quindi nell’immaginario collettivo, è una rappresentazione che diciamo del fantasy e quindi una delle più grosse fatiche che hanno le persone con l’acondroplasia, e anche di conseguenza i genitori, è proprio quella del passare dal personaggio alla persona. Diciamo che la nostra più grossa fatica è quella di uscire dallo stigma più comune e farci conoscere per quello che siamo. Quando accade di uscire dallo stigma si passa dal personaggio alla persona e qui emerge il carattere di ognuno, la propria personalità originale, più simpatica, meno simpatica.

Hai scritto un libro intitolato NANESSERE- Il mondo visto dal basso verso l’alto. Vuoi provare a dire ai lettori de GLI STATI GENERALI perché leggerlo?

Ecco direi che leggere il mio libro NANESSERE edito da Corsiero Editore cerca di affrontare proprio il passaggio dal personaggio alla persona. Uno dei miei obiettivi è che i lettori in un certo qual modo si annoino. Scoprano che in realtà la vita di una persona con acondroplasia è molto simile a quella di tutti gli altri, è semplicemente una condizione che ovviamente ti condiziona la vita e quindi rispetto anche a una malattia che ha un inizio, una fine, qualsiasi essa sia, questa invece te la porti in giro per tutta la vita. Questa condizione noi la viviamo quotidianamente, fa parte del nostro Essere e quindi la vita delle persone con acondroplasia, in realtà, appunto è la vita normalissima di persone che fanno un’esperienza differente come ognuno di noi e che naturalmente poi è soggetta alla propria fisicità, quindi  nel libro per esempio cerco di spiegare il discorso, legato agli sguardi dall’alto verso il basso e alla conseguente infantilizzazione di noi tutti: sappiamo bene quanto incida nella relazione il guardare dall’alto verso il basso piuttosto che dal basso verso l’alto e quanto questo possa creare una relazione di potere, nel senso positivo del termine, piuttosto che di infantilizzazione del proprio essere in quanto le dimensioni sono quelle di un fanciullo. Nel libro ci sono un po’ di queste caratterizzazioni che identificano la condizione. Poi racconto qualche episodio della mia vita tra cui l’operazione di allungamento degli arti che ho fatto in Siberia nel 1982. In sostanza però la mia è una vita uguale a tutta quella degli altri.

Grazie Marco! Riprendo per tutti la quarta di copertina del tuo libro che ho trovato molto bello: «grazie allo sguardo impariamo a leggere anche “la minoranza”, il “diverso” come un elemento positivo per l’esistenza dell’intera comunità. Quello che oggi ci fa paura, visto da un’altra prospettiva, diventa una risorsa per il domani»

 

 

[MS1]ho sostituito affetti con ‘con’

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