Mondo
Netanyahu all’ONU: “Israele deve finire il lavoro”. A Gaza ancora fame, macerie e morte
Tra delegazioni in fuga, proteste in piazza e accuse di genocidio, il premier israeliano sfida il mondo: “Non ci fermeremo finché non riporteremo a casa tutti i nostri ostaggi”. Ma l’ONU smentisce: “Gaza sta morendo di fame, Israele ostacola gli aiuti”. Altri 51 morti oggi.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è salito sul palco dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con un solo obiettivo: lanciare al mondo un messaggio senza concessioni né al mondo né alla popolazione di Gaza che l’esercito israeliano continua a colpire. “Israele deve finire il lavoro contro Hamas”, ha detto il premier israeliano, in un discorso ancoroa più duro e arrogante del solito, sfidando apertamente l’isolamento diplomatico, le proteste in aula e in piazza, le accuse di crimini di guerra e la crescente pressione internazionale per un cessate il fuoco.
Proteste e boicottaggi: l’aula semivuota e l’ira internazionale
L’atmosfera in sala era tesa. Decine di delegazioni hanno lasciato platealmente l’aula al momento dell’inizio del suo intervento (nella foto di apertura). Il fronte internazionale si è fatto sempre più critico verso Tel Aviv, dopo quasi due anni di guerra nella Striscia di Gaza. Ma Netanyahu ha respinto ogni tentativo di mediazione, ribadendo che Israele “non si piegherà alla pressione”, a differenza, ha detto, di “molti leader occidentali”.
Un messaggio agli ostaggi e un monito a Hamas
Nel momento più teatrale del suo discorso, il premier ha dichiarato: “Ho circondato Gaza con enormi altoparlanti nella speranza che i nostri cari ostaggi ascoltino il mio messaggio. Non vi abbiamo dimenticati e non ci fermeremo finché non vi riporteremo tutti a casa”. Poi si è rivolto direttamente a Hamas: “Ai leader rimasti, ai carcerieri dei nostri ostaggi, dico: deponete le vostre armi. Lasciate andare la mia gente. Liberate gli ostaggi, tutti, tutti i 48. Liberateli ora. Se lo farete, vivrete. Altrimenti, Israele vi darà la caccia”.
La dura realtà di Gaza: morti, fame e ostacoli agli aiuti
Le sue parole sono state trasmesse attraverso altoparlanti posizionati lungo il confine con Gaza, in una mossa che lo stesso ufficio del primo ministro ha definito “un tentativo di far arrivare il messaggio agli ostaggi”. Netanyahu ha anche affermato che “l’esercito ha preso il controllo di alcuni telefoni mobili nella Striscia per trasmettere il discorso”, ma i giornalisti dell’Associated Press presenti a Gaza non hanno rilevato alcuna trasmissione. Intanto, però, la realtà sul campo racconta un’altra storia. Nelle stesse ore del discorso, almeno 51 palestinesi sono rimasti uccisi sotto le bombe israeliane. Dall’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023, sono oltre 65.000 i morti a Gaza e 167.518 i feriti, secondo il Ministero della Sanità del territorio. Oltre il 90% della popolazione è sfollata, e la fame è diventata una delle principali emergenze umanitarie.
L’ONU denuncia: “Israele ostacola la consegna degli aiuti”
“Stiamo ancora affrontando ostacoli terribili da parte delle autorità israeliane, che ci impediscono di consegnare aiuti salvavita a Gaza”, ha dichiarato Tom Fletcher, capo umanitario delle Nazioni Unite. “I civili stanno morendo di fame. Abbiamo la capacità di raggiungere centinaia di migliaia di persone, ma ci serve accesso. Non dovremmo nemmeno doverlo chiedere. Un cessate il fuoco è assolutamente prioritario”. Le parole di Fletcher smentiscono direttamente quelle di Netanyahu, secondo cui Israele “sta nutrendo la popolazione di Gaza” e che la crisi umanitaria sarebbe frutto di “una narrazione falsa e politicizzata”. Ma le immagini che arrivano dalla Striscia — interi quartieri rasi al suolo, ospedali al collasso, bambini denutriti — raccontano un’altra verità.
L’attacco a chi riconosce lo Stato palestinese
Durante il discorso all’ONU, Netanyahu ha anche attaccato con durezza i paesi che nelle ultime settimane hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, tra cui Francia, Canada, Australia e Regno Unito. “Il vostro gesto è vergognoso”, ha detto. “Incoraggerà il terrorismo contro gli ebrei e contro persone innocenti ovunque nel mondo”. Non sono mancati i riferimenti all’antisemitismo, con Netanyahu che ha affermato: “L’antisemitismo non muore mai. Anzi, non muore affatto”.
L’elogio a Trump e le tensioni diplomatiche
Ha quindi elogiato ancora una volta l’ex presidente americano Donald Trump, definendolo “un alleato leale e un punto di riferimento”. Proprio Trump, nelle ultime ore, ha fatto sapere da Washington che “un accordo per porre fine alla guerra e per la liberazione degli ostaggi è vicino”. Ma ha anche precisato che non permetterà l’annessione della Cisgiordania da parte di Israele, una proposta avanzata da alcuni ministri del governo Netanyahu.
La comunità internazionale si spacca tra sanzioni e accuse di crimini
Anche sul fronte diplomatico, la distanza tra Israele e il resto del mondo appare sempre più evidente. Oltre 150 paesi hanno già riconosciuto formalmente uno Stato palestinese. L’Unione Europea sta valutando l’introduzione di sanzioni economiche. La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Netanyahu per crimini contro l’umanità. La Corte Internazionale di Giustizia, inoltre, sta esaminando l’accusa di genocidio presentata dal Sudafrica e già data per acquisita da una commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite.
L’appello di Abbas e le proteste in strada
A precedere Netanyahu, il giorno prima, era stato Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Costretto a intervenire in videocollegamento dopo il rifiuto del visto da parte degli Stati Uniti, Abbas ha dichiarato: “Il tempo è giunto perché la comunità internazionale faccia finalmente giustizia al popolo palestinese e aiuti a realizzare i suoi legittimi diritti: liberarsi dall’occupazione e non essere più ostaggio degli umori della politica israeliana”. Fuori dal Palazzo di Vetro, centinaia di manifestanti pro-Palestina hanno dato voce a una rabbia ormai globale. “Israele ha scelto di combattere una guerra contro ogni essere umano dotato di coscienza”, ha detto Nidaa Lafi, attivista della Palestinian Youth Movement. “Questa guerra è sempre stata una guerra per la pulizia etnica della Palestina e per il furto della sua terra”.
Ma Netanyahu non sembra intenzionato a fermarsi. “Israele sta combattendo per tutti voi”, ha detto rivolgendosi ai leader mondiali. “Voi lo sapete, anche se non avete il coraggio di dirlo”. La guerra contro popolazione di Gaza continua.
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