2015, la Cgil fallisce. E Renzi se la ricompra

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2 Novembre 2014

Un sondaggio di Ilvo Diamanti per Repubblica convince definitivamente sulla capacità comunicativa di Matteo Renzi, se mai un sondaggio possa aggiungere qualcosa all’evidente destrezza 2.0 del premier. Il tema è caldo, d’attualità come si dice, e riguarda la fiducia dell’elettore Pd nei confronti del sindacato, soprattutto della Cgil. Diamanti ci racconta che il calo è progressivo e non recentissimo, si trascina già da qualche anno, ma l’attacco di Renzi al “sistema” sindacale, mosso con grande spiegamento di mezzi (abbattimento dell’art.18, allargamento a destra del consenso, l’esibito funerale della concertazione e molto altro) ha accelerato di molto i processi e prodotto il ciambellone finale con uno splendido buco nel mezzo: ormai solo un elettore Pd su quattro ha fiducia nella Cgil.

Partendo da questi dati, numericamente clamorosi ma in fondo non proprio sorprendenti, proviamo a immaginare uno scenario “apocalittico”. Domani, insieme al primo caffè della mattina, i notiziari radiofonici (chi accende la tv la mattina è pericoloso) ci scodellano una notizia clamorosa: il sindacato è fallito, ha fatto crac, non esiste più. Non esiste più la Cgil (e relativa Fiom), né Uil, né Cisl. Non parliamo poi dell’Ugl, il destro-sindacato, da anni non pervenuto. Sulle cause naturalmente indagano gli inquirenti. C’è già un sospettato.

Come prima conseguenza, diretta ed evidente, è che un certo numero di lavoratori, qualche milione, non godrà più di tutele (né crescenti né decrescenti). Seconda conseguenza, che al vicino di casa di un lavoratore dipendente, precario da una vita, toccherà pure di offrirgli un caffè, consolandone lo strazio per la nuova condizione che lui vive da almeno dieci anni. Una sorta di riequilibrio sociale sotto forma di sottile goduria, mascherata da solidarietà. Terza conseguenza, questa sì insostenibile, il malinconico pensionamento del professor Ichino, al quale non resterà altro che posizionarsi sulla panchina sotto scuola dei nipoti e lì, senza più lo straccio di un nemico, passare le sue intere giornate, un po’ come il Pietro Paladini di Caos Calmo.

Naturalmente, un attacco al cuore della società come la sparizione (immediata e misteriosa) del sindacato porterebbe a conseguenze ben più gravi di quelle appena citate. Si sprecherebbero appelli ed editoriali, si mobiliterebbero intellettuali, all’estero la cosa verrebbe vissuta come l’assalto finale (e inaccettabile) di Renzi ai diritti civili dei poveri lavoratori, mentre Paesi leggermente antidemocratici farebbero pervenire per via diplomatica al governo e al suo presidente del Consiglio tutti i sensi della loro vicinanza. Inutili, a quel punto, le rassicurazioni del premier sulla sua totale estraneità alla sparizione del sindacato, né tweet tranquillizzanti sollecitati dal povero Sensi avrebbero sulla Rete un effetto placebo. Smarrito, a quel punto, anche il Capo dello Stato, un centoventenne Giorgio Napolitano, al quale non resterebbe altro che convocare Renzi al Quirinale per chiedergli conto, in tutta franchezza, dell’intera operazione, non senza qualche perplessità di fondo. Anche Scalfari, nella sua consueta omelia domenicale, si interrogherebbe sul nuovo scenario, menandosela ripetutamente con il tema dell’uomo solo al comando che non fa squadra, pezzo che incessantemente ripropone ogni paio di settimane da almeno vent’anni.

Ma l’unica, vera, grande conseguenza del default del sindacato sarebbe la sua nazionalizzazione, come nella più contemporanea tradizione italica. Renzi, cioè, avrebbe fatto fallire i resti delle gloriosissime Cgil, Cisl e Uil, per poi “ricomprarne” l’intero pacchetto azionario. Una purissima e spericolata operazione di governo, un sorta di salvataggio nazionale, un po’ come le grandi banche del passato o altre “eccellenze nazionali” a cui davvero non si poteva rinunciare. Con il che intestarsi l’operazione umanitaria da una parte – “vedete quanto sono dalla parte dei lavoratori” – e dall’altra disporne a proprio piacimento.

(Se così accadrà e non sarà frutto di immaginazione, Renzi avrà perso un vero nemico sul quale ha campato e sta campando benissimo. Un nemico finto, da lui rimodellato ad arte. Ma l’uomo non è così stupido, per cui tranquilli: nonostante tutti i sondaggi, il sindacato gode di «ottima salute»)

TAG: Cgil, Matteo Renzi
CAT: Sindacati

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