Da New York a Passo Corese. Prove di lotta di classe in Amazon

5 Aprile 2024

È uscito nei giorni scorsi da New York a Passo Corese. Conflitto di classe e sindacato in Amazon, edito da PuntoCritico, 140 pp., 12 euro. Come si legge nella Nota editoriale il volume raccoglie due saggi nati in modo autonomo: la traduzione italiana di Battling the Behemoth: Amazon and the rise of America’s new working class, di Charmaine Chua e Spencer Cox, pubblicato sul volume 59 del Socialist Register americano, e un mio articolo Organizzazione del lavoro e conflitto di classe in Amazon, frutto di tre anni di lavoro nell’ambito del progetto “Amazon, la società del futuro?” (www.puntocritico.info/amazon). Nel 2020, proprio per Gli Stati Generali, avevo intervistato Charmaine Chua, studiosa di logistica e assistant professor al Department of Global Studies della University of California, Santa Barbara, restando colpito dal carattere strategico delle riflessioni sviluppate all’interno di Amazonians United, l’organizzazione parasindacale con cui sia Chua sia Cox, PhD alla University of Minnesota ed ex lavoratore Amazon, collaborano negli Stati Uniti. I due contributi sono preceduti dall’Introduzione di Sergio Bologna, profondo conoscitore dei meccanismi e dell’evoluzione dell’organizzazione capitalistica del lavoro in Italia e nel mondo e dei loro riflessi sul conflitto di classe, un vero e proprio saggio introduttivo, che aiuta a collocare l’oggetto degli altri due contributi successivi in un più ampio contesto storico, sociale, politico e sindacale, a livello nazionale e internazionale. Le sei infografiche a colori di Emanuele Giacopetti, che per PuntoCritico aveva già illustrato Amazoniade. Un anno nel magazzino di Passo Corese (2022), di Massimiliano Cacciotti, sintetizzano efficacemente, in numeri e immagini, alcuni degli elementi del “modello Amazon” trattati nel volume.

Come osserva Bologna nella sua Introduzione:

Definire Amazon un colosso è decisamente riduttivo, Amazon è un paradigma, così come lo sono stati gli stabilimenti Ford. Ambedue sono simboli di una civilizzazione, hanno segnato un’epoca. Non so se dopo aver usato il termine “fordismo” per indicare un modo di produzione e di consumo, gli storici useranno il termine “amazonismo” per caratterizzare la nostra epoca, forse no. E non tanto perché “amazonismo” suona male, ma perché la nostra epoca scorre sotto lo sguardo di altri pianeti, non solo Amazon, ma anche Google, Apple e magari qualcun altro, come Netflix. E tuttavia, tra i tre menzionati, è Amazon quello che più intensamente, tenacemente, ossessivamente, ha voluto creare un modello di gestione della forza lavoro. È sotto questo profilo che i due saggi analizzano il paradigma Amazon, per capire come mai la società di Seattle per la prima volta nella sua storia ha dovuto negoziare, riconoscendo implicitamente che i suoi dipendenti e tutti quelli che lavorano nei suoi centri, che siano dipendenti o meno, sono esseri dotati di una certa autonomia, cioè sono donne e uomini. E non un’unica indistinta commodity.

Insomma l’organizzazione algoritmica del lavoro pone alla nuova classe operaia delle fabbriche dell’e-commerce, come la definiscono Chua e Cox, un interrogativo che investirà sempre più lavoratori: nell’era dell’IA e dei Big Data è ancora possibile organizzarsi per difendere i propri diritti e come? Il volume prova a rispondere a questo interrogativo, mettendo a disposizione dei lavoratori di Amazon che vogliono organizzarsi nei loro posti di lavoro e delle loro organizzazioni sindacali spunti, ragionamenti ed esperienze pratiche per provare a consolidare il lavoro fatto sin qui, tra Stati Uniti ed Europa.

Per ordini e presentazioni: assopuntocritico@gmail.com – 3337914004 (whatsapp)

TAG: amazon, Charmaine Chua, Sergio Bologna, sindacato, Spencer Cox
CAT: Sindacati

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