Palermo, per il giudice il rider non è “autonomo”

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28 Novembre 2020

Una sentenza del tribunale di Palermo ha riconosciuto a un rider della piattaforma Glovo la qualifica di lavoratore subordinato, condannando l’azienda a reintegrarlo, versandogli differenze retributive e indennizzo per il periodo non lavorato. Ne parliamo col segretario del NIDIL CGIL di Palermo e con la legale del sindacato che ha seguito la causa.

Si iscrive al sindacato, in questo caso il NIDIL, la categoria della CGIL che assiste i lavoratori atipici, si batte per ottenere condizioni di lavoro migliori, ma dopo un anno e mezzo di lavoro viene “disconnesso”, perché ha effettuato in ritardo il versamento degli incassi in contanti. Venerdì scorso il tribunale di Palermo, a cui si era rivolto impugnando il licenziamento e chiedendo il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, ha dato ragione al rider. Nel pieno della vertenza contrattuale che di recente ha visto la firma dell’accordo separato tra UGL e Assodelivery (l’associazione di categoria di cui Glovo è parte) e fondato proprio sul presupposto che i rider siano lavoratori autonomi, si tratta di una buona notizia per l’intera categoria. Vale anche per quei sindacati, come la CGIL, che contestano l’accordo e nelle scorse settimane hanno cercato faticosamente di mobilitare questi lavoratori per ottenere una riapertura del tavolo negoziale. Ne parliamo con Andrea Gattuso, segretario del NIDIL CGIL di Palermo, e Giorgia Lo Monaco, legale che ha assistito il lavoratore e che fa parte – ci tiene a ricordarlo – di un pool nazionale di avvocati coordinato dai legali delle tre categorie della CGIL che seguono il settore, il NIDIL appunto, la FILCAMS (commercio e turismo) e la FILT (trasporti). Il primo commento lo chiediamo a Gattuso

Partiamo dal caso specifico del rider. Quali sono i fatti e cosa ha stabilito la sentenza?

La sentenza ci dice che un giudice ha accertato il licenziamento di un lavoratore, ha qualificato il suo rapporto di lavoro come un rapporto di lavoro subordinato e che Glovo è stata condannata a reintegrarlo come dipendente e a pagare le differenze retributive e la retribuzione per i mesi di distacco dalla app.  Il lavoratore infatti è stato “disconnesso” e quindi non ha potuto lavorare dai primi di marzo a giugno, quando è stato riconnesso da Glovo in seguito a una lettera di diffida inviata alla piattaforma dai nostri legali. Nel frattempo però era già partito il ricorso, con cui il lavoratore impugnava il licenziamento, ma allo stesso tempo chiedeva il riconoscimento della subordinazione.

In che modo Glovo ha motivato la disconnessione?

Al lavoratore Glovo ha contestato di aver versato in ritardo l’incasso in contanti di alcune consegne. Qui a Palermo infatti anche per questi servizi si usa molto il contante. Il lavoratore a fine turno deve trattenere la somma corrispondente al proprio compenso, mentre il resto va versato a Glovo o tramite bonifico o consegnandolo brevi manu a un incaricato della piattaforma che prima del Covid veniva a Palermo una volta a settimana. Ora che l’incaricato non arriva più a causa della pandemia rimane quindi solo il bonifico. Ma la piattaforma sostiene che la disconnessione permanente sia stata un “errore tecnico”.

E’ la prima volta che capita un episodio simile?

Ci sono stati episodi analoghi in cui la piattaforma ha contestato violazioni delle regole per quanto riguarda il versamento del denaro e ci sono state disconnessioni temporanee, ma in questo caso la disconnessione è stata permanente e quindi il lavoratore non è stato più utilizzato fino all’intervento dei legali.

Questa sentenza capita proprio nel momento in cui è in atto una vertenza segnata dal contratto separato firmato dall’UGL con Assodelivery, un accordo fondato proprio sul presupposto che quello dei rider sia un lavoro autonomo. Secondo te avrà un effetto sulla vertenza contrattuale?

Io credo che in questa vicenda bisogna distinguere diversi aspetti, tutti importanti. La sentenza stabilisce un precedente giurisprudenziale importante, cioè potrebbe far sì che altri rider in condizioni simili a quelle del nostro lavoratore possano ottenere il riconoscimento della subordinazione e che questo agisca da deterrente per le piattaforme. Poi c’è l’aspetto che dicevi tu inerente la vertenza contrattuale. Anche da questo punto di vista la sentenza è una novità importantissima, che si aggiunge alla recente scelta di un’altra piattaforma, Just Eat, che ha deciso di uscire da Assodelivery e di cominciare ad assumere con contratti di lavoro subordinato. Le piattaforme dovrebbero rendersi contro che il modello del lavoro autonomo in questo settore non può funzionare. E per noi questo significa la possibilità di alzare l’asticella delle rivendicazioni. Poi c’è un terzo aspetto che riguarda le speranze e la fiducia che questa vittoria legale può infondere a tutti i rider. E’ una vittoria che arriva nel bel mezzo di una trattativa, dopo che il tavolo chiusosi con l’accordo separato si è riaperto grazie alla mobilitazione sindacale del 30 ottobre e io credo che da ora questi lavoratori saranno ancora più motivati nel rivendicare i propri diritti.

Quali sono i prossimi passi?

Il tavolo è stato aggiornato e suddiviso in tavoli tematici, ad esempio ce n’è uno sul caporalato e uno sulla sicurezza, mentre il vero e proprio tavolo negoziale sul contratto è stato convocato il 9 dicembre. Noi a questo punto aspettiamo che Glovo rispetti la sentenza mandando delle comunicazioni al lavoratore reintegrandolo come subordinato e versandogli quanto stabilito dal giudice. Per il resto vediamo quale sarà l’atteggiamento delle piattaforme al tavolo ma, come dicevo, è chiaro che affrontiamo questo secondo round negoziale sentendoci più forti.

 

A Giorgia Lo Monaco chiediamo di approfondire maggiormente gli aspetti giuridici del caso e una prima analisi delle motivazioni della sentenza di 51 pagine, depositata appena il giorno prima che la sentissimo.

Quali sono le ragioni per cui il giudice ha accolto il vostro ricorso?

Il giudice intanto ha cercato di chiarire preliminarmente se l’attività delle piattaforme si limiti a un’intermediazione tra gli esercizi commerciali e i clienti finali o se invece si tratti di una vera e propria attività d’ impresa nel settore del trasporto e della distribuzione e alla fine, anche appoggiandosi alla giurisprudenza internazionale, ha optato per questa seconda tesi.  Questo aspetto è importante perché implica che le piattaforme come Glovo possono avere dei lavoratori dipendenti inseriti nell’organizzazione d’impresa. Chiarito quest’aspetto ha affrontato la questione centrale, cioè se i rider siano lavoratori autonomi, come sostengono le piattaforme, o subordinati, come pensiamo noi. Anche qui il giudice si è appoggiato alla giurisprudenza internazionale, ad esempio a una sentenza della corte suprema spagnola, ma anche a quella del Tribunale di Torino e al pronunciamento della Cassazione, che aveva accertato l’etero-organizzazione ma non la subordinazione, pur lasciando aperta la porta.

E cosa ne ha dedotto?

La questione centrale è stabilire il grado di autonomia della prestazione lavorativa e per il giudice il fatto che il lavoro sia procedimentalizzato attraverso la app e l’algoritmo che decide a chi assegnare ogni consegna significa che i margini di discrezionalità a cui si aggrappano le piattaforme in realtà non ci sono: il lavoratore per poter ricevere la consegna non solo dev’essere connesso alla app, ma deve anche avere il cellulare carico almeno al 20% e trovarsi nelle vicinanze dell’esercizio dove bisogna ritirare la merce. Ma questo è solo uno degli aspetti. In generale possiamo dire che qui sussistono i diversi elementi della subordinazione: la continuità del rapporto di lavoro, la mancanza di autonomia, appunto, perché – qui aggiungo un altro elemento – non è vero che il rider può scegliere quando lavorare. E’ vero infatti che il lavoratore può prenotare i propri turni, ma Glovo li assegna tenendo presente le richieste dei lavoratori, certo, ma con una priorità determinata da un punteggio premiale calcolato in base a vari parametri. Il punteggio varia in base all’efficienza del lavoratore, ai feedback dell’utente o dell’esercizio che si appoggia a Glovo, ma conta anche se il rider in precedenza ha rifiutato un turno assegnatogli.

Cioè si è “liberi” di rifiutare un turno di lavoro, ma poi ti tolgono dei punti e vieni penalizzato nell’assegnazione del turno successivo?

Sì, e questo aspetto per il giudice concorre non solo a confermare l’assenza di autonomia ma anche a individuare un terzo elemento distintivo della subordinazione, cioè il potere disciplinare del datore di lavoro, che si aggiunge a quello direttivo.

Che conseguenze ha tratto il giudice?

In primo luogo che il rapporto di lavoro è subordinato e che quindi c’è stato un licenziamento, che quel licenziamento tramite disconnessione è di fatto un “licenziamento orale” e quindi nullo. E il lavoratore è stato reintegrato a tempo pieno e indeterimnato con diritto al versamento delle differenze retributive e dell’indennizzo per il mancato guadagno nel periodo di disconnessione.

Differenze retributive rispetto a quale contratto collettivo?

Noi avevamo presentato due conteggi: uno in base alle tabelle retributive del contratto della logistica e uno in base a quelle del commercio. Il giudice alla fine ha deciso di applicare il contratto del commercio, perché i dipendenti della società, gli impiegati amministrativi, sono inquadrati con quel contratto.

Ok, andiamo avanti. 

C’è un ulteriore elemento importante nella sentenza e cioè che si è trattato di un licenziamento “ritorsivo”. Il lavoratore effettivamente ha versato in ritardo la somma dovuta, ma di solito in questi casi si viene disconnessi solo temporaneamente. In questo caso la disconnessione è stata permanente e ha pesato il fatto che questo rider era sindacalizzato. Infatti si era rivolto al NIDIL CGIL, si era battuto perché i rider ottenessero i dispositivi di protezione individuale e aveva denunciato pubblicamente le condizioni precarie del loro lavoro e per questa ragione aveva avuto anche un’accesa discussione con la Glovo Specialist che una volta a settimana veniva a Palermo per raccogliere il contante e discutere eventuali problemi di lavoro.

Dal punto di vista giuridico la sentenza potrebbe influire sulla vertenza contrattuale?

E’ difficile dirlo. Intanto dobbiamo tenere in considerazione che si tratta di una sentenza di primo grado. E’ presumibile che l’azienda farà ricorso e quindi si tratterà di vedere se l’orientamento di questa sentenza verrà confermato. Poi naturalmente le sentenze riguardano sempre casi singoli. Quindi è difficile giudicare l’effetto dal punto di vista giuridico. D’altra parte però il giorno prima della decisione del giudice è uscita un circolare ministeriale, citata nella sentenza, che ci dà due indicazioni interessanti per la vertenza contrattuale. La prima è che non si esclude che il lavoro dei rider possa essere considerato subordinato. La seconda è che la circolare dice chiaramente che i contratti devono essere firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi, una condizione che nel caso dell’accordo separato a mio avviso non ricorre.

Le interviste sono tratte dalla newsletter di PuntoCritico.info del 27 novembre.

TAG: Andrea Gattuso, Assodelivery, Giorgia Lo Monaco, Glovo, NIDIL CGIL, rider, UGL
CAT: Sindacati

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