L’immenso valore del volontariato: una testimonianza

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11 Maggio 2021

A volte capita che il corso della nostra vita prenda una direzione nuova e del tutto inattesa in seguito a eventi casuali e apparentemente insignificanti di cui siamo in grado di valutare la portata solo a posteriori. Un po’ come un montatore cinematografico che fa scorrere a ritroso il film, analizzando i singoli fotogrammi, fino a giungere a quello che ha determinato la svolta. Gli esempi sono infiniti: l’incontro con la persona che diventerà compagna di una vita o un contatto di lavoro che darà una svolta alla nostra professione. Questi sono forse gli eventi più comuni in cui più facilmente le persone possono riconoscersi, ma ce ne sono ovviamente tanti altri.

Recentemente la mia vita ha avuto una svolta inattesa e di enorme portata. Parafrasando i celeberrimi versi del quinto canto dell’Inferno dantesco, di cui ricorre il settecentesimo anniversario della sua morte, galeotto fu un post su Facebook dei volontari della Croce Bianca di Magenta che facevano la spesa al supermercato per le persone in quarantena perché positive al covid, seguito a distanza di poco tempo da un video del Comandante della sezione. Vidi per caso questi due post lo scorso autunno e ricordo che in quel momento pensai: “ecco quello che voglio fare!”. Era infatti da parecchi mesi che avevo maturato la decisione di accostarmi alle molteplici realtà del volontariato e avevo già preso contatti con associazioni locali, ma la pandemia aveva impedito che il mio desiderio si potesse concretizzare. Mandai subito una mail per candidarmi; immaginavo erroneamente che mi avrebbero accolto a braccia aperte pensando che, in periodo di covid, non ci sarebbero state tante matte come me che, invece di starsene rintanate al sicuro in casa, avessero deciso di andare in prima linea. La risposta gelò invece le mie aspettative perché, essendo in zona rossa, non ci si poteva neanche incontrare per un colloquio. Figuriamoci avviare l’iter per entrare nell’associazione.

 

Da quel momento però incominciai a guardare la sede della Croce Bianca, a cento metri da casa mia, con occhi nuovi: avevo visto uscire e rientrare innumerevoli volte le ambulanze senza che questo avesse suscitato particolare interesse verso quel mondo a me sconosciuto, mentre ora l’ennesima sirena che squarciava il silenzio del quartiere mi ricordava una realtà di cui volevo far parte. Nelle mie passeggiate per le vie intorno a casa passavo più frequentemente accanto alla sede e immaginavo i volontari che si impegnavano, rischiando in proprio, per garantire un servizio di importanza primaria per la collettività di cui faccio parte, e sentendomi in colpa per non poter dare il mio contributo. Capii che la mia percezione della realtà era cambiata: l’edificio dove ha sede la Croce Bianca era esattamente lo stesso dei mesi precedenti, le ambulanze che uscivano per il servizio non erano cambiate, i miei occhi trasferivano al cervello esattamente le stesse informazioni di prima, ma era completamente cambiata la rielaborazione emotiva fatta dal mio inconscio.

 

Questa non è stata la prima volta in cui ho dovuto rivedere le mie idee e le mie posizioni, e non sarà certo l’ultima. Trovo questo atteggiamento positivo perché il continuo cambiamento del mondo ci impone, che ci piaccia o no, una corrispondente capacità di evolverci. A volte però si sentono discorsi che fanno intuire atteggiamenti estremamente rigidi, affermazioni che non lasciano il minimo spazio al dubbio, come se qualcuno fosse convinto di avere la verità in tasca, come se pensasse di conoscere la realtà delle cose. Ma la conoscenza della realtà, a mio avviso, è qualcosa che all’uomo non è dato di possedere sia per motivi fisiologici, sia perché la psicoanalisi ha ampiamente dimostrato che la nostra rielaborazione inconscia può essere fortemente condizionata dalla portata emotiva delle informazioni che stiamo elaborando. Prima di maturare il desiderio di far parte dell’associazione, la vista della sede e delle ambulanze era neutra, ma dopo suscitava tutta una serie di emozioni che mi portavano a non vedere l’ora di entrare nella Croce Bianca.

 

Quel giorno è arrivato. Ora sono una volontaria che può fare servizi logistici e trasporti sanitari semplici, che ha imparato le tecniche di rianimazione e che è abilitata a usare un defibrillatore, ma che scalpita finché non potrà salire sull’ambulanza come allieva, anche se ci vorranno mesi prima che ciò possa avvenire perché prima dovrò seguire il corso per diventare soccorritrice. Da quel giorno è come se avesse tracimato un fiume, che per vari motivi per una vita ho arginato dentro di me, inondandomi di sentimenti nuovi di cui sono io la prima a stupirmi. Ad esempio la divisa: ho sempre pensato che non avrei mai indossato in vita mia una divisa perché la collegavo al mondo dei militari la cui mentalità è lontana anni luce dalla mia, ma quando ho portato a casa il mio nuovo bottino ero felice e orgogliosa! È proprio vero che tutto è relativo, tutto deve essere contestualizzato, e che le cose viste da lontano ben difficilmente appaiono come sono veramente. Come minimo si perdono tutta una serie di particolari, di dettagli importanti, ma soprattutto non si vede una realtà che invece può essere dirompente se vista da vicino. Come quella del grande valore umano di tutti i volontari, del calore che trasmettono sin dal primo incontro, della loro professionalità e serietà. No, tutto questo da lontano non lo si può vedere. E non si vede neanche che ci sono tantissimi ragazzi e ragazze che hanno scelto da anni di rinunciare ogni tanto alla movida e alla discoteca per dedicare il proprio tempo a qualcosa in cui credono.  A dispetto di chi sostiene che i giovani pensano solo a cambiare lo smartphone.

 

La nostra è una società libera dove ognuno non solo ha il diritto, ma deve trovare il modo di realizzarsi nel modo che gli è più congegnale. Il mio non vuole certo essere un invito affinché tutte le persone si avvicinino al mondo del volontariato. Lungi da me guardare ora le persone che non dedicano parte del proprio tempo agli altri con supponenza solo perché io ho incominciato a farlo da poco più di un mese. Il mio è solo un invito rivolto a coloro che, rimanendo alla finestra, criticano, insultano o denigrano chi si impegna con dedizione in vari modi, in ambulanza, distribuendo cibo e pasti caldi, o nel Mediterraneo a soccorrere un naufrago. L’invito è quello di prendere la giacca, svuotarsi le tasche dalle false verità che si pretende di possedere, uscire di casa e avvicinarsi al mondo del volontariato se non altro per osservarlo da vicino. Che so, potrebbero magari incrociare i visi stanchi ed esausti di tanti ragazzi che smontano alla fine di un turno lungo e faticoso, appagati però per avere donato qualcosa di importante alla comunità e a se stessi.

 

Fotografia per gentile concessione di Croce Bianca Milano – sezione di Magenta e delegazione di Mesero – immagine di repertorio precedente alle attuali normative anti COVID

TAG: volontariato
CAT: società

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