Se basta Patti la pecora per mettere in crisi l’identità di un popolo

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13 Agosto 2020

La Pandora, azienda danese di gioielleria-bigiotteria, ha lanciato una nuova linea di ciondoli denominata Pandora Loves Italia, attraverso la quale ha deciso di celebrare mediante una immagine iconica, il concetto associato al portato comunicativo-identitario delle regioni e città italiane individuate per l’operazione commerciale.

 

Alla Sicilia hanno associato il ‘charm’ raffigurante una macchina fotografica (perché?), alla città di Bologna quello raffigurante la pasta, alla città di Napoli cosa avranno mai associato? Naturalmente, il charm pizza. E alla Sardegna? una bottiglia di birra Ichnusa, forse? No, a noi hanno associato il charm Patti, la pecorella. Allora, cosa c’e di male? Ci vergogniamo forse del nostro passato ma anche del nostro presente economico? Forse qualcuno degli “indignados” ha già dimenticato le immagini, i video passati su tutti i telegiornali, nazionali e internazionali, degli ettolitri di latte versati sui piani stradali, nelle canallette di scolo degli ovili o nella terra umida invernale? Se fossi io a scegliere come rappresentare la Sardegna pubblicitariamente, sceglierei proprio la pecorella Patti; un esempio di posizionamento comunicativo primario consolidato nella mente del pubblico, con attributi di valore estremamente positivi: salubrità del luogo, natura incontaminata, scarsa presenza umana, ottimo e sano cibo, buon vino, spazi aperti, paesaggi suggestivi. Oltre al prodotto della pecora, con le sue diverse trasformazioni industriali il cui lungo elenco evito di fare. Tuttavia, sono consapevole che per cogliere questa positività, da sardi, sia necessario possedere una forte identità personale, prima, e di popolo, poi. Un’identità basata non sulla negazione di come ci percepisce l’altro da noi, lo “straniero” – peraltro secondo stereotipi spesso autoalimentati – ma radicata su un concetto di unicità e diversità storico-culturale, coniugata con la nostra storia recente e contemporanea. Che la nostra sia una storia plurimillenaria, affascinante e ricca di tesori, per molta parte ancora poco conosciuti, è un dato di fatto. Ma non possiamo – infantilmente – pretendere che siano altri da noi a farla conoscere al mondo nelle sue infinite sfaccettature.

 

Io credo che nello scenario del mercato turistico globale, per il posizionamento che a mio avviso dovrebbe occupare l’Isola, coniugare gli attributi positivi evocati dall’immagine della pecora con quelli storicamente e solidamente instaurati nell’opinione di chi ci sceglie, o vorrebbe sceglierci ma non può permettersi una vacanza in Sardegna, ovvero mare cristallino, spiagge bianchissime, paesaggi unici e natura incontaminata, sia una scelta altamente premiante, differenziante e vincente. Spetta solo a noi farlo e farlo professionalmente. Dopo aver compiuto questo step, si può cominciare a veicolare in modo più organico e strategicamente strutturato, anche la gran parte dei tesori che possediamo. E’ una operazione complessa, che richiede lavoro, tempo e professionalità, ma assolutamente fattibile. Inoltre, per quanto riguarda la divulgazione scientifica, in Sardegna lavorano degli ottimi professionisti archeologi, specialisti amanti della dell’isola e della sua storia. Cominciare a coinvolgerli quando si progettano i dispositivi di comunicazione con tema musei, aree archeologiche, storia sarda, sarebbe già un segno di grande professionalità.

TAG: Cultura, politica, sociologia della comunicazione
CAT: società, Turismo

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