Costume
Ci meritiamo davvero (anche) l’ora solare?
L’Italia torna all’ora solare il 26 ottobre 2025, ma ha ancora senso? Tra risparmi energetici, studi scientifici e la proposta di Pedro Sánchez per abolire il cambio d’orario in Europa ecco perché forse ci meritiamo più luce tutto l’anno
Un’ora indietro, un secolo indietro
Ogni anno, puntuale come la malinconia d’autunno, arriva lei: l’ora solare. Quella che ci fa uscire dal lavoro al buio, ci ruba un’ora di sole e ci regala il dubbio esistenziale di chi non capisce se dormire di più o deprimersi prima. Io faccio entrambe le cose. Domenica 26 ottobre 2025, alle 3 del mattino, le lancette torneranno indietro di un’ora. E così diremo addio, per l’ennesima volta, all’ora legale. Ce la meritiamo davvero l’ora solare? O sarebbe più intelligente — e più umano — tenere sempre l’ora legale, come ormai chiede tutta Europa?
Più luce, più vita (e qualche milione di euro risparmiato)
L’ora legale nasceva con un obiettivo semplice: risparmiare energia. E in Italia, secondo Terna, la misura funziona ancora: nei sette mesi “estesi” dell’ora legale si risparmiano oltre 410 milioni di kWh, equivalenti al fabbisogno annuo di circa 150.000 famiglie. Una riduzione di 200.000 tonnellate di CO₂ e un risparmio economico di oltre 90 milioni di euro.
Un dato tutt’altro che simbolico, se pensiamo ai costi dell’energia e alla crisi climatica. Ma oltre ai numeri, c’è di più: la luce naturale serale migliora l’umore, la socialità e la sicurezza. Più passeggiate, più sport, più vita. E forse anche qualche aperitivo in più — che non guasta.
Il lato oscuro del cambio d’ora
Gli esperti dell’IRCCS Neuromed lo definiscono un “mini jet lag”: il nostro ritmo circadiano si sballa, il sonno si accorcia e la melatonina impazzisce. I ricercatori hanno esaminato 27 studi condotti in diversi Paesi, mettendo in luce un quadro articolato. Le conseguenze del passaggio primaverile all’ora legale appaiono più nette: riduzione della durata del sonno, maggiore frammentazione e incremento della sonnolenza diurna. Effetti che risultano particolarmente marcati negli individui con cronotipo serale, i cosiddetti “gufi”, che tendono a coricarsi tardi e a soffrire di più lo spostamento dell’orologio sociale. Al contrario, il ritorno all’ora solare in autunno sembra avere conseguenze più contenute e talvolta persino favorevoli, con un temporaneo aumento delle ore di sonno. Altri studi italiani (Università di Ferrara, Manfredini) mostrano che nella settimana successiva al cambio di marzo — quando si dorme un’ora in meno cresce leggermente il rischio di infarto miocardico acuto.
La spiegazione è semplice: il corpo non ama gli strappi. Gli effetti più comuni? Stanchezza, irritabilità, calo della concentrazione. Insomma, due volte l’anno costringiamo milioni di persone a “resettare” il proprio orologio biologico.
E tutto questo per cosa? Per un’abitudine che, secondo molti, non ha più senso.
Cos’è la SAD e perché è legata al cambio dell’ora
La Seasonal Affective Disorder è un disturbo dell’umore che compare ciclicamente nei mesi freddi, quando le giornate si accorciano e la luce naturale diminuisce. È considerata una variante del disturbo depressivo maggiore, ma con un andamento stagionale: i sintomi peggiorano in autunno inverno e migliorano in primavera estate. I sintomi più comuni sono umore depresso o tristezza persistente, perdita di interesse o piacere nelle attività quotidiane, affaticamento e mancanza di energia, aumento del sonno, aumento dell’appetito, soprattutto per i carboidrati, difficoltà di concentrazione e riduzione della motivazione sociale. La causa principale è la riduzione della luce solare, che altera due elementi fondamentali: il ritmo circadiano – il nostro orologio biologico interno si “sposta”, influenzando il ciclo sonno-veglia e la secrezione ormonale; la produzione di serotonina e melatonina – meno luce → meno serotonina (ormone del buonumore) e più melatonina (ormone del sonno), con un effetto complessivo di rallentamento e tristezza. È un disturbo riconosciuto dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che lo classifica come “depressione con pattern stagionale”.
Diversi studi mostrano che il ritorno all’ora solare può peggiorare temporaneamente i sintomi della SAD: meno luce nel pomeriggio significa meno esposizione solare, e quindi un rischio maggiore di calo dell’umore. Per questo molti ricercatori e psicologi sostengono che mantenere l’ora legale permanente potrebbe aiutare a ridurre i casi di disturbo stagionale, o almeno a mitigarne l’intensità.
Tutta l’Europa la vuole, ma nessuno decide
Nel 2019 il Parlamento Europeo aveva già approvato una proposta per abolire il cambio dell’ora. Ogni Stato avrebbe potuto scegliere se mantenere per sempre l’ora solare o quella legale. Semplice, no? E invece no.
Da allora, la riforma è rimasta ferma nei corridoi di Bruxelles, ostaggio di divergenze geografiche (nei Paesi del Nord l’alba estiva arriva alle 3 del mattino) e politiche. Eppure, i cittadini europei sono chiarissimi: in quasi tutti i sondaggi, oltre il 70 per cento vorrebbe l’ora legale permanente. In Italia la percentuale è simile, con la maggioranza che dice sì alla luce serale e no ai continui cambi di orario.
La spinta di Pedro Sánchez: “Basta orologi impazziti”
Nel 2025, la questione è tornata sul tavolo grazie alla Spagna. Il 20 ottobre Pedro Sánchez ha annunciato che il suo governo chiederà ufficialmente all’Unione Europea di abolire il cambio dell’ora dal 2026.
«La maggioranza dei cittadini europei è contraria a spostare le lancette, e la scienza conferma che il beneficio energetico è minimo, mentre i danni ai ritmi biologici sono reali», ha dichiarato il premier spagnolo, secondo El País.
Una proposta che riaccende il dibattito europeo: dopo anni di immobilismo, Madrid prova a fare da apripista. E non è sola: altri Paesi mediterranei, come Italia, Francia e Grecia, potrebbero seguire la stessa linea — quella di un orario unico, stabile, e possibilmente… più luminoso. Tuttavia, non è tutto così semplice: manca ancora un’intesa su quale orario permanente adottare (ora solare o ora legale), e ogni Paese ha le proprie latitudini, abitudini e contesti. Come dice Sánchez stesso: «La politica utile è quella che ascolta i cittadini e la scienza, e poi li trasforma in legge».
L’ora legale come scelta di civiltà
Non è solo una questione di orologi. È una questione di visione sociale. In un’epoca in cui si parla di sostenibilità, salute mentale e qualità della vita, tenere l’ora legale tutto l’anno sarebbe un segno di coerenza. Più luce significa meno consumi, meno stress, meno malinconia da buio precoce. E francamente, dopo anni di crisi, pandemie e guerre, un tramonto alle 20 invece che alle 17 sarebbe il minimo sindacale di felicità collettiva.
E allora, perché no?
Ogni anno ci lamentiamo del buio, ma accettiamo in silenzio l’ora solare come se fosse una punizione biblica. Forse è ora (davvero) di cambiare. L’Europa ci sta pensando, la Spagna lo propone, la scienza ci avverte. E noi? Forse dovremmo semplicemente smettere di girare le lancette e cominciare a girare pagina. Perché sì: ci meritiamo un po’ più di luce — e per una volta, tutto l’anno.
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