Religione

Dà così fastidio una Chiesa che traduce perfettamente il nostro smarrimento?

19 Agosto 2015

Ognuno può dare la sua libera interpretazione della progressione polemica che ha alimentato gli strali di monsignor Nunzio Galantino, il segretario della Cei, non certo il primo prete che passava di lì. Se possano apparire come una moderna versione episcopale del più noto «Roma ladrona» che accompagnò la prima cavalcata leghista di Umberto Bossi o se invece abbiano una qualche parentela con l’indignazione sociale di questi tempi nei confronti della casta politica, riconducibile al popolo sovrano e dunque leggermente più credibile. O se ancora non rappresentino una frattura difficilmente ricomponibile tra questa Chiesa di Bergoglio e questa politica che non sembra dare segni di eccessivo rinnovamento.

Galantino, che invece ha sentito odor di eccessiva esposizione, ha prudentemente rinunciato al suo intervento in Trentino, dove si ricordava l’opera di Alcide De Gasperi, ma sarà presente a Rimini dopodomani, al Meeting di Cl, dove per uno scherzo del destino il suo dibattito avrà come titolo: «Persona e senso del limite». È questo, del resto, che gli imputa il mondo politico che si sente offeso, non aver avuto il senso del limite, aver buttato tutti dentro nello stesso pentolone, per cui ha gioco facile Giorgio Tonini, uno dei cattolici dem nel sostenere che «ognuno risponde con la propria condotta». Già, e allora chi risponde per tutti?

La realtà è che uno come Galantino lo si aspettava da anni e a molti il suo interventismo fa gola, giornali in testa, se è vero che Repubblica se ne fa inteprete mettendogli in bocca persino ciò che non ha (ancora) detto, e di cose ne ha già dette un sacco, e cioè: «Politici corrotti», come strilla il titolone di prima pagina. Ha dato dei piazzisti, dei cooptati, dei furbi, ma corrotti no, non gli era uscito ma forse c’era solo da aspettare una puntata e sarebbe arrivato. La voglia di scoop di Repubblica deve aver letto nelle sue preghiere.

Ma insomma, dà così fastidio una Chiesa che parla come mangia? Evidentemente sì, se le reazioni sono più o meno dello stesso segno, se il Palazzo si ricompatta e si ripara sotto l’ombrello di quel sacro principio – «Libera Chiesa in libero Stato» – che secondo qualche sprovveduto significherebbe che nessuno può dire dei comportamenti dell’altro, pena immediata squalifica per invasione di campo. Ma quale campo e quale invasione, se tutto è già ricompreso da un solenne articolo della nostra Carta che parla della libera espressione intellettuale? Ma poi, proprio a esaminare i termini e le parole. Galantino ne ha dette soprattutto tre, significative: piazzisti, cooptati e furbi. Sono tre parole antiche, di comprensione immediata – e qui Galantino si mostra ottimo comunicatore, ma soprattutto sono tutte e tre riconducibili alla nostra politica, a cui possono essere plasticamene sovrapposte.

Piazzista. Un tempo questa parola aveva solo il significato buono, dell’agente di commercio che rappresenta la ditta e va in giro a cercare, appunto, di piazzare i prodotti. Nel tempo, chiedetevi come mai, ha assunto anche il significato più deteriore e guarda caso è entrata perfettamente nel linguaggio della politica, dove con quel termine si indicano soggetti variamente improbabili che tentano di spacciare le loro patacche. Fu l’autorevolissimo Enzo Biagi che coniò quel sostantivo per Silvio Berlusconi e onestamente, anche con tutto il bene che ci resta per il nostro caro, vecchio, Cavaliere,non avremmo saputo indicare una parola più significativa di quella. Monsignor Galantino, che ce la ripropone a distanza di molti anni applicandola a quei due gatti (perchè la volpe è scappata) di Grillo e Salvivi che sciacalleggiano sui migranti per una manciata di voti, dimostra una notevole padronanza del linguaggio comunicativo, ne capisce i possibili effetti, ne pesa al grammo le probabili conseguenze. Nessun avventurismo, dunque, nessun personalismo, come vuole qualcuno che intenderebbe mostrarcelo come un corpo intellettuale completamente distaccato da Bergoglio.

Le due parole ultime – cooptati e furbi – sono semplicemente esatte, soprattuttto se applicate alla politica. E si riferiscono, in modo persino chirurgico, ai comportamenti complessivi di un’intera categoria, non certo ai gesti dei singoli. Cooptazione dà subito la scossa, il pensiero corre immediatamente al Porcellum che ha portato una classe politica in Parlamento scavalcando serenemente le aspettative e i diritti dei cittadini, ma può richiamarsi altrettanto serenamente alla nuova legge, l’Italicum, che da questo punto di vista non offre certamente grandi garanzie in più. E sulla furbizia, signori miei, è inutile neppure affondare la lama, il corpo è già abbondantemente straziato dalle ferite.

Monsignor Galantino non ha urlato. Chi urla spesso sbaglia le parole. Queste erano perfette, taglienti, responsabili. Per nulla demagogiche, né populiste. Trovatevi qualche altra scusa, la prossima volta.

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In copertina, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, foto tratta dalla pagina Flikr della Caritas Diocesana di Firenze

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