Scuola
Una lezione dagli studenti
Gli studenti del Liceo “Piccolomini” di Siena hanno occupato per qualche giorno la scuola, motivando la decisione con un comunicato lungo e articolato, nel quale parlano di Gaza, ma anche dell’Ucraina e del Sudan, oltre che del crescente clima di repressione nel nostro Paese. Per discutere di Gaza gli studenti hanno invitato a parlare Tomaso Montanari, di cui sono ben note le posizioni sul genocidio, e il meno noto Raffaele Ascheri, polemista e presidente della Biblioteca comunale degli Intronati, le cui posizioni pro Israele ho avuto modo di conoscere in occasione di un altro intervento al “Piccolomini”, durante un’Assemblea di Istituto.
Scrivendo della sua esperienza sulla Nazione, Ascheri riconosce di essere stato ascoltato dagli studenti “con estrema attenzione”; solo dopo che aveva finito di parlare tre studenti gli hanno fatto osservazioni molto critiche, ma “in modo del tutto pacato e civile”.1
Abbiamo qui una buona notizia, sulla quale Ascheri avrebbe potuto soffermarsi, magari per rivedere qualche luogo comune: una occupazione scolastica durante la quale si affrontano importanti temi politici in un clima di ascolto e rispetto; e studenti che mostrano una maturità ben lontana dagli stereotipi diffusi e offensivi (un documento interessante sono le bestialità scritte sui social network dagli adulti, a commento dell’occupazione; un tale senese è giunto a invocare l’uso delle armi contro quella feccia). Ascheri invece fa altro. Dopo essere stato trattato con civiltà e rispetto decide di ricambiare mancando pubblicamente di rispetto a quegli studenti. E ai loro insegnanti.
Come può essere che uno studente esprima una opinione che ad Ascheri non piace? Può essere che quello studente si sia informato, si sia confrontato con altri, abbia letto libri e partecipato a riunioni politiche. Ma ammetterlo significa riconoscere l’esistenza degli studenti come soggetti – e la rivendicazione di questa soggettività è, in sostanza, la ragione reale delle occupazioni. E’ troppo, per Ascheri. Per il quale gli studenti invece non sono che megafoni dei loro “cattivi maestri”, “coloro i quali evidentemente gli insegnano che Hamas agirebbe come un movimento resistenziale”.
Ascheri ricorre a quella pratica che la Scuola di Palo Alto chiama disconferma. Che non consiste nel non essere d’accordo con qualcuno, ma nel negare a qualcuno lo stesso diritto di parola. Il messaggio della disconferma è: “Tu non esisti”. Ora, in un’aula magna non si può fare a meno di rispondere a degli studenti che hanno fatto una obiezione in modo pacato e civile. Si andrà poi sui giornali, però, a dire che quegli studenti in realtà non esistono, che le loro parole non sono che una eco delle parole dei loro cattivi maestri. Per concludere paternalisticamente che “dobbiamo sforzarci di parlare con questi ragazzi”, anche per contrastare l’azione dei loro insegnanti.
È il caso di soffermarsi su una domanda di Ascheri: “fra circa tre mesi, si celebrerà la Giornata della Memoria, istituita con legge dello Stato nel 2000; in una scuola in cui per giorni si è brandita la bandiera della Palestina, si è definita ‘resistenza’ quella di Hamas e si è minimizzato il 7 ottobre, come si fa a celebrare in modo degno la suddetta Giornata?”
Ogni studentessa presente in quell’aula magna ha celebrato la Giornata della Memoria, nel corso della sua vita scolastica, una decina di volte. Anno dopo anno la scuola le ha insegnato che cos’è un genocidio, come nasce, come diventa accettabile; ha riflettuto insieme a lei sui meccanismi che fanno sì che l’orrore sia normalizzato e il male nelle sue forme più atroci diventi accettabile; e le ha detto che bisogna fare memoria affinché simili orrori non accadano più. Ora, di fronte a un genocidio documentato in modo capillare, Ascheri e quanti la pensano come lui si aspettavano che gli studenti fossero distratti, indifferenti o magari complici. Il fatto che non sia così dimostra che le Giornate della Memoria sono servite e che la scuola, nonostante i cattivi maestri, ha lavorato bene.
Nell’aula magna del “Piccolomini” Raffaele Ascheri ha ricevuto dagli studenti una lezione su cosa sono civiltà e rispetto. E su cos’è la scuola, quella vera. Avrebbe potuto farne un uso migliore.
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