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Calcio

2019, l’anno spartiacque del calcio femminile

di Stefano Artusi
19 Dicembre 2019

Un crescente interesse dei media ha accompagnato l’arrivo del Mondiale in Francia, con l’Italia che tornava a disputare la fase finale dopo vent’anni. Nulla lasciava presagire quello che sarebbe accaduto prima, durante e dopo questa memorabile manifestazione sportiva. Tante battaglie si sono incrociate durante il 2019, convergendo in Francia grazie a 552 donne di 24 nazioni diverse, ognuna con delle speranze ed aspirazioni: il professionismo nel calcio femminile per le azzurre, la parità salariale per le oranje (che la Federazione olandese ha promesso entro il 2023), pari condizioni di viaggio e allenamento per le Norvegesi con Ada Hegerberg, stella del O. Lyon e Pallone d’Oro 2018, ad immolarsi per la causa rinunciando alla vetrina Mondiale, alle australiane che chiedevano l’aumento del montepremi (in proporzione solo il 7,5% di quello del Mondiale di Russia 2018), l’uguaglianza di genere chiesta dalle statunitensi (che prima dell’inizio del torneo hanno fatto causa alla Federazione Usa ottenendo una mediazione, era l’8 marzo scorso, con l’accusa di discriminazione di genere istituzionalizzata) la cui vittoria rischiava di fruttare meno rispetto a quanto previsto dalla semplice qualificazione alla fase finale della squadra maschile. Infatti sono uscite vittoriose dalla finale contro le olandesi campionesse d’Europa e con il pubblico ad urlare in coro: equal pay!
Stella indiscussa della Nazionale Usa e del Mondiale, vista la defezione di Ada Hegerberg, è stata Megan Rapinoe, che fra un gol e l’altro ha trovato il tempo di polemizzare con Trump.
Vincitrice del premio ‘The Best’ e del Pallone d’Oro 2019 assegnato da France Football, davanti all’inglese Bronze e alla compagna Alex Morgan, oltre alla Hegerberg, alla oranje Martens, alla brasiliana Marta e all’australiana Kerr.
La calciatrice del Reign si è convertita in un’icona mondiale grazie anche alle sue battaglie fuori dal campo, nei collettivi LGBT (fece coming out nel 2012) insieme alla compagna cestista Sue Bird, e in iniziative contro la disuguaglianza di genere, il razzismo (dal 2016, infatti, come fa già il giocatore di football americano Kaepernick, ascolta l’inno in silenzio per protestare contro le violenze della polizia nei confronti degli afroamericani) e le politiche di Trump verso le minoranze.
Oltre ad avere due mondiali ed un oro olimpico (Londra 2012) nel proprio palmares, la calciatrice californiana dona una percentuale del proprio salario, tramite Common Goal, ad associazioni che utilizzano il calcio come strumento di sviluppo sociale sostenibile. Un gesto che brilla forse più dei numerosi trofei vinti.
Indubbiamente il Mondiale di Francia è servito da cassa di risonanza per tutte queste battaglie, ora il movimento è in crescita, lo tesmoniano gli ascolti tv della Nazionale, il grande seguito e supporto che ha avuto, il boom di nuove iscrizioni delle giovani atlete (si parla di un incremento del 40%). Proprio ieri sera la Nazionale femminile ha ricevuto il premio speciale di Sportweek alla serata di gala dei Gazzetta Sports Award.
Non finisce qui, in Italia si incomincia a parlare di professionismo per le donne (le 23.903 calciatrici italiane hanno ancora lo status di dilettanti, e questo vale per lo sport femminile in generale). L’impatto mediatico del Mondiale, con quasi 24 milioni di italiani incollati alla tv per seguire le azzurre, si è tradotto in una mobilitazione politica e sociale ad ampio raggio: l’emendamento alla Legge di Bilancio in Commissione Bilancio al Senato lascia aperta la porta al professionismo prevedendo uno sgravio contributivo del 100% per tre anni, ma per parlare di un vero passo avanti in materia si dovrà aspettare gennaio/febbraio 2020 quando sarà in discussione la Legge Delega allo Sport, per vedere quali criteri oggettivi definiranno l’utilizzo della legge 91/81 sia per gli atleti che per le atlete di qualsiasi disciplina. A proposito di sgravi: questo fine settimana potrebbe esserci la protesta della Lega Pro maschile (la ex Serie C), da anni in palese difficoltà.
Senza tutto questo, forse non avrebbe mai avuto luogo lo storico sciopero della prima divisione di calcio femminile in Spagna. Sciopero che si è chiuso dopo aver fissato la data (domani, 20 dicembre) per il tavolo di confronto collettivo in cui si dovrà siglare un accordo storico per il calcio femminile, il quale diventerà un modello di riferimento per il resto d’Europa. I sindacati AFE, UGT e Futbolistas ON coi club della Liga hanno avvicinato le proprie posizioni e si attende una fumata bianca, soprattutto sul tema del salario: 16.000 Euro lordi minimi per il tempo pieno e di 12.000 per il tempo parziale dal 75%. Posizioni molto vicine anche sulle protezioni in caso di maternità e infortunio. Un esempio lampante di come la lotta, il sacrificio e l’unità dimostrata dalla calciatrici stia portando dei risultati significativi. Solo in Inghilterra ci sono condizioni similari nel cammino verso il professionismo mentre in Germania, Svezia e Francia esistono solo accordi di settore. Nel 2019 si è innescata una reazione irreversibile, una serie di eventi difficilmente ignorabili quando ci si siederà a discutere di regole, questo potrebbe davvero essere ricordato come un anno spartiacque.

 

(immagine tratta dal profilo Facebook di Megan Rapinoe)

calcio femminile diritti sport
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