Tennis
Sabalenka-Kyorgios, l’ultimo episodio della “battaglia dei sessi” nel tennis
Molto prima di Aryna Sabalenka e Nick Kyrgios, che si sfidano domani a Dubai, donne e uomini si sono affrontati nel tennis: la prima volta fu per iniziativa di Charlotte Dod, una ragazzina vittoriana che sfidò i maschi dopo aver sbaragliato tutte le femmine
Un’insolita partita di tennis va in scena fra poche ore a Dubai. Di fronte ci saranno una donna e un uomo, la bielorussa Aryna Sabalenka, n. 1 del mondo e vincitrice quest’anno agli US Open, e l’australiano Nick Kyrgios, finalista a Wimbledon nel 2022 ma inabissatosi ben oltre la 600esima posizione mondiale. I due paiono associati in una solida amicizia, ma soprattutto nell’agenzia promozionale che cura gli interessi professionali di entrambi: è dunque subito svelato il leitmotiv dell’evento, che mira principalmente a riportare Kyrgios sotto le luci della ribalta, in vista di un possibile ritorno nel circuito dopo la sequela di infortuni che l’hanno limitato ad appena sei partite in tre anni, l’ultima delle quali disputata lo scorso marzo. A questo scopo la regina del tennis femminile si è prestata di buon grado, forse per le affinità di cui sopra e certamente per l’ingaggio che riscuoterà, la cui entità non è però stata rivelata.
Per attirare l’attenzione dei fan si è premuto il tasto dello scontro di genere e per equilibrare il campo di gioco si è pensato a regole particolari: sarà consentita una sola palla di servizio, il campo di Kyrgios sarà del 9% più ampio (qualche studio sembra aver dimostrato che le donne sono il 9% più lente degli uomini) e nell’eventuale terzo e decisivo set si giocherà un lungo tie-break a dieci punti. Sabalenka si è detto orgogliosa di rappresentare le donne in un partita che rimanda alla celebre “battaglia dei sessi” del 1973. All’epoca, con le canoniche regole del gioco, la campionessa Billie Jean King superò per tre set a zero il 55enne Bobby Riggs, da tempo ritiratosi dalle scene. L’ormai ottuagenaria ma battagliera King si è affrettata a destituire di fondamento qualsiasi analogia: «La mia fu una vittoria politica, sociale e culturale. Ci stavamo battendo per la parità dei premi, avevamo appena fondato l’associazione delle tenniste professioniste e negli Stati Uniti era stata approvata una legge che proibiva la discriminazione basata sul sesso in qualsiasi programma scolastico o educativo, garantendo così uguali benefici e opportunità alle squadre sportive maschili e femminili».

King prevalse su un avversario che si era auto-definito – per maggior richiamo del match – un “porco sciovinista”. Per parte sua, Kyrgios ha non pochi scheletri nell’armadio in materia di rapporti con l’altro sesso: famoso per gli scoppi d’ira, i siparietti e i soliloqui sul campo, all’innegabile talento affianca comportamenti e mentalità non propriamente encomiabili. Nel 2023 si è dichiarato colpevole di aver aggredito l’ex-fidanzata e si è schierato contro la parità retributiva fra uomini e donne. In partita contro Stan Wawrinka non lesinò commenti misogini sulla di lui fidanzata e quando Jannik Sinner si fidanzò con Anna Kalinskaja, con cui Kyrgios aveva precedentemente fatto coppia fissa, pubblicò un inelegante tweet con su scritto “Secondo servizio”. Insomma, l’australiano è un partner con un curriculum non proprio idoneo ad accreditare la versione di Sabalenka, che pensa di vincere per dare ulteriore impulso allo sport femminile.
Vale però la pena ricordare che la “battaglia dei sessi” non è un’invenzione né del marketing contemporaneo né della temperie politico-culturale degli anni Settanta. Nel 1888, quando il tennis era ancora un passatempo aristocratico, fu la diciassettenne Dod, pluri-vincitrice a Wimbledon, a prendere l’iniziativa e a sfidare i maschi più forti della Gran Bretagna, per affermare il proprio valore e non certo per rilanciare l’immagine di un avversario in declino.
Charlotte “Lottie” Dod aveva imparato a giocare sui court che i genitori avevano fatto costruire nella loro vasta proprietà a pochi chilometri da Liverpool. A soli undici anni combinava abilità e giudizio, e assommava svariate vittorie in doppio con la sorella Annie, maggiore di otto anni. Dod era fuori dal suo tempo, picchiava con forza belluina quando gli scambi erano così compassati e soporiferi che si poteva andarsene a bere un drink all’inizio di un punto e tornare in tempo per vederne la fine. Inoltre, fu una delle prime a capire che dritto e rovescio necessitassero di impugnature diverse, il che le conferì enormi vantaggi contro avversarie più antiquate, le quali per giunta dovevano giocare con abiti che le avvolgevano in più strati di tessuto dal collo alle caviglie. Dod, poco più che bambina, poteva permettersi vesti meno ingombranti con cui si gettava al recupero di colpi che le rivali non potevano inseguire. In breve, non c’era chi le potesse tener testa fra le rappresentanti del gentil sesso. Fu così che Lottie si rivolse agli uomini, scandalizzando tutti i benpensanti con un confronto semplicemente inconcepibile e del tutto contro natura.

Memorabile fu il match contro Ernest Renshaw, anch’egli campione ai Championships londinesi e ben consapevole della zavorra che ostacolava i movimenti delle colleghe, tanto che, incrociando una volta la racchetta contro Blanche Bingley, aveva voluto abbigliarsi come una signora. Renshaw concesse cavallerescamente un handicap di 30-0 in ciascun gioco e persino che Dod, a richiesta, potesse rigiocare due o tre punti a set se li aveva perduti.
I giornali pubblicizzarono ampiamente l’evento, annunciato come un’esibizione di beneficenza. Dod dominò il primo set per 6-2, spingendo forte con il dritto, difendendo ogni palla e attaccando la rete appena possibile. Resosi conto di aver di fronte un’avversaria agguerrita e preparata, Renshaw aumentò l’impeto e la determinazione, contestando ogni scambio con grande intensità e infine ribaltò il risultato, che gli arrise con uno stretto e doppio 7-5.
Nelle settimane seguenti, anche a causa del clamore suscitato dal primo incontro, Dod sfidò Harry Grove e il gemello di Ernest, William Renshaw, sottomettendo entrambi con disarmante facilità. Subito dopo, l’attenzione dell’opinione pubblica fu requisita da ben altre notizie, che monopolizzarono la prosa ampollosa dei quotidiani del Regno Unito. Vi erano ora descritti gli orrori che si consumavano nelle strade buie e strette dei vecchi quartieri affacciati sul Tamigi, dove i cadaveri orrendamente seviziati di varie donne, per lo più prostitute, furono rivenuti dalla polizia e attribuiti alla furia assassina di un efferato serial killer.
Se molte povere ragazze non poterono difendersi dalla perversione assassina di Jack lo Squartatore, Dod riuscì quantomeno a dimostrare che su un campo da tennis quei fiori delicati e fragili dell’immaginario vittoriano erano più che capaci di tenere testa agli uomini. Per loro, d’altra parte, non ebbe mai tempo né voglia, e al matrimonio antepose il soddisfacimento delle sue ossessioni sportive. A 21 anni posò la racchetta per passare all’hockey e al golf, fino a giungere in Svizzera dove divenne una delle migliori pattinatrici su ghiaccio d’Europa e una temeraria slittinista, e ancora un’instancabile alpinista sulle montagne più impervie della Norvegia. Infine, alle Olimpiadi di Londra del 1908, conquistò pure la medaglia d’argento nel tiro con l’arco.
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