L’amante di Pinter ci parla di noi

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20 Marzo 2023

CATANIA. Qualche anno fa Massimo Castri parlando di un testo Euripide diceva: «nei suoi testi c’è tutto», ovvero tutto quello che occorre al regista per costruire uno spettacolo che possa parlare all’uomo dell’uomo e ben oltre le barriere della storia. Testo e sotto-testo, oltre-testo, azione e azioni, cultura, motivi, orizzonti, fughe e prospettive, senso: veramente tutto. È necessario però che un regista sappia auscultare un testo di quel livello, che abbia capacità, tempo e cultura per poterlo fare. Harold Pinter (scomparso nel 2008 e Nobel per la letteratura nel 2005) è un drammaturgo dei cui drammi si può dire quasi la stessa cosa e qualsiasi teatrante, attore o regista, che oggi si misura con la pratica della scena dovrebbe “obbligatoriamente” provare confrontarsi con la meravigliosa ricchezza di questo autore. Raccontiamo questa volta de “L’amante” lo spettacolo costruito e diretto da Veronica Cruciani (regista) sul testo omonimo di Pinter e con l’evidente collaborazione di Viola Graziosi e di Graziano Germano Piazza (interpreti). Lo si è visto l’8 marzo sulla scena del Teatro Brancati di Catania. Perché è evidente questa collaborazione creativa tra regista e interpreti? Perché affrontare un testo del genere implica per una coppia di attori un autentico combattimento interiore, fisico, mentale, psichico prima che piscologico e si finirebbe a sbranarsi davvero se non ci fosse un regista che, osservandolo rigorosamente dall’esterno, tale combattimento sapesse tenerlo in equilibrio, arbitrarlo con fermezza, gestirlo senza farsi manipolare e non permettendo ad alcuna singola nota di sopravanzare l’insieme. E questo dato appare ancor più vero se si pensa che, certo, Graziosi e Piazza sono due bravissimi attori, ma sono anche una coppia fuori dalla scena.

Ecco la vicenda: un uomo e una donna si rivelano subito come attori e, copione in mano, iniziano a muoversi sulla scena come per costruire uno spettacolo, questo spettacolo. Danno luogo insomma a una dinamica meta-teatrale che è divertente per il pubblico e viene attraversata e presentata con divertimento dai due attori: la leggerezza gioiosa e l’elegante vitalità dello sguardo e delle movenze di Graziosi e l’atteggiamento solido e sornione di Piazza sono esattamente quel che serve per mettere il pubblico in una situazione di tranquilla disponibilità alla percezione e alla comprensione di quanto sta per accadere. Una tranquillità che invece l’avvento improvviso della presenza dell’amante (o degli amanti) interromperà recisamente e farà precipitare in una condizione di forte squilibrio di comprensione, nonché di curiosità torbida e un po’ voyeuristica. L’effetto non è una commedia borghese e nemmeno una consolatoria conferma del dato meta-teatrale, ma il ridefinirsi quasi violento della figura dell’amante (e della sua presenza in casa) in una immagine di necessaria e “perturbante” alterità. L’amante diventa “l’altro” necessario che ci sfida a guardarci dentro fino in fondo e senza pietà. Inizia un combattimento amoroso e spietato tra i due: i volti si induriscono, gli sguardi perdono luce, le voci s’impastano di smarrimento, di paura, quindi di rabbia, quindi di livore. Un confronto senza esclusione di colpi che si dispiega fino al reciproco (e concretissimo) sfinimento e ha come campo di battaglia la presenza significativa dell’altro (di un altro, di un’altra) nella realtà finita e apparentemente perfetta di due persone che si amano. Presenza significativa perché rischiosa, avventurosa, rassicurante, divertente, diversiva, affascinante, necessaria e poi, piano piano abituale, fino a diventare insignificante, noiosa se non insopportabile, estranea proprio perché profondamente e inevitabilmente legata alla rivelazione del narcisismo di ciascuno dei due. Un combattimento feroce e dunque salvifico. Un confronto faticosissimo e autentico fino a svelare quel che in fondo è implicito fin dall’inizio, ovvero che l’altro – reale o immaginario che sia – è il solo capace di soddisfare le pulsioni narcisistiche che premono sull’ (e nell’) essere in coppia e che, se non sono riconosciute e gestite, sono devastanti. E la donna lo capisce per prima e lo capisce meglio. Ecco che la meta-teatralità iniziale di questo lavoro cessa d’essere forma per diventare, quasi ritualizzandosi in sacrificio già nel corpo dei due interpreti, sostanza profonda e umanamente salvifica. Inoltre, se si vuole, la riflessione che questo spettacolo sollecita può ampliarsi ancora: il riconoscimento e la gestione consapevole e “teatrale” della presenza dell’alterità può essere una strada salvifica per la coppia contemporanea, ma forse anche per l’insieme della società contemporanea che, non per caso, si è ammalata di narcisismo deteriore proprio quando, privilegiando altre forme di spettacolo non dal vivo e immergendosi nelle attuali dinamiche comunicative e relazionali dei social media (o rifiutandole aprioristicamente e quindi lasciandosene condizionare passivamente), ha troppo spesso relegato il teatro in un’area di elitarismo colto o, viceversa, di sottocultura superficiale se non proprio becera. Spettacolo da vedere assolutamente.

 

L’amante. Catania, Teatro Brancati dall’8 al 12 marzo. Di Harold Pinter, traduzione di Alessandro Serra. Regia di Veronica Cruciani. Con Viola Grazioni e Graziano Piazza. Drammaturgia sonora John Cascone. Scene e costumi di Veronica Cruciani e John Cascone. Disegno Luci di Andrea Chiavaro. Produzione: Gianmarco Piccione. Crediti fotografici: Dino Stornello.

TAG: Graziano Piazza, Harold Pinter, l'Amante, Veronica Cruciani, Viola Graziosi
CAT: Teatro

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