“L’Amico ritrovato”, la memoria del teatro può salvare il futuro

23 Gennaio 2023

Salvare il futuro raccontando la bestia che, un tempo non lontano, tutto voleva distruggere. E, in grande parte lo ha fatto, incendiando foreste e bruciando villaggi, prendendo città e paesi. E’ la belva chiamata nazismo che nel volgere di pochissimi anni ha fomentato l’odio e diffuso il razzismo nelle case, le scuole e i luoghi di lavoro, cancellato affetti e giustizia. Una bestia insaziabile che ha perseguitato e tolto la vita a milioni di uomini e donne nelle camere a gas dei lager a Dachau, Mauthausen, Auschwitz etc… E’ stato solo un pugno di decenni fa: l‘Europa ridotta ad un enorme campo di battaglia, ma per tanti, ancora, è stata solo una parentesi della storia, un incidente di percorso. Ma non fu così. Quanto accadde lasciò cicatrici e ferite profonde. Raccontare è vitale: come lasciare un testimone alle nuove generazioni perché facciano proprio l’impegno a tenere sempre accesa la fiamma della memoria. Che poi sono le cento e mille (memorie) racchiuse nei racconti di chi è sopravvissuto alla catastrofe della seconda guerra mondiale, voci di uomini e donne che aiutano ancora oggi a capire, inducono a riflettere e chiedono che quella bestia non torni più tra noi. Racconti che stanno nei ricordi di famiglia e dentro libri e romanzi: hanno il merito di aver lasciato il segno togliendo il velo su omertà e ignoranza. Dal “Diario di Anna Frank” a “Un sacchetto di biglie”, “Il bambino a righe”, “Il viaggiatore” e fra i più amati “L’amico ritrovato”, il romanzo del tedesco Fred Uhlman. Pubblicato in America nel 1971 e Italia nel 1979 (Longanesi), allora con il titolo di “Ritorno”, si affianca ad altri due racconti dello stesso autore: “Un’anima non vile” e “Niente resurrezioni per favore” con i quali costituisce una trilogia battezzata come quella del ritorno. Dieci anni dopo la pubblicazione in Italia venne tratto un film il cui soggetto fu scritto dallo stesso autore assieme al drammaturgo inglese Harold Pinter. La regia fu affidata a Jerry Schatzberg.

Omaggio kantoriano (“La Classe morta”) nello spettacolo del Teatro Rifredi “L’Amico Ritrovato”, regia di Angelo Savelli. In scena Mauro D’Amico e Federico Calistri (foto di Marco Borrelli)

A riprendere e proporre questa storia sul palcoscenico è adesso il Teatro Rifredi di Firenze, diretto da Giancarlo Mordini e Angelo Savelli. Un luogo che si contraddistingue da sempre per la spiccata sensibilità ai temi sociali e alla contemporaneità, ritagliandosi in campo nazionale uno spazio originale fatto di aperture alla scena internazionale, fregiandosi nei fatti di avere scoperto e proposto in Italia autori e drammaturghi di valore come l’uruguayano Sergio Blanco, recentissimamente il cubano Abel Gonzalez Melo e il catalano Josep Maria Mirò del quale Rifredi ha presentato negli anni scorsi, con traduzione in italiano e regia di Savelli, titoli come “Il principio di Archimede” o “Nerium Park” con la regia di Mario Gelardi e due anni fa, sempre al Rifredi, “Il corpo più bello che si sia mai visto da queste parti” in versione di lettura curata dalla bravissima attrice Maddalena Crippa. Testo che è valso a Mirò, proprio lo scorso ottobre, il prestigioso premio nazionale di drammaturgia in Spagna. La notizia è giunta allo scrittore catalano proprio mentre giungeva a Firenze per presenziare la prima teatrale de “L’Amico ritrovato” di cui lo scrittore catalano ha curato un originale adattamento dal romanzo di Uhlman con la regia di Angelo Savelli e l’interpretazione precisa dei due giovani Federico Calistri e Mauro D’Amico e quella dell’esperto Roberto Gioffrè, le musiche di Federico Ciompi, i costumi di Serena Sarti e le luci di Henry Banzi, produzione Teatro della Toscana. Lo spettacolo, dopo una buona accoglienza ad ottobre, viene ripreso in palcoscenico questi giorni con grande partecipazione degli studenti delle scuole fiorentine e, dal 26 al 29 gennaio (da giovedì a sabato alle ore 21, domenica alle 16,30), è in calendario al Teatro Rifredi per onorare le giornate della Memoria. Il romanzo di Uhlman a teatro è diventata una pièce di un’ora e mezzo , incentrata in modo particolare sul rapporto di amicizia tra due ragazzi, in Germania, al tempo dell’ascesa del nazismo. Il racconto sul palcoscenico è un momento di impegno civile della compagnia e del Teatro Rifredi che con questo allestimento non rinuncia, come sempre, a schierarsi in modo netto sul piano culturale e politico.

L’attore Roberto Gioffrè nel ruolo di Hans da adulto a New York in “L’Amico Ritrovato” dal romanzo di Fred Uhlman, adattato da Josep Maria Mirò (foto Marco Borrelli)

«La memoria e l’oblio. Tra questi due opposti, uno luminoso per quanto a volta doloroso, e l’altro oscuro, per quanto a volte ostentato alla luce del sole, ci dibattiamo – così dice infatti il regista Angelo Savelli – in questa nostra imbelle contemporaneità. Dimenticare è facile, è soporifero, è tranquillizzante. Meglio rimuovere che fare i conti con le nostre a volte imbarazzanti radici. Ma il Teatro no! Un teatro pubblico, un teatro civile, un teatro, tanto testimone della contemporaneità quanto guardiano dei valori fondanti della nostra libera società, non gira la testa, non chiude gli occhi.”

La vicenda viaggia tra America ed Europa, ma inizia in una rinomata cittadina tedesca come Stoccarda. E’ qui che nasce nel 1932, l’amicizia tra due ragazzi di sedici anni frequentanti lo stesso liceo. Il primo, Hans Schwarz, è figlio di un medico ebreo, decorato in guerra con la Croce di Ferro. Nella sua classe un giorno arriva Konradin von Hohenfels, rampollo di una famiglia aristocratica. Tra i due nasce un’amicizia profonda ma è anche l’anno in cui Hitler sta realizzando la sua ascesa al potere. Hans viene così spedito in America dai genitori (che poco tempo dopo si toglieranno la vita spinti dal clima di persecuzione antisemita) dove il giovane, lontano dalla guerra, potrà completare gli studi diventando avvocato. Prima della sua partenza riceve un biglietto dell’amico in cui, dichiarando il suo dispiacere per la partenza (ma condividendone la decisione) dichiara allo stesso tempo di avere fiducia in Hitler: ciò creerà una profonda crisi in Hans che aveva creduto fortemente in quella amicizia e ora si sente abbandonato. Sarà solo per caso, molti anni dopo che, verrà a conoscere le vicissitudini di  Konradin.

“L’Amico ritrovato”. Hans e Konradin fanno amicizia nei banchi di scuola a Stoccarda durante l’ascesa di Hitler. Lo spettacolo va in scena al Teatro Rifredi di Firenze (foto di Marco Borrelli)

Sul palcoscenico si parte dalla fine. New York. Una veduta dall’alto sulla città delle mille luci e in sottofondo la musica di Gershwin che disegna nell’aria i fantastici arabeschi della “Rapsodia in blu” consegnano una fotografia lontana nel tempo. Siamo negli anni Cinquanta nello studio di Hans, diventato un affermato avvocato americano. Costui sta leggendo una missiva spedita dal suo liceo di Stoccarda che chiede un contributo per costruire un monumento alla memoria di quegli studenti caduti nella Seconda Guerra Mondiale. E’ il passato che ritorna. Hans divenuto uomo di mezza età sente ancora lacerante dentro di sé come un tradimento la lettera inviatagli da Konradin prima di lasciare Germania. Ma si sbagliava. La lettera inviata da Stoccarda conteneva un’altra verita. E per Hans cambia tutto all’improvviso. Tornano così gli attimi vissuti assieme, i momenti più cari di quel lontano rapporto fatto di intimità e condivisione di passioni letterarie e artistiche.

Josep Maria Mirò ha ridotto in modo sapiente il romanzo adattandolo a una efficace riduzione teatrale. Concentrandosi sui tre personaggi _ i giovani Hans e Konradin e Hans da adulto _ ha dato il giusto rilievo alla nascita di un sentimento importante come quello dell’amicizia in un momento storico tormentato. C’è prima la delusione e poi la scoperta della tenuta di un rapporto tanto forte da vincere il tempo che è anche un segnale di speranza per il futuro.

Federico Calistri è il Konradin de “L’Amico Ritrovato” in scena a Firenze con la regia di Angelo Savelli e l’adattamento di Josep Maria Mirò (foto di Marco Borrelli)

Un segno che esiste qualcosa di più forte dell’odio e del razzismo, un messaggio di speranza, che nello scorrere di un’ora e trenta è stato messo bene in evidenza con sapienza teatrale da Angelo Savelli, autore di una regia come sempre rispettosa del testo ma allo stesso tempo capace di indicare i punti di frizione di un racconto avvincente come quello di Uhlman. Savelli ha spostato in avanti la scena quasi a voler mettere in contatto il pubblico con gli interpreti. Dividendo in due lo spazio, quello dell’oggi dell’America e quello dello ieri a Stoccarda con debiti e omaggi kantoriani (il riferimento è alla “Classe morta”, i suoi banchi di scuola popolati da pupazzi e dai protagonisti del racconto) che hanno una importanza narrativa essenziale: quello di favorire anche il transfert dentro un plot che conquista immediatamente il cuore di giovani e no.

Il tempo è passato ma, dice Schwarz, ormai adulto: “Le mie ferite non sono guarite e ogni volta che ripenso alla Germania, è come se venissero sfregate con del sale”. E subito come una delle ferite più grandi spunta il dolore per quell’amicizia entrata “nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più”. Di quel momento dice Hans “ricordo il giorno e l’ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della più totale disperazione”. L’incontro, la separazione, l’amicizia ritrovata: un colpo al cuore come l’enorme croce uncinata della bandiera nazista che cade improvvisamente dall’alto sul palcoscenico sui due ragazzi.

Sulla scena Hans e Konradin sui banchi e Hans da adulto, interpretato da Roberto Gioffrè nel suo studio di New York in “L’Amico ritrovato”  in scena a Firenze (foto di Marco Borrelli)

La lettera con la richiesta di fondi da parte del Karl Alexander Gymnasium, accompagnata da un opuscolo contenente l’elenco di nomi, per l’erezione di un monumento alla memoria degli allievi caduti in guerra è lì sul tavolo. Il primo impulso è quello di gettare via tutto.

“Quella parte di me non era mai esistita. Avevo eliminato diciassette anni della mia vita senza chiedere niente e adesso avevano la sfrontatezza di venire a chiedere a me un contributo”… Poi Hans cambia idea e inizia a leggere. I ragazzi morti o dispersi erano stati ben quattrocento. Seguiva l’elenco ma Hans evita di fermarsi alla lettera “H”. Scopre così i nomi di suoi compagni di classe scomparsi, in Russia o in Africa… Rimise a posto l’opuscolo e riprende a lavorare. Non trova il coraggio di cercare l’unico nome che gli interessava davvero e che lo ossessionava…

“… Che importanza poteva avere che fosse vivo o morto, visto che, comunque, non l’avrei più rivisto? Ma ne ero proprio sicuro? Era davvero impossibile che la porta di casa si aprisse per farlo entrare? E non stavo già in quello stesso istante, tendendo l’orecchio per cogliere il suo passo?Afferrai l’opuscolo con l’intenzione di stracciarlo ma, all’ultimo momento, mi trattenni. Facendomi forza, quasi tremando, lo aprii alla lettera “H” e lessi.

“VON HOHENFELS, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato”.

Hans e Konradin (Mauro D’Amico e Federico Calistri) in “L’Amico ritrovato”, regia di Angelo Savelli, adattamento di Josep Maria Mirò al teatro Rifredi di Firenze (foto Marco Borrelli)

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