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Pubblicato il 07/01/2019

in: Non sempre la storia rende giustizia

Concordo con la valutazione di Enrico Palumbo. Questo post è palesemente frutto di crassa ignoranza storica: o è opera di un mentecatto ubriaco oppure del peggiore fanatismo ideologico e apologetico. Non solo non vi è alcuna menzione del contesto storico che vede in tutta Europa legislazioni più liberali e propense all’emancipazione degli ebrei, ma neppure [...] delle condizioni finanziarie della Santa Sede, e in particolare delle vicende relative ai Rothschild, che condizionarono - per non dire obbligarono - la politica del pontefice: afferma lo storico Kertzer che, nel febbraio 1847, il barone Salomon Rothschild inviò da Vienna al nuovo papa una lunga lettera in cui appoggiava le istanze degli ebrei romani. Dato che per evitare la bancarotta il Vaticano dipendeva in larga misura dai prestiti dei Rothschild, Pio IX non poteva permettersi di ignorare la richiesta. Pochi giorni dopo, al nunzio papale a Vienna fu detto di informare il barone che il pontefice stava esaminando la questione e che, come prima iniziativa, aveva acconsentito a porre fine ai degradanti riti carnevaleschi. Poi Pio IX istituì una Commissione, guidata dal cardinale vicario di Roma, incaricata di valutare le condizioni del ghetto e raccomandare misure adeguate per migliorare la sorte dei suoi abitanti. Prima della fine dell'anno, appreso che il ghetto era affollato e insalubre, Pio IX ordinò che a un piccolo numero di famiglie fosse concesso di trasferirsi fuori di esso. In realtà, Pio IX aveva promosso solo modesti cambiamenti. Verso la fine di quell'anno, oltre ad aver fatto sospendere le prediche obbligatorie e i riti del carnevale, aveva permesso che di notte i cancelli del ghetto restassero aperti. Ma la gran parte degli ebrei rimaneva ancora confinata tra le sue mura. Egli non aveva certamente alcuna intenzione di garantire loro uguali diritti. Quindi l’azione del pontefice è stata tutt’altro che umanitaria e disinteressata. (D. Kertzer, I papi contro gli ebrei, Rizzoli, 2002) Non solo, ma nel post non è neppure menzionato il fatto che, dopo la caduta della Repubblica Romana, quando nel 1850 rientrò a Roma dall’esilio di Gaeta, Pio IX non era più quello di due anni prima. Scrive sempre Kertzer che, a dispetto dell'immagine che i suoi sudditi si erano fatti di lui, il pontefice non era un vero riformatore né un liberale. Era anzi sempre stato profondamente tradizionalista, fautore delle verità immutabili della Chiesa. Bisognava rimettere gli ebrei al loro posto. I diritti civili concessi dalla Repubblica di Roma furono revocati e vennero reintrodotte le vecchie restrizioni. Tutto questo era avvenuto a dispetto della minaccia dei Rothschild di rifiutare i prestiti di cui il papa aveva un disperato bisogno, se avesse rimandato nel ghetto gli ebrei di Roma. Ma non basta: il pontefice iniziò ad osteggiare tutti quegli Stati che avevano adottato - o avevano intenzione di adottare - una legislazione più liberale nei confronti degli ebrei. In seguito al suo ritorno a Roma, nel 1850, Pio IX si adirò nel sapere che il granduca Leopoldo II stava prendendo in considerazione la possibilità di emancipare gli ebrei. Il papa lo definì un «autentico crimine» e il suo legato a Firenze lo tacciò di «mostruosità». Il 21 febbraio 1852, Pio IX scrisse direttamente al granduca per mostrargli quanto la questione gli stesse a cuore. «Non ignora V.A. [che] lo spirito della Chiesa, manifestato con le varie disposizioni e decreti [...] è stato sempre quello di tenere lontani il più possibile i Cattolici dal contatto degl'infedeli.» Perché, continuava il pontefice, il granduca non si limitava ad abrogare per intero la costituzione, invece di salvarne alcune parti? In caso contrario, ammoniva, «questo aprirebbe l'adito alla richiesta di altri diritti civili a favore degli Ebrei e degli Acattolici». Il papa si rivelò persuasivo. Il 6 maggio, la costituzione fu abrogata e l'emancipazione degli ebrei revocata. Conclude Kertzer che: «All'epoca del caso Mortara, nel 1858, se gli ebrei degli Stati pontifici vivevano ancora nei ghetti, senza organi di stampa e tuttora soggetti all'autorità dell'Inquisizione, i loro correligionari del Piemonte sarebbero stati in grado di garantir loro un sostegno internazionale. Rientrato a Roma, Pio IX ripristinò l'Inquisizione e ai suoi membri ordinò di far valere di nuovo le restrizioni di un tempo. Il risultato fu una eco delle gesta del suo odiato predecessore, Gregorio XVI».

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