Le due strade sbagliate della sinistra

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11 Maggio 2018

Di recente Giorgio Gori, un tempo “sindaco dell’accoglienza“, ha sostenuto in un dibattito pubblico che bisogna uscire dalla dimensione del politicamente corretto e ripensare i criteri di assegnazione delle case popolari, perché quelli attuali producono spesso una eccessiva concentrazione di immigrati, situazione che viene percepita dagli italiani come una sottrazione di diritti (queste le sue parole, secondo quanto riportato dalla stampa locale). Il sindaco di Bergamo ha così ripercorso con qualche ritardo la parabola già compiuta dal suo partito: quel Pd che, dall’operazione Mare Nostrum per il salvataggio in mare dei migranti (voluta dal premier Letta nel 2013), è ormai approdato ai respingimenti in mare, appaltati dal ministro Minniti alla cosiddetta Guardia Costiera libica.

Quello di Gori è un dilemma che si presenta costantemente alla sinistra: la sua ragion d’essere politica, la difesa dei più deboli, le impone di farsi paladina dei diritti delle minoranze, ma ciò finisce per renderla impopolare proprio tra i ceti più svantaggiati; le sue battaglie di civiltà, come l’antirazzismo, la tutela della parità di genere e dei diritti delle persone lgbt vengono guardate con fastidio, giudicate radical chic e “lontane dai veri problemi della gente“. La scelta è quindi tra il portarle avanti, perdendo consenso, e l’ammainare le proprie bandiere per tentare di arginare la perdita (come il Pd ha fatto non solo sull’accoglienza, ma sullo ius soli, sulla stepchild adoption e sul contrasto all’omofobia).

Da decenni, ormai, la sinistra continua a cacciarsi nello stesso vicolo cieco, che la porta o a rinchiudersi in un recinto identitario, o a rinunciare poco a  poco alla propria identità, spesso dividendosi tra le due opzioni: da una parte la sinistra “radicale”, che fuoriesce dal partito principale per salvaguardare la sua purezza; dall’altra quella “riformista” che rimane in un partito sempre più indebolito, consolando il proprio smarrimento valoriale con il senso di appartenenza a una comunità dal passato importante.  L’esito inevitabile è la sconfitta di entrambe le componenti, che causa nei militanti una doppia frustrazione: al lutto per la separazione, o per la scomparsa dei propri riferimenti ideali, si aggiunge la delusione per il fallimento politico.

Alla radice del problema c’è, secondo me, la mancanza di un’analisi approfondita e anche impietosa della società attuale, che permetta di declinare nel presente gli ideali fondanti della sinistra, come l’uguaglianza, l’emancipazione e la solidarietà. Ecco perché, incapaci di attualizzare il messaggio originario della propria parte politica, gli uni si rifugiano in battaglie simboliche, “di testimonianza”, che ne incarnano l’essenza senza però riuscire a incidere efficacemente sulla realtà e che la allontanano dal sentire popolare; gli altri invece ne annacquano il contenuto, riducendone la portata fino quasi ad annientarla. Il tema dell’immigrazione è un esempio chiarissimo di questa dinamica: di fronte ai sentimenti negativi che la faticosa convivenza con i “nuovi venuti” genera nella popolazione più esposta, la sinistra “idealista” si arrocca su un atteggiamento umanitario, solidale e antirazzista che finisce per colpevolizzare chi prova quei sentimenti, per il solo fatto di provarli; la sinistra “riformista” si mostra invece comprensiva, ma non riesce a proporre soluzioni che non siano una versione “ammorbidita” di quelle della destra.

A causa della mancanza di una visione chiara della società, le due sinistre soccombono entrambe alle narrazioni tossiche create dalle destre: quelle che incanalano le tensioni sociali in conflitti tra la maggioranza e le minoranze, lasciando intatti i rapporti di potere disfunzionali che sono all’origine di quelle tensioni. Gli idealisti si collocano dalla parte degli ultimi, i riformisti solidarizzano sottovoce con gli argomenti dei penultimi; nessuno mette però in discussione la guerra tra poveri che è stata scientemente fomentata tra i due gruppi. Accade con l’immigrazione ma, con dinamiche analoghe, su ogni altro tema che le destre riescono a strumentalizzare, come i diritti lgbt, con esiti tanto grotteschi quanto culturalmente devastanti.

Di comune alle due strade sbagliate della sinistra c’è la tendenza a evitare i veri nodi della società contemporanea, proprio perché si ha la consapevolezza di non saper dare risposte adeguate ai problemi che essi originano.  Così, mentre le destre prendono di petto il disagio dei ceti più deboli, offrendo soluzioni sbagliate e impraticabili, ma chiare (come il reddito di cittadinanza del M5S contro la povertà, o la legittima difesa della Lega contro l’insicurezza), la sinistra rimane afona, o al più avanza proposte utopistiche come il mutualismo e la lotta sociale, consegnandosi all’irrilevanza.

Come uscirne? Il primo passo coraggioso da fare è mettersi in ascolto delle persone, per comprendere dove si trovano le vere linee di faglia che spaccano la società;  enucleare i problemi senza scandalizzarsi dei sintomi che generano, con l’atteggiamento empatico e nello stesso tempo razionale di un medico che esamina una ferita infetta. Perché non basta indignarsi della xenofobia o del sessismo, magari esibiti da qualche leader politico per entrare in risonanza con gli elettori più disagiati: quell’indignazione rischia di creare una distanza incolmabile, perché diventa giudizio morale che prescinde dalle cause profonde del disagio, anzi diviene l’alibi per ignorarle.  Nello stesso tempo, occorre evitare l’errore del medico pietoso, che compatisce il sintomo doloroso e prova ad alleviarlo senza indagarne l’origine: fuor di metafora, non si possono percorrere le scorciatoie della destra assecondando le pulsioni negative dei cittadini e proponendo rimedi sbrigativi e iniqui.

Se si è convinti che i valori della sinistra sono la stella polare per orientare la società verso una struttura più giusta, è necessario impegnarsi in un lungo e faticoso lavoro di ricognizione, di analisi e di riflessione, coinvolgendo tutti gli attori possibili – dai semplici militanti alle migliori intelligenze – in un percorso che si tenga lontano dai politicismi, dagli appuntamenti elettorali, dalle luci della ribalta mediatica e che punti a trovare risposte per rendere quei valori attuali e attuati. Per fare ciò non serve costruire nuovi contenitori politici, creare organigrammi o progettare coalizioni: occorre invece un’elaborazione culturale innovativa, corale e determinata. E’ questa la sola strada lungo la quale la sinistra può ritrovare la sua identità e il suo ruolo ormai smarriti.

 

 

 

 

 

 

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CAT: Partiti e politici

8 Commenti

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  1. marco-baudino 6 anni fa

    E quindi? Non vedo concretezza, ma solo contorsioni di propositi e ideologie che non portano a nulla, se non alla illusione di creare valori che non tutelano i valori veri, quelli che tengono in piedi la società. Ovvero quelli della famiglia, pilastro su cui si fonda tutto. Famiglia fatta di equilibrio e rapporti sinceri tra uomo e donna, con senso di sacrificio (che fatica…) e priorità sui doveri, pensando che i diritti tout court talvolta possono passare in secondo piano per il bene dei propri figli o del semplice prossimo, vicino (il consorte) o lontano (gli altri nella società) che sia. Senza voler giudicare, ma provando ad evidenziare le conseguenze, faccio un esempio: il pretendere da parte di una coppia omosessuale di avere a tutti i costi un figlio, “attivandoli”, grazie al ” progresso” con sistemi artificiali, pur sempre nel pieno diritto di farlo, non tiene conto del diritto del figlio a crescere come natura ha stabilito, con la propria madre ed il proprio padre. Vince qui l’egoismo dell’adulto, non l’altruismo, non il rispetto verso il nato (che un giorno, da un po’ più grande, potrebbe chiederne conto…). La Sinistra, senza stare a giudicare, tutela i diritti degli adulti, creandosi un potenziale nemico nel bambino che cresce in un ambiente, me lo consenta, anomalo. La Sinistra ha troppo puntato sui diritti “a prescindere”, quando i valori della nostra tradizione occidentale nel passato del primo dopoguerra puntavano giustamente al senso del dovere. E su cui abbiamo costruito il futuro che ci ha portato ad essere, allora, tra i paesi più benestanti. E non certo per la politica di sinistra (allora fu De Gasperi a contrastare un comunismo che sarebbe stato devastante e a tutelare la democrazia). Oggi la Sinistra si trova in quel paradosso di cui scrive bene lei: di non essere cioè in grado di tutelare i più deboli, perché vuole tutelare gli ancora più deboli disperati in arrivo, senza controllo, da paesi che non abbiamo saputo regolare con opportune politiche estere. Completamente mancanti, in questi ultimi 20 anni. E non solo in Italia (basti vedere gli errori strategici, come quello, uno per tutti, di annientare Gheddafy).
    Ora, inutile piangere sul latte versato, lo slogan prima gli italiani, e la politica che ne deriva, tutela gli italiani più deboli da quella tensione sociale creata dall’aver messo poveri da altri paesi contro i nostri poveri e dando ai primi priorità! Demenziale!! E ora la Sinistra ne paga le conseguenze. Chi e’ causa del suo mal pianga se stesso, e si rimbocchi le maniche a porre rimedio alle conseguenze causate dalle politiche sui diritti x i diritti. Creando le tensioni sociali come quelle che stiamo vivendo. A cui non vedo rimedio se non attraverso una politica drastica che estirpi il danno creato. E’ così, purtroppo, via il dente marcio via il dolore. Lo avete voluto voi, della Sinistra, con politiche dissennate che si ritorcono oggi contro di voi, intellighenzia di sinistra un po’ radical chik, ma fuori dalla realtà del genere umano. Il mio e’ solo un parere, solo un pensiero che prova a dare una chiave di lettura, da uomo non di sinistra, al problema che enuncia lei.

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  2. beniamino-tiburzio 6 anni fa

    ” E’ questa la sola strada lungo la quale la sinistra può ritrovare la sua identità e il suo ruolo ormai smarriti.”
    Silvia ha detto la sua, il rimedio è stato trovato. Fine della trasmissione. Il problema è che di Silvia ce ne sono tante e tutte individuano una soluzione diversa. Tutte buone, tutte cattive. Nessuno vuol capire che, a parte la globalizzazione, l’Italia ha un problema a monte che tutti conoscono, tutti vorrebbero risolvere, ma che nessuno riesce a risolvere : le riforme istituzionali per rendere l’assetto dello Stato funzionale ai nuovi tempi. Renzi lo aveva capito. C’ era quasi riuscito, ma le preponderanti forze del conservatorismo si sono opposte. Si dice ormai che le ideologie sono scomparse, che non esiste più una sinista, una destra, un sopra un sotto. Sarà tutto vero, ma sarà anche vero che, se l’architettura delle istituzioni non sono adeguate ai tempi, tutte le politiche di governo sono destinate a fallire.

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  3. silvia-bianchi 6 anni fa

    Grazie Marco Baudino, il suo intervento esemplifica esattamente come funziona la narrazione della “guerra tra poveri”: si propaganda un inesistente diritto del bambino a crescere “come natura ha stabilito, con la propria madre e il proprio padre” (se questo diritto valesse, non avremmo né genitori single, né separati, né famiglie ricostituite) e lo si usa per fare la guerra ideologica alle coppie omosessuali; si diffonde la narrazione secondo la quale le tensioni sociali sono create dall’arrivo degli immigrati (mentre la xenofobia è la “valvola di sfogo” di strati sociali che non hanno più lavoro, sicurezze, tutele, che si vedono scivolare sempre più in basso, a prescindere dall’immigrazione) e così si dà forza alla politica del “prima gli italiani”. Ora quella politica sta per andare al governo: vedremo come saprà “estirpare il danno creato”, “il dente marcio”… la sinistra ora ha un altro compito, quello di ricostruire sé stessa, perché al termine degli anni di governo della destra ci sia per gli italiani un’alternativa votabile

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  4. silvia-bianchi 6 anni fa

    Io, Beniamino, non ho trovato nessun rimedio: ho indicato una strada. Personalmente credo che le riforme istituzionali non bastino per risolvere i veri problemi dell’Italia: tutto si può dire, tranne che Renzi quando era al governo non abbia potuto imporre al Paese tutte le leggi che ha voluto… eppure i problemi sono rimasti

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  5. marco-baudino 6 anni fa

    …con poca speranza, gentilissima Silvia. Vi manca il pragmatismo e l’incapacità a capire che prima dei diritti, talvolta, ci sono i doveri, con cui si potrebbero evitare divorzi e bimbi senza famiglia.
    Poi evidentemente non vuole capire le ragioni degli esempi fatti. Che non sono né omofobi né xenofobi. Ma e’ sempre così, se non la pensiamo come lei, siamo “fascisti”. E dritti a sbattere contro un muro… Povera Sinistra, che per fortuna e’ esistita x capire tante cose e prendere direzioni diverse. Ai posteri l’ardua sentenza.

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  6. annam-30 6 anni fa

    Grazie per questo bellissimo articolo che mette in forma chiara e intelligente un sentire comune che non sembra trovare facilmente le parole, i modi o anche la voglia di esprimersi. Una boccata di ossigeno, in un momento in cui parlare di cultura (nel senso più ampio del termine) in politica sembra un’eresia, quando dovrebbe essere l’inizio di ogni discorso che voglia capire davvero e cambiare il mondo in cui viviamo. E già questa è una prassi politica, ora come ora, la meno praticata e la più importante.

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  7. beniamino-tiburzio 6 anni fa

    * ” omissis…..l’architettura delle istituzioni non E’ adeguata ai tempi…..omissis “. * mi correggo (ndr).

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  8. beniamino-tiburzio 6 anni fa

    Resto dell’idea che si possano imporre ( ? c’è sempre un parlamento che legifera ) tutte le leggi che si vuole, ma quando l’architettura istituzionale di uno Stato è obsoleta tutto il resto, a cascata, non funziona. Anzi l’eccesso di leggi è uno dei mali più nefasti.

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