Varoufakis va via, arriva Euclid Tsakalotos: a Berlino lo conoscono?

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6 Luglio 2015

E così Yanis Varoufakis, il falcosi dimette da ministro delle Finanze. Lo fa dopo la conferenza stampa di ieri sera, fresco di vittoria, in cui ha ricordato come “i creditori nel giro di cinque mesi” abbiano “rifiutato qualsiasi proposta da noi presentata, avendo come obiettivo quello di diluire il tempo per far aumentare gli interessi e aggredendo le nostre banche”, dichiarando anche che “l’Europa deve iniziare a curare le nostre ferite”, laddove quel “nostre” sta ad intendere un concetto che va ben al di là dei confini greci.

Varoufakis si dimette, e per alcuni -per carità, molti- è una liberazione. Addirittura alcuni analisti inquadrano la cosa come un segno di resa, non capendo che il suo ruolo è finito qui, ed è finito con una vittoria. Una vittoria conquistata, sudata, frutto di una battaglia aspra in cui c’è stato bisogno di schivare i colpi bassi della Santa Alleanza formata dalla maggioranza degli organi di stampa europea e occidentale. Le camicie troppo stravaganti, le passioni per le moto, le malignità sulle supposte competenze carenti -alla faccia della sua oratoria e del suo curriculum- e su una poca inclinazione al lavoro: mille colpi da schivare, mille colpi schivati. Dal suo esordio in febbraio (“non trattiamo con la Troika semplicemente perché riteniamo che sia un organismo che non ha motivo di esistere”) allo smacco del 5 luglio in piazza Syntagma, dove per la prima volta un governo è riuscito nell’intento – per molti scellerato e impossibile- di far rifiutare al proprio popolo i memorandum della burocrazia economica europea. Dopodiché, il commiato. Un’eleganza politica incomprensibile verso chi -guardando casa nostra- non è più abituato alla politica, ma all’avanspettacolo, e contempla le dimissioni solo in casi di esasperato attaccamento alla poltrona, magari di fronte a scandali – solitamente richieste dagli altri, che quando finiscono nella stessa situazione non si dimettono.

Una mossa da fuoriclasse incompresa, addirittura stupidamente derisa, un’uscita di scena come a dire “vi tolgo pure l’alibi del personaggio Varoufakis e delle sue stravaganze”, quasi fosse un avvertimento in vista degli scenari futuri. Basti pensare che nel giorno delle sue dimissioni i giornali di tutto il mondo si sono affannati a rincorrerlo nuovamente, calzando su di lui mirabili ritratti a mo’ di propaganda, dipingendolo come “cialtrone” e cercando in tutti i modi di minarne il prestigio, senza minimamente comprendere che questa sua mossa -le dimissioni, appunto- ha solo acceso i riflettori su quella che per cinque mesi è parsa una campagna di sfottò degna di una gita alle medie. Ora, ai suoi saluti, Varoufakis scompare, e rimane la combriccola della gita delle medie.

L’avvertimento, dicevamo. Già, perché nel giorno dell’avvicendamento al ministero delle Finanze di Atene, tutti si sono concentrati sull’uscente, e in pochi hanno considerato il nuovo che avanza. Dunque andiamo a conoscerlo meglio.

Il suo nome è Euclid Tsakalotos, e viene presentato sommariamente dall’Huffington Post come “anti-Varoufakis, riservato e molto British”, mentre la “redazione economica”  di Panorama – a proposito, sarebbe da approfondire la questione dei pezzi redazionali non firmati sui giornali online, ma non è questa la sede – scrive che la “sostituzione” del ministro – badate bene non dimissioni ma sostituzione, avvalorato dal “Tsipras sostituisce Varoufakis” dell’occhiello – sarebbe appunto “un ostacolo rimosso” – non si sa per chi, per entrambe le parti probabilmente – e che appunto Tsakalos è “più ortodosso nei modi e nel vestire rispetto a Varoufakis, quindi più presentabile davanti alle istanze internazionali con le quali deve negoziare”. 

Più “presentabile”. Se non altro nessuno è ancora incappato nella battuta su Euclide storico, e già questo è un risultato. “Presentabile”, dicevamo. Insomma, vige la regola del colloquio di lavoro, della subordinazione inconscia. Devi presentarti bene, altrimenti non sei credibile. Anche l’inviata ad Atene per La7 oggi dichiara che “Tsipras ha fatto fuori Varoufakis”, il tutto dopo una lettera di dimissioni già ampiamente diffusa a tutti gli organi di stampa, in maniera abbastanza inspiegabile. Sarà per via della camicia, probabilmente.

Venendo a Tsakalotos, iniziamo col dire che è nato a Rotterdam nel 1960 da genitori greci, e a differenza di Varoufakis è un uomo di partito. Membro di Syriza dalla sua fondazione, è considerato un “pacato economista che ha studiato ad Oxford” da Vittorio Da Rold, che spesso e sovente citiamo quando siamo alle prese con le narrazioni elleniche degli ultimi decenni. Ha studiato ad Oxford, è nato a Rotterdam, è pacato e veste bene. Tutto lascia presagire a un cambio di mano indotto da Bruxelles, a un arretramento di Tsipras sul piano della sfacciataggine, quasi a voler presagire un definitivo ammorbidimento delle scomode istanze di Atene. In effetti la “Redazione Economica” di Panorama, tutta insieme probabilmente, ha quantomeno la lungimiranza di considerare Tsakalotos “non troppo distante dalle posizioni del predecessore”.

Non troppo distante, si dice. Più che altro, a valutare alcuni interventi di Tsakalotos (qui al Convegno del Sinn Féin sulle strategie di trattativa, lo scorso 7 marzo) e ad analizzare qualche fonte interna, direi che le posizioni sono un po’ più distanti di come intende Panorama, ma non certo a favore dell’Eurogruppo. Uomo che rifiuta etichette, professore universitario nel Kent, ortodosso nel suo approccio politico ed economico, molto attento al sociale, per nulla incline a quella morbidezza tanto auspicata dai fan dell’aplomb britannico e dai lettori così suggestionabili dal tandem Rotterdam-Oxford, che sa tanto (finalmente) di Europa istituzionale. Qui lo vediamo in un paio di suoi interventi, che credo lascino intendere abbastanza palesemente le sue idee:

Ora, l’idea che Tsipras abbia presentato un ex studente di Oxford nella fase più delicata del processo -che non possiamo neanche chiamare trattativa- pare abbia consegnato un’innata speranza nella stampa ormai all’affannosa ricerca dell’ultima stravaganza di Varou, una speranza dettata dalla moderazione nell’apparenza, alla sobrietà che così tanto piace ai palazzi d’Europa. La sensazione però è che a guardare il nuovo entrato, a Bruxelles e a Berlino possano ben presto tornare addirittura a rimpiangere Varoufakis, il falco, colui che è sceso al crepuscolo ed è volato via alle prime luci dell’alba.

TAG: alexis tsipras, angela merkel, debito greco, euro, Eurogruppo, greferendum, Tsakalotos, Ue, varoufakis
CAT: Euro e BCE, Istituzioni UE

2 Commenti

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  1. andrea.gilardoni 9 anni fa

    Varoufakis si è cavato d’impiccio dopo aver provocato il disastro. Adesso, dopo la “vittoria” più nazionalista che comunista, non saprebbe cosa fare, come non l’ha saputo per tutti questi mesi. E per quanto riguarda le dimissioni: nella lettera di Varoufakis si legge, appunto, che glielo aveva chiesto Tsipras. Quindi, si può dire che è Tsipras che se ne è liberato.
    Quanto alla “burocrazia” europea: l’unico problema per Stati come la Grecia è che in Europa l’amministrazione funziona, in Grecia (ma anche in Italia), invece, proprio no. E perché si dovrebbe accettare l’approssimazione su questioni così vitali come pensioni, tasse, debito pubblico ecc. ecc.?

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    1. nicola.mente 9 anni fa

      Il referendum del 5 luglio rimarrà nella storia come un momento unico in cui una piccola nazione europea si è ribellata alla servitù del debito. Come in tutte le battaglie democratiche, anche per il rifiuto dell’ultimatum dell’Eurogruppo del 25 gennaio da parte della Grecia ci sarà un prezzo da pagare. È essenziale, dunque, che questo straordinario capitale che il voto del NO ha affidato al nostro governo sia investito immediatamente nel SÌ ad un accordo sostenibile – che includa la ristrutturazione del debito, meno austerità, la ridistribuzione delle ricchezze a favore di chi ne ha bisogno e riforme reali.

      Poco dopo l’annuncio dei risultati del referendum, mi è stato fatto sapere che alcuni partecipanti dell’Eurogruppo e altri nostri “partner” avrebbero preferito che non partecipassi agli incontri; un fatto che il primo ministro Tsipras ha ritenuto potesse aiutarlo ad arrivare ad un accordo. Per questo motivo oggi annuncio le mie dimissioni da ministro delle Finanze della Grecia.

      Ritengo che sia mio dovere aiutare Alexis Tsipras a sfruttare, come ritiene più opportuno, il capitale che il popolo greco gli ha affidato tramite il referendum di ieri. E indosserò il disprezzo dei creditori con orgoglio.

      Chi è di sinistra sa agire nell’interesse della collettività, senza curarsi dei privilegi derivanti dalla propria carica. Il primo ministro Tsipras gode del sostegno totale mio e del nostro governo.

      Lo sforzo sovrumano per onorare il coraggioso popolo greco – e il celebre OXI (NO) che hanno donato a chiunque abbia a cuore la democrazia nel mondo – è appena iniziato.

      Dove si legge che gli aveva chiesto Tsipras di dimettersi?

      Chi ha provocato il disastro? Varoufakis o la BCE sulle banche greche? Perché l’Eurogruppo non vuole tassare né armatori, né gioco d’azzardo come ha proposto Tsipras? Perché non si vogliono rivelare i titolari greci di conti in svizzera pari a 80 miliardi di euro? Perché non si parla delle tangenti di Siemens, Daimler e Krauss-Maffei Wegmann? Perché non si parla della Deutsche Bahn, della Proton Bank di Lavrentiadis, perché non si parla dell’arresto di Zachopoulos, della mancata estradizione concessa dalla Germania per il dirigente della Siemens Christoforakos, o Karavellas? Perché la Daimler pur essendo coinvolta in un’inchiesta di gigantesca corruzione (1,14 miliardi di euro), in Germania non è stata indagata? Rispondiamo a tutte queste domande prima di parlare di “disastri” di Varoufakis. La situazione greca è molto complessa, non si può approcciare in questo modo.

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