Razzismo: cosa può fare la scuola

8 Luglio 2016

La tragedia di Fermo è una tragedia annunciata. Da anni stiamo assistendo ad una sistematica azione di imbarbarimento della vita pubblica da parte di politici, giornalisti, opinionisti, che ha reso pubblicamente tollerabile ciò che altrove susciterebbe scandalo: il dileggio pubblico, il discorso di odio, la violenza verbale verso il diverso; una violenza che è inevitabilmente premessa alla violenza fisica. Un segnale inquietante sono stati gli insulti reiterati al ministro Kyenge. Il fatto che un persona nera, e per di più donna, facesse parte del governo ha fatto venire allo scoperto quel misto di crassa ignoranza, razzismo e fascismo di cui è composto buona parte del fondo – propriamente: la feccia – della sottocultura italiana. Quel che è disperante, è la difficoltà di contrastare il razzismo montante. E’ noto il bassissimo livello culturale degli italiani, l’incapacità della maggioranza della popolazione di orientarsi nel mondo in cui vive (secondo l’indagine PIAAC dell’OCSE meno di terzo degli italiani hanno le conoscenze e le competenze necessarie per vivere in una società complessa). Un cittadino ignorante è un elettore ignorante, e un elettore ignorante elegge una classe di politici rozzi, che manipolano le paure popolari, che alimentano il razzismo, che affrontano problemi complessi ricorrendo a misere semplificazioni. Un circolo vizioso che è difficilissimo spezzare.
Da insegnante, mi chiedo cosa può fare la scuola. Provo a dare qualche risposta, con la consapevolezza che non esistono soluzioni semplici, perché la scuola stessa – e questo fa parte del processo di imbarbarimento cui ho accennato – è sempre più indebolita, depotenziata, delegittimata, ridotta a logiche di mercato che nulla hanno a che vedere con l’educazione e la formazione critica dei cittadini.
In primo luogo, la scuola può evitare di essere razzista essa stessa. L’accusa di classismo, rivolta alla scuola italiana, risale almeno alla Lettera a una professoressa della Scuola di Barbiana. Ed è una accusa tutt’altro che ideologica, che coglie un fatto oggettivo. Basta entrare in un qualsiasi liceo o in un qualsiasi istituto professionale. L’affermazione che i licei sono scuole esclusivamente borghesi può forse essere discussa: troverete sempre il figlio di operaio che ha fatto il classico o lo scientifico ed è lì a dimostravi che non è così. Ma è piuttosto improbabile il contrario: l’istruzione professionale e quella tecnica sono prevalentemente riservate ai ceti economicamente svantaggiati, a quello che una volta si chiamava proletariato. Secondo il rapporto ISTAT La scuola e le attività educative (2012). “I risultati scolastici sono correlati all’estrazione sociale della famiglia di origine: quelli meno soddisfacenti si riscontrano più di frequente nelle famiglie in cui la persona di riferimento è operaio (il 41,3% ha conseguito il giudizio “sufficiente”), lavoratore in proprio o in cerca di occupazione (37% in entrambi i casi)”. Ora, questi dati si incrociano in modo eloquente con quelli riguardanti gli studenti stranieri. Secondo il rapporto del MIUR Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi, relativo al 2013/2014, solo il 3,8% degli studenti nati all’estero sceglie il Liceo classico, contro un 39,5 % che sceglie un professionale e il 38,1% che sceglie un istituto tecnico. Nel sistema scolastico italiano gli stranieri si collocano dove si collocano i proletari. In quella fetta di sistema scolastico che fin dall’inizio è stata pensata per formare il braccio della società, non la mente né la classe dirigente.
Benché questo suo classismo sia stato denunciato da tempo, la scuola italiana non riesce ad uscirne. Non è, bisogna dire, tutta colpa sua. Molto conta la percezione sociale dell’istituzione scolastica, dell’importanza dello studio, la propensione ai lavori intellettuali, l’influenza della famiglia e delle sue aspirazioni. Ma è innegabile che c’entri anche il lavoro di orientamento dei docenti. Chi scrive negli anni Ottanta, alla fine della scuola media, fu orientato verso l’istituto professionale, nonostante una chiara, evidentissima propensione per gli studi umanistici. Era difficile, a quei tempi, pensare un percorso diverso per il figlio di un operaio. La mia esperienza di docente mi porta a ritenere che a distanza di qualche decennio queste dinamiche classiste siano ancora ben radicate in molti contesti.
Non si può dire che le scuole non facciano il possibile per accogliere gli studenti stranieri. Spesso, a dire il vero, fanno anche l’impossibile, con le scarse risorse di cui dispongono: ma non è detto che si muovano nella direzione giusta. Molto spesso, l’unica preoccupazione è quella di mettere lo studente in grado di conoscere la lingua italiana. In molte scuole occuparsi degli stranieri vuol dire esclusivamente organizzare corsi di italiano per stranieri. Se lo studente è particolarmente in difficoltà, gli si può mettere la nuova etichetta di BES, alunno con bisogni educativi speciali, e gli si offre un comodo salvacondotto, che a dire il vero permette anche ai docenti di rilassarsi un po’. Cosa manca? Manca la differenza. E’ un percorso a senso unico, che porterà lo studente a italianizzarsi, nella migliore delle ipotesi, ma senza che la scuola abbia preso nulla da lui, dalla sua cultura, dalla sua identità. Manca lo scambio. Non è detto naturalmente che accada sempre. Non mancano esperienze di integrazione reale, non mancano forme di scambio e di arricchimento. Ma mi pare che la visione dominante, nonostante le decine di volumi di pedagogia interculturale che finiscono ogni anno sugli scaffali delle librerie, sia quella. Il crocifisso alle pareti è il simbolo di una anacronistica chiusura identitaria, l’ora di religione costringe fuori dall’aula gli studenti musulmani o comunque non cristiani, mentre un’ora di storia delle religioni aconfessionale o di etica civica potrebbe essere occasione di confronto e di scambio tra culture.
La chiusura della scuola italiana non è solo confessionale. Più in generale, è semplice miopia provincialistica. Si può uscire dal sistema scolastico italiano senza aver mai sentito nemmeno nominare capolavori della letteratura universale come il Mahabharata, ignorare tutto della straordinaria cultura cinese, non sentirsi minimamente ignoranti se non si sa chi è Murasaki Shikibu. Nella scuola italiana si studia la cultura italiana e un po’ della cultura europea, tutto il resto non interessa. Il messaggio implicito è che tutto ciò che non è italiano o europeo è ignoranza e barbarie.
E veniamo al punto decisivo: lo sciovinismo. Uno sciovinismo soft, sia chiaro, non siamo mica ai tempi del fascismo. Ma innegabile. A scuola si entra gradualmente, dolcemente nella rassicurante narrazione degli italiani “brava gente”, più portati per fare l’amore che per la guerra, il popolo che ha civilizzato l’Europa e il mondo con Dante e Petrarca, Leonardo e Lorenzo il Magnifico. Non si mancherà di vantare la grandezza della cultura europea di un Erasmo o di un Comenio. Lo studente sarà un po’ confuso quando si ritroverà di fronte all’olocausto, che fortunatamente riceve a scuola tutta l’attenzione che merita, e che è un pozzo di barbarie aperto nel bel mezzo dell’Europa; ma nessuno gli parlerà – o gli parlerà con i toni necessari: non come si spiega un paragrafetto del libro di storia – del terribile genocidio compiuto dai belgi in Congo, o delle atrocità del colonialismo italiano, della vergogna dello schiavismo, della violenza e della distruzione che l’Europa ha portato nel mondo in nome della civilizzazione.
Uscire da questa narrazione è il meglio che la scuola possa fare per combattere il razzismo. La visione scolastica, che se ne sia consapevoli o meno, è ancora quella dell’uomo bianco, e segnatamente del borghese bianco. La scuola può con assoluta buona fede affermare i principi della solidarietà, della fratellanza, dell’umanesimo, trasmettendo al contempo una visione che esclude o pone ai margini della civiltà tutto ciò che è fuori dall’Europa, così come può ignorare o minimizzare il grido delle vittime di ieri e di oggi, quando sono vittime del lato oscuro dell’occidente. e’ giunto il momento di fare i conti con la nostra ombra, con il nostro passato violento, guardare coraggiosamente nei nostri limiti: del resto, è quanto ha fatto la migliore cultura europea del Novecento, dolorosamente consapevole dell’intreccio di grandezza e miseria che caratterizza la storia del nostro continente.
Ma non si tratta solo del passato. Una delle accuse che gli studenti rivolgono più frequentemente alla scuola è quella di non metterli in grado di leggere il presente. Ed hanno le loro ragioni. Ci si difende ripetendo il mantra che studiare il passato è indispensabile per capire il presente. Che è vero, ci mancherebbe: ma non sufficiente. Per capire quello che accade in Medio Oriente fa sicuramente bene conoscere la distruzione di Gerusalemme da parte di Tito, ma occorre anche conoscere la storia della formazione dello stato di Israele, la storia recente dell’Iran, con il colpo di stato del ’53, e le guerre contro l’Iraq, e così via. Un lavoro che si fa sporadicamente, magari a ridosso dell’ennesima strage, e che dovrebbe essere invece costante, organico, centrale. Ogni giorno bisognerebbe analizzare quello che accade a livello internazionale, indagarne le cause, ascoltare più voci, anche leggendo più giornali. Ogni giorno in classe bisognerebbe sfogliare Le Monde, il New York Times, il China Daily, il Times of India. Costruirsi, ogni giorno, uno sguardo ampio, generoso, capace di apertura critica, di analisi profonda, di valutazione imparziale. Un difficile lavoro politico – ma insegnare è sempre un lavoro politico – per superare l’Italietta ignorante che legge la società complessa del terzo millennio con la profondità delle cartoline africane dell’Italia fascista.

 

In copertina: cartolina colonale fascista. Fonte http://www.casoesse.org

TAG: razzismo, scuola
CAT: immigrazione

20 Commenti

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  1. umbertob 8 anni fa

    >>l’ora di religione costringe fuori dall’aula gli studenti musulmani
    Insomma per voi a parte quella cattolica esiste solo la religione musulmana. E il bello è che parlate di integrazione e scambio di culture. Esempio perfetto di ciò di cui parla Houellebecq.

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    1. naciketas 8 anni fa

      Da cosa deduci che “per noi [noi chi?] a parte quella cattolica esiste solo la religione musulmana”? avrei potuto fare l’elenco di tutti quelli che non si avvalgono dell’ora di religione, ma sarebbe stato lungo e soprattutto inutile.

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      1. umbertob 8 anni fa

        Ovviamente voi era rivolto a chi scrive l’articolo (a chi se no?) dato che commentavo una frase dell’articolo stesso. Sono molti infatti quelli che non si avvalgono dell’ora religione e per i più diversi motivi (anche strettamente personali) per questo la reductio dell’articolo è piuttosto faziosa.

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        1. naciketas 8 anni fa

          Credevo che fossero rimasti sono i miei ex studenti pugliesi, in Italia, a dare dei voi.
          Non è faziosa la pretesa riduzione: piuttosto è capziosa l’obiezione. L’articolo non è sull’ora di religione, ma sul rapporto della scuola italiana con gli immigrati. E gli immigrati non cristiani a scuola sono in stragrande maggioranza musulmani.

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  2. andrea-zengira 8 anni fa

    Non è che la scuola italiana può adattarsi agli stranieri , ne abbiamo di tantissime nazionalità , non possiamo adattarci a loro, sono loro che devono adattarsi.
    Per il resto sui libri di storia circola sempre il politicamente corretto fino agli estremi….parlano dei colonizzatori brutti e cattivi, come se questi ultimi fossero moralmente peggiori dei popoli colonizzati (che spesso invece non sono certo migliori) ma non dicono ad esempio che ci sono aree del mondo, come l’Africa subsahariana, che hanno fatto la stragrande maggioranza dei loro progressi della loro storia (non tutti ovviamente) grazie alla colonizzazione , e parlo di progressi tecnologici , medici , scientifici ed anche l’abolizione della schiavitù , visto che , se non fosse per i paesi europei, in Africa e medio oriente ci sarebbe ancora la schiavitù.
    I libri di storia sono troppo preoccupati di non offendere la sensibilità di alcuni.
    E comunque siamo in Italia , normale che la storia, la geografia, la letteratura italiana abbiano la precedenza su quelle di altri paesi, tutti i paesi al mondo agiscono in questo modo e si concentrano soprattutto su se stessi, non per niente si chiama scuola italiana , così come abbiamo la scuola cinese, la scuola pakistana ecc.ecc. Altrimenti facciamo che in tutti i paesi del mondo esistono gli stessi programmi scolastici, ma così che senso ha?
    E comunque ci sono anche molti aspetti della storia italiana ed europea che vengono trascurati e potrebbero essere studiati meglio, perché questo non l’hai scritto?

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    1. naciketas 8 anni fa

      Il tuo commento dimostra che c’era bisogno del mio articolo.

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      1. nicola-alberti 8 anni fa

        Alle scuole elementari e medie noi approfondivamo ad esempio anche la storia dei paleoveneti , cosa che in altre regioni italiane NON si faceva … Oppure andavamo ad approfondire la storia di Padova e delle sue mura … Quindi davamo più importanza alla storia locale che a quella di altre regioni italiane , se questo viene chiamato provincialismo non so cosa dire … E comunque , nonostante questo, vi sono tantissime parti della storia della repubblica di Venezia che NON vengono studiate per mancanza di tempo , approfondire di più altri paesi stranieri farebbe diminuire il tempo a disposizione per studiare la propria storia , che già non viene approfondita abbastanza

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      2. mhjjp 8 anni fa

        curioso nell’articolo si dica che bisogna parlare dei crimini del colonialismo in maniera maggiore, ma poi lo stesso autore (che usa come nickname naciketas) non dice che, negli ultimi 500 anni, la maggior parte delle persone uccise dagli europei erano altri europei … ma forse per lui contano solo i morti non-europei e non-bianchi, solo per quelli la scuola deve scandalizzarsi e considerarli in qualche modo come crimini peggiori

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        1. naciketas 8 anni fa

          Io sono per un insegnamento della storia che consideri le cose dal punto di vista delle vittime. Si sbaglia, dunque: le migliaia di morti valdesi, per non fare che un esempio, mi interessano non meno dei dieci milioni di morti fatti dai belgi in Congo; ma mi sfugge in qual senso i primi dovrebbero essere una ragione per non parlare dei secondi.

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          1. andrea-zengira 8 anni fa

            Il punto per me è che non si può arrivare ad entrare nei dettagli di tutti i massacri della storia perché non c’è tempo , quindi giusto citare certi avvenimenti, però poi cosa fai? Resti settimane e settimane sui singoli genocidi … E poi dicevi che bisogna imparare anche la cultura di paesi non europei oltre che quella nostra, ok ma allora non è nemmeno giusto parlare solo di genocidi commessi da italiani o da altri europei , per coerenza devi raccontare episodi negativi anche relativi ad altri continenti

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            1. naciketas 8 anni fa

              A scuola non si fa altro. La narrazione storica è quella del vincitore e dell’europeo. Ci si sofferma a dovere, ad esempio, sulla persecuzione dei cristiani da parte dei pagani, mentre si sorvola sulla persecuzione dei pagani da parte dei cristiani. Il problema del tempo è un falso problema. Quando lavori sulla scoperta dell’America, la puoi presentare come l’inizio di una impresa civilizzatrice o come l’inizio di un olocausto che ha fatto cinquanta milioni di morti. E’ lo sguardo che conta.

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          2. andrea-zengira 8 anni fa

            In ogni caso si parla ben poco anche dei valdesi…

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    2. nicola-alberti 8 anni fa

      Andrea zengira ha in buona parte ragione , anche se non del tutto, infatti il colonialismo non ha prodotto solo i genocidi ma anche una definizione dei confini africani tracciata a tavolino dalle potenze europee che ancora oggi causa diversi problemi , oppure anche lo sfruttamento intensivo delle monocolture coloniali di cui ancora oggi resta l’eredità , ad esempio arachidi in Senegal o caffè e cacao in Costa d’Avorio …. Tuttavia è giusto anche sottolineare che certe popolazioni hanno fatto quasi tutti i progressi della loro storia grazie all’Europa ed al contatto con essa, parlo di progressi in tutti i campi ; negli ultimi 500 anni QUASI tutto il progresso è stato compiuto dall’Europa , e guardiamo come è cambiato il mondo dal 1500 ad oggi, tutto questi cambiamenti sono incredibili … Riguardo agli stranieri nelle scuole italiane, penso che la scuola italiana debba rispettare la loro cultura , ma la nostra resta appunto una scuola italiana , in geografia sia studiano tanti paesi ma poi si approfondiscono le singole regioni italiane, non è che siccome ci sono 4 studenti marocchini in classe allora andiamo ad approfondire le regioni del Marocco … Se in una classe ci sono 6 nazionalità diverse la scuola non ha modo di adattarsi a tutte queste nazionalità

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  3. andrea-zengira 8 anni fa

    E comunque i primi due gruppi di stranieri nelle scuole italiane sono rumeni ed albanesi, cioè due nazionalità europee

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  4. andrea-zengira 8 anni fa

    “del terribile genocidio compiuto dai belgi in Congo, o delle atrocità del colonialismo italiano, della vergogna dello schiavismo, della violenza e della distruzione che l’Europa ha portato nel mondo in nome della civilizzazione.” —————-> fatti simili sono stati commessi da un pò tutte le civiltà del mondo , se qualcuno ha commesso certi fatti in misura maggiore è più che altro perché disponeva di una tecnologia migliore, questa è la verità

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    1. naciketas 8 anni fa

      Eggià, guai a parlare del genocidio dei congolesi. Dieci milioni di morti, ma in fondo niente di eccezionale, fanno tutti così.

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      1. nicola-alberti 8 anni fa

        Dal punto di vista italiano il genocidio congolese viene commesso da un re straniero (ricordo che il governo ed il parlamento del Belgio in quegli anni non avevano il controllo della colonia , era proprietà privata del re) nei confronti di una popolazione straniera e che vive in un altro continente … Se dovessimo studiare in maniera approfondita questo fatti allora si dovrebbe fare lo stesso per quanto riguarda tutti i massacri di una popolazione su un’altra che ci sono stati nella storia, compresi quelli tra le varie etnie africane , o quello accaduti in Asia e così via …. In pratica in questo modo a scuola si andrebbero a studiare solo i massacri ed i genocidi, visti i limiti di tempo … comunque si può anche accennare al genocidio congolese ma non capisco come si può pensare che ci si possa soffermare per una intera settimana nelle scuole italiane

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      2. nicola-alberti 8 anni fa

        comuque non è solo mancanza di tempo , il punto è anche che non puoi parlare solo dei massacri e genocidi di certe popolazioni e non di altre , non puoi far passare l’idea che ci siano i buoni ed i cattivi o che alcuni popoli siano superiori moralmente ad altri, magari perché si sono trovati a subire di più nella loro storia … Spesso è questione di contesto ed opportunità

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        1. naciketas 8 anni fa

          Fammi capire. A scuola fin dalle elementari si celebra ogni anno – e giustamente – la giornata della memoria per ricordare le vittime ebree dello sterminio, fin dalle elementari -.e giustamente – si insegna cosa è stato Auschwitz, fin dalle elementari – e giustamente – si mostrano film, documentari, mostre sulla shoah. Se però io chiedo di ricordare anche i dieci milioni di vittime congolesi, allora non c’è tempo ed “è questione di tempo ed opportunità”.

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          1. nicola-alberti 8 anni fa

            Il discorso degli ebrei riguarda l’Italia più da vicino rispetto ad altri massacri … In ogni caso secondo me andrebbe dedicato meno tempo di quello che si dedica al discorso degli ebrei ed andrebbe studiata meglio la storia dagli anni 50 in avanti … Inutile dedicare settimane su settimane all’olocausto e poi fermarsi al 1945 con lo studio della storia

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