A ciascuno la sua suora canterina

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30 Marzo 2017

Dominique-nique-nique s’en allait tout simplement

Routier pauvre et chantant

En tous chemins, en tous lieux, il ne parl’ que du Bon Dieu

il ne parl’ que du Bon Dieu

 

A ciascuno la sua suora canterina.

Se il pubblico dei reality  di casa nostra si è diviso sulle sorti canore di Suor Cristina, quello del cinema anni Novanta non può non riandare al gioviale faccione di Whoopi Goldberg in Sister Act.

Il mio primo ricordo in materia è legato alla suora che ci insegnava musica alle medie. Ormai anziana (ma vallo tu a sapere quanti anni aveva…) era specializzata nel suonare il pianoforte alle sue spalle con una mano sola, mentre il resto del corpo era rivolto alla classe.

Di lei ricordo principalmente un paio di cose: la prima è che per tutta una vita era stata una fervente sostenitrice del fatto che “nessuno è stonato per natura” ma proprio di fronte a un mio compagno aveva dovuto capitolare, non solo giudicandolo “melodicamente irredimibile” alla tenera età di 12 anni, ma anche dispensandolo sine die da ogni prestazione canora corale o, peggio, individuale.

L’altra cosa è che, le rare volte in cui si fidava che non facessimo un pandemonio e ci girava le spalle per suonare il pianoforte con due mani, pestava così tanto sui tasti da fare sembrare Jerry Lee Lewis un raffinato interprete debussyano.

Ma torniamo alle nostre suore canterine.

Suor Cristina appare sui nostri schermi nel 2014. L’anno prima gli appassionati di serie televisive fanno la terribile conoscenza di Suor Jude, una magnifica Jessica Lange vestita di tonaca e dubbi nella seconda serie di American Horror Story.

Insieme alle angoscianti vicende della serie, gli spettatori fanno anche la conoscenza di un motivetto, suonato fino alla nausea sul giradischi della sala comune del manicomio diretto da Suor Jude.
Si tratta di Dominique, una canzone che nel 1963 (la serie è ambientata l’anno successivo) ha ottenuto un inaspettato successo planetario – vende oltre un milione di copie e scalza Louie Louie dalla testa della classifica – dovuto al fatto che a cantarlo è una suora, tale Soeur Sourire, Suor Sorriso.

E se la storia di American Horror Story è tremenda e inquietante, quella di Suor Sorriso, sebbene meno truculenta, non è da meno.

Torniamo quindi a quel 1963.

Si chiama Jeanne-Paule Marie Deckers, la nostra suora canterina. Ha preso i voti con il nome di Soeur Luc-Gabrielle e passa le proprie giornate in un convento domenicano a Waterloo, in Belgio.
Compone e canta della canzoni semplici, per intrattenere le ospiti del convento, sola voce e chitarra (da lei chiamata “Adele”). Ha una voce dolce e angelica e un giorno le viene l’idea di incidere un disco da donare alle consorelle.
Si paga uno studio di registrazione e registra Dominique e altre canzoni.

Qualcuno alla Philips ascolta il nastro e fiuta il business: l’idea di una canzoncina dal motivo così accattivante, scritta e cantata dalla voce cristallina di una suora sconosciuta è qualcosa che può vellicare al meglio i desideri degli acquirenti.
(Non a caso, mutatis mutandis, un cantautore mediocrissimo come Giuseppe Cionfoli è riuscito negli anni Ottanta a vendere qualche bel dischetto sanremese solo per il fatto di essere un frate… ricordate?)

Gli accordi tra l’etichetta e la suora sono chiari: il disco uscirà sotto il nickname Soeur Sourire (Suor Sorriso) in Europa, sotto il più prosaico The Singing Nun negli Stati Uniti, in un continuo sdoppiamento di identità che, vedrete, è in un certo senso significativo. I proventi saranno devoluti all’ordine cui Soeur Sourire appartiene.

Quelli della Philips ci hanno visto giusto: il singolo (e anche il disco a 33 giri, che contiene altre canzoni) schizza in cima alle classifiche in America, in Australia e in molte nazioni europee, accendendo la curiosità sull’identità dell’anonima religiosa.

I patti tra la Deckers e la madre superiora sono chiari, ma le insistenze di Ed Sullivan furono tali che a Suor Sorriso viene concesso, con i buoni uffici del Vescovo che intercede, di comparire nel celebre Show, cantando in playback Dominique in collegamento dal convento in Belgio.

È boom: la MGM coglie l’attimo e produce un musical, The Singing Nun, con Debbie Reynolds nei panni della suora e una trama che ben si discosta dalla biografia della vera Soeur Luc-Gabrielle, puntando più sul giovanilista (la suora gira in vespa con la chitarra a tracolla) e sul sentimentale (c’è una accennata storia d’amore impossibile).

Il film – in Italia tradotto come Dominique – è un successo e fissa in qualche modo iconicamente l’immagine della suora canterina, non a caso omaggiata sottilmente dalla suora de L’aereo più pazzo del mondo, quella che canta Respect agli afroamericani intossicati e che impresta alla hostess la chitarra che con un colpo stacca la flebo che tiene in vita la bambina malata che vorrebbe allietare.

Nella versione italiana del film la Reynolds è doppiata dalla mitica Tina Centi (già doppiatrice di Mary Poppins e della Wendy di Peter Pan tanto per dirne un paio), ma sarà Orietta Berti a incidere una più celebre cover del pezzo per un musicarello dei fratelli Corbucci, Zum Zum Zum – La canzone che mi passa per la testa, interpretato nel 1968 da Little Tony e dalla piccola “star” dello Zecchino d’Oro, Walter Brugiolo…

E la nostra Soeur Luc-Gabrielle?

Sarebbe facile attribuire alle sirene lusinghiere del successo il suo abbandono della vita monacale nel 1966.

Non è proprio così. Jeanine lascia il convento per una profonda inquietudine personale nei confronti delle gerarchie e dei precetti ecclesiastici e prova a vedere se la carriera di cantante può proseguire.

E proseguire su binari che definire più “laici” è riduttivo: nelle nuove canzoni si mette a affrontare temi sociali con piglio sessantottino e femminista, dedicando addirittura un pezzo ai benefici della pillola anticoncezionale.

Va in tournée negli Stati Uniti, ma al suo ritorno si ritrova che, non solo la Philips le impedisce di continuare a utilizzare il nome di Suor Sorriso.

Suor Sorriso non esiste più. È morta, come si affretta a dirci la nostra Luc Doninique – nuovo nome d’arte – in questa canzone:

Piuttosto profetica a dire il vero, perché senza la particolarità dell’abito monacale il personaggio di Luc Dominique non interessa più nessuno, le sue posizioni “progressiste” le valgono anche qualche cancellazione di concerto e insomma, la possibile carriera di cantante senza velo finisce praticamente senza essere nemmeno incominciata.

Seguono anni di depressione e di difficoltà e nei quali consolida l’amicizia con un’altra ex suora, Jeanine Decker, con cui instaura anche una relazione sentimentale (molto discussa) e si dedica a gestire una scuola per bambini autistici.

Ma i guai non sono finiti: il fisco belga pretende da lei tasse su introiti di Dominique di cui la nostra non riesce a dimostrare come siano in realtà stati devoluti al convento e questo porta alla chiusura della scuola e a un ulteriore deteriorarsi della sua stabilità psicologica.

Il giornalista belga Gilles Verlant tenterà il rilancio della canzone Dominique  in un remix dei primi anni Ottanta, ma il 29 marzo del 1985 Luc Dominique e Jeanine Decker si suicidano assieme, con un mix letale di barbiturici e alcol.

Il crocifisso stretto al petto, una lettera in cui chiedono di essere seppellite insieme.  La storia di questa donna sfortunata finisce qui, a soli 52 anni.

Negli ultimi anni questa vicenda ha incuriosito il mondo del teatro e del cinema: Roger Deutsch le ha dedicato un primo biopic nel 2001, con Ginevra Colonna, mentre nel 2009 sarà il belga Stijn Coninx (autore anche di un film su Rocco Granata!) a dirigere la brava Cécile de France nel ruolo di Soeur Sourire.

La vicenda di Jeanne-Paule Marie Deckers ha in sé qualcosa di tragicamente significativo. Al di là della drammaticità degli eventi in sé, fa riflettere su come una serie di contrasti sociali e culturali del secondo Novecento (il rapporto con la Chiesa, la libertà sessuale) si intrecci con le dinamiche della società dello spettacolo e del profitto (le questioni economiche e produttive, il “voyeurismo” rivolto prima alla sfruttabile freakerie della suora che canta, poi relegato alla piccineria dei pettegolezzi sulla relazione omosessuale).

E la stessa Dominique, motivetto che da piacevole diventa anche rapidamente fastidioso – e inquietante come il perfetto utilizzo in American Horror Story suggerisce – sembra assumere un ruolo emblematico, tra innocenza perduta, ridicola filastrocca e nenia presaga che nemmeno nei thriller argentiani degli anni ’70…

A ciascuno la sua suora, dicevamo all’inizio.

Cristina Scuccia, Suor Cristina, funziona come freakerie nella seconda edizione di The Voice Of Italy (dove è decisivo anche il contrasto con il suo caposquadra, il rapper J-Ax) e quando si tratta di incidere un disco, la trovata è quella di farle reinterpretare il successo di Madonna, Like A Virgin (suora/Madonna/vergine, cortocircuito buon al massimo per le pagine di DiPiù) e ambientando il video nella stessa Venezia in cui venne girato il video della più provocatoria Ciccone.

Poi? Il sito ufficiale di Sister Cristina è fermo al novembre 2014 (annuncia la partecipazione a Che Tempo Che Fa) e negli ultimi tempi si è dedicata al musical, prima partecipando a un allestimento di Sister Act e poi trovando una parte in Titanic. Che non è che faccia una bella fine se non sbagliamo…

Un giretto su YouTube vi farà scoprire quante suore continuino a dedicarsi al canto e allo spettacolo con successo, dalle eteree Benedictines Of St. Mary a questa buffa triade introdotta da Ellen Degeneres in risposta alla nostra Cristina.

Ah, ma forse state ancora fischiettando Dominique

TAG: costume, film, Musica, orietta berti, suor cristina, suore
CAT: Musica

3 Commenti

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  1. andrea-lenzi 7 anni fa

    Donne che mortificano la loro femminilità e vita in un sacco di patate, come le loro folli colleghe islamiche, in nome di una superstizione religiosa che è dichiaratamente maschilista.

    Senza il condizionamento che tutti subiamo a partire dal battesimo, catechismo, comunione, papa in tv ogni 3 secondi, film e telefilm, ci sarebbero meno cattodementi in un sacco di patate e più collaboratrici di Emergency, più ricercatrici, più dottoresse, più donne che fanno del bene senza bisogno di una superstizione alle spalle

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  2. paolomix 7 anni fa

    Certo… la colpa è delle 700.000 suore sparse nel mondo se non ci sono abbastanza collaboratrici di Emergency, dottoresse o ricercatrici…
    È bello notare come gli atei rispettino la libertà degli altri di credere in quel che vogliono!

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  3. paolomix 7 anni fa

    Quando si scrive di ciò che non si conosce… succede che le motivazioni che attribuiamo a determinate scelte non sono altro che le motivazione che spingerebbero chi scrive a fare certe scelte (rivelando così la sua natura interiore) ma di certo non sono le motivazioni del soggetto di cui si parla!

    PS: giusto un retroscena riguardo la scelta di Like a Virgin (cose pubbliche reperibili sui canali social ufficiali che sono aggiornatissimi, a differenza del sito). Siamo ad Agosto 2014, Suor Cristina sta scegliendo le canzoni per il suo primo disco che uscirà da lì a poco… ascolta per caso lime a Virgin nella versione di Amos Lee (cercatelo pure) e piacendole l’arrangiamento ne legge il testo alla luce della sua sensibilità!

    Il brano viene pubblicato e una persona qualunque che un po’ conosce il testo di Like a Virgin, ossia Billy Steinberg (che è colui che l’ha scritta la canzone insieme ad altri tre a quattro successi planetari giusto per dire) dichiara in una intervista che lui aveva scritto quel testo pensando proprio all’interpretazione data da Suor Cristina trent’anni dopo e che hai tempi dovette cambiare arrangiamento e darne una visione diversa (quella di Madonna) perché altrimenti nessuno gliela avrebbe pubblicata (anni 80… Stati Uniti… il contesto è importante).
    A conferma di ciò Billy Steinberg è volato in Europa con la moglie per incontrare privatamente a Nizza Suor Cristina e ringraziarla per aver ridato al suo testo quell’intervista zone con cui lui lo aveva scritto… ossia la capacità dell’amore di rigenerare le persone e riscattare la propria vita!
    Ma questo è solo giusto per parlare…
    Saluti!

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