Giorgio Prette è uscito dal gruppo: “Vi racconto il mio addio agli Afterhours”

5 Novembre 2014

I bene informati avevano già capito che qualcosa stava per succedere, ma l’annuncio ufficiale è stata una piccola bomba nel mondo del rock italiano: Giorgio Prette, lo storico batterista degli Afterhours lascia la band dopo 25 anni, e racconta in esclusiva a Gli Stati Generali il suo addio, il suo futuro, e un quarto di secolo della storia del rock italiano.

Lascia la band guidata da Manuel Agnelli per dedicarsi a altri progetti musicali, una di quelle motivazioni che sembrano certamente legittime, ma tra le righe delle quali i fans cercano di scorgere sempre “altro”.

Viene spontaneo chiederti subito: cosa è successo?

Niente di improvviso o clamoroso, è una decisione che, come immagino si possa capire, non nasce da un giorno all’altro, ma è il frutto di un’evoluzione – o se vuoi di un’involuzione – del mio percorso con gli Afterhours, di una storia che è durata ben 25 anni, praticamente metà della mia vita.

Per capire meglio si deve andare all’inizio di questa avventura, a come è nata, frutto della passione e delle serietà che sono con il tempo diventate un vero lavoro, un lavoro che, per come sono fatto io, non è qualsiasi, ma vive dell’energia, dell’equilibrio tra tutti i fattori, dello stato d’animo. In 25 anni di alti e bassi uno mette chiaramente in conto che ce ne siano tanti, ma comunque si cresce, le vite si delineano e si arriva a un punto in cui si è meno disposti al compromesso.
Negli ultimi due anni mi sono successe molte cose a livello personale, non ultima quella di diventare papà, e senti l’esigenza di essere pienamente padrone delle tue scelte, di non dipendere da esigenze altrui.

E anche dal punto di vista artistico, più si va avanti, più diventa difficile fare cose gratificanti. Credo che “Padania” nel 2012 sia stato un punto d’arrivo, oltre il quale è difficile andare, a meno di non prendersi una pausa, cosa che non ci siamo mai potuti permettere, per ragioni di pura sopravvivenza.
La decisione quindi si è resa evidente l’anno scorso, ma poi c’erano gli impegni per la promozione dell’edizione speciale di “Hai paura del buio?” e quindi l’ho resa pubblica solo ora.
Tengo comunque a precisare che non sono stanco, né stufo di suonare, ma ho solo voglia di nuove strade.

Difficile chiederti in poche parole un bilancio complessivo di questi 25 anni, ma vorrei farti scegliere qualche canzone cui sei particolarmente legato e qualche momento che ritieni tra i più significativi di questa avventura con la band.

Come prima canzone scelgo Voglio una pelle splendida.

Per quanto riguarda i momenti direi innanzitutto quello pionieristico primi anni Novanta, prima ancora di cantare in italiano: un’avventura giovane, piena di energie che se ci ripensi sembra quasi improponibile, per molte cose, per le spese che avevamo, per il fatto di viaggiare per tutta Italia con gli strumenti su due Fiat Uno…

Il secondo momento è quello tra il 1997 e il 1998, con “Hai paura del buio?”, disco che ci ha fatto fare un salto di visibilità e di numero di pubblico nei concerti, un salto che ci ha portato finalmente a fare solo questo nella vita.

Il terzo si colloca tra il 2006 e il 2010, direi, a partire dai tour in Europa e negli Stati Uniti, tour che ci hanno rigenerato e permesso di arrivare fino a oggi. Trovarsi di fronte a un pubblico che non sa chi sei, non beccando un soldo ci ha fatto tornare indietro a quando avevamo 25 anni e mi ha fatto capire che il motivo per cui facevo tutto questo non era mai cambiato.
Sono cose che non si possono mai dire, ma ho l’impressione che senza quei tour la mia avventura con gli Afterhours avrebbe potuto finire anche prima.

Leggendo i commenti su Twitter dei fans degli Afterhours si percepisce che, al di là del dispiacere affettivo per la tua decisione, anche a livello artistico la cosa lascia un segno profondo. Te ne cito qualcuno:

In pratica è finita un epoca (bella, ma è finita). #ciaogiorgio #prette #chiarriva
ci mancherà questo sound #prette ma the show must go on
Prette esce dal gruppo. Se cambia il batterista, cambia il sound. È matematica

Guarda questa è certamente la gratificazione più grande per me. Essere un batterista è una condizione che può anche portare a delle limitazioni e ancora di più per un musicista come me, autodidatta, che è non mai stato un funambolo della tecnica. Quando non sei un batterista tecnico, la tua carta vincente è quella di creare uno stile unico.
Il secondo brano che scelgo è La sottile linea bianca

Ma Manuel Agnelli come ha preso la cosa?

Conoscendomi da un quarto di secolo sa bene che non si tratta di una scelta impulsiva, per cui non credo sia stata una gran sorpresa per lui, anche se mi ha detto di pensarci bene. Io avevo proposto di prenderci tutti una pausa, ma non si è riusciti a farlo purtroppo, per questioni contingenti. Alla fine… Cose semplici e banali, come la canzone, scegliamo questa ora…

Quanto l’evoluzione del suono degli Afterhours e quella tua personale sono andate insieme in questi anni?

Non ho mai avuto la sensazione che non andassero insieme, sono cresciute certamente in parallelo, con le loro imperfezioni che poi sono sparite o diventate punti di forza. Credo che la svolta sia coincisa con “Germi”, disco di transizione, ma importantissimo per un’evoluzione che ha portato poi a “Hai paura del buio?”. Da “Germi” mi va di scegliere Siete proprio dei pulcini.

In questi giorni anche i Perturbazione hanno perso per strada qualche pezzo, con l’abbandono da parte di Gigi Giancursi ed Elena Diana. Semplice coincidenza o segno dei tempi?

(ride)
No, dai, semplice coincidenza, di certo. Tra l’altro non lo sapevo e l’ho scoperto proprio ieri, leggendo i commenti sul web che riguardavano la mia scelta!

Sarà mica Sanremo che porta sfiga al rock italiano?

Casomai porta male a chi lo vince! Se pensi che Vasco è arrivato ultimo e non fummo subito eliminati, pur vincendo il Premio della Critica.

Ma cos’è poi Sanremo? Un passaggio obbligato, la perdita dell’innocenza, un momento come un altro?

Passaggio obbligato non direi, perdita dell’innocenza nemmeno. È un momento certo, magari non proprio come un altro, dato il pazzesco circo mediatico che ci gira intorno, ma se lo fai con lo spirito giusto non è male. Non so se lo rifarei, ma mi sono divertito come un matto, anche perché mio papà è cresciuto a Sanremo, è un posto che conosco.

Molti dicono dell’emozione di Sanremo e io sono pure una persona emotiva, ma sinceramente io quella tremarella alle gambe non l’ho sentita all’Ariston e mi viene da pensare che le gambe tremino a chi è salito magari solo su quello di palco, che alla fine il Teatro ha le dimensioni di un piccolo cinema e basta solo non pensare a che oltre dieci milioni di persone ti stanno guardando…

Per la prossima canzone, scelgo Ci sono molti modi

A questo punto direi che è doveroso chiederti quali siano questi progetti cui stai per dedicarti.

Approfitto di questa tua domanda per chiarire una cosa sul comunicato che è uscito sulla mia decisione. Qualcuno ne ha criticato la freddezza, ma alla fine un comunicato è un comunicato, è freddo per forza, io non ne sentivo nemmeno la necessità, ma la band ha voluto farlo e allora abbiamo deciso insieme che fosse semplice e di poche parole.
Per quanto riguarda i progetti, saranno musicali e non. Di un progetto musicale è troppo presto per parlare, ci sto lavorando ma è davvero troppo presto. Per il resto ho voglia di restare aperto a 360 gradi, con orecchie e occhi bene aperti e voglio continuare a impegnarmi con Soleterre Onlus, con cui facciamo delle incursioni musicali in un reparto di oncoematologia pediatrica

Ci sono band italiane, magari giovani, che ti piacciono e in cui ritrovi l’energia degli Afterhours dei momenti migliori?

Questa domanda mi imbarazza sempre, perché ogni volta mi scordo di qualcuno e non voglio fare torti. Non da oggi, la mia band preferita sono i Verdena, poi certamente il Teatro degli orrori e Giuliano Dottori, Vasco Brondi per come osa, ma non voglio sbilanciarmi troppo, anche perché le cose nuove passano per il web e io ho un rapporto un po’ faticoso con la rete, quindi rischio di essere meno aggiornato di quanto potrei.

Non ci resta che farti i migliori imboccallupo…

Grazie mille, anche se comunque non è morto nessuno, eh (ride).
Certo non è una scelta facile, perché ho cinquant’anni e mi devo proprio reinventare, dal momento che sarà improbabile che io possa tornare a guadagnare abbastanza con la musica. Lo dico perché anche al livello degli Afterhours oggi le cose non sono per nulla facili, magari la gente crede che facciamo una vita lussuosa, ma non è così, ci si sta dentro appena.
Comunque la priorità è quella di riappropriarmi della musica a livello puro, non solo come lavoro.
Per salutarci scelgo Quello che non c’è

TAG: afterhours, giorgio prette, manuel agnelli
CAT: Cultura, Musica

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...