Il “comunicazionismo” del MoVimento 5 stelle

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9 Luglio 2015

di Massimiliano Panarari

Il cielo sopra Atene arride alle forze euroscettiche e anti-euro (o, in maniera più sfumata, a quelle critiche nei confronti del funzionamento istituzionale e della “strutturazione” della moneta unica dell’Unione Europea). Tra cui, naturalmente, il Movimento 5 Stelle, il quale ha spedito in viaggio nella capitale dell’Oxi alla Trojka il suo “gruppo di vertice” – utilizziamo questa espressione “per capirci”, anche se la mancata istituzionalizzazione e formalizzazione di un organigramma dirigente interno rappresenta un’altra delle particolarità della forma-partito, anzi dell’informe-non partito messo in pista, con ragguardevole successo elettorale, dai “dioscuri” Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Un episodio emblematico di questa dimensione di (voluta) incompiutezza (come pure di molti altri aspetti che definiscono la natura di ircocervo del “partito non-partito”) si è svolto recentemente, tanto dirompente da aver indotto alcuni osservatori a parlare di un nuovo episodio del processo di rappel à l’ordre (in senso partitico) del pirotecnico movimento.

E, tuttavia (se ci è permessa questa considerazione non propriamente scientifica), “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”, e la matrice originaria del M5S (che coincide con una fortissima personalizzazione della leadership nel momento davvero decisivo del decision-making: sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione…) ha preso, come di consueto, il sopravvento. E, in questo, il Movimento di Grillo e Casaleggio (affiancati dal cosiddetto “direttorio” – nomina sunt consequentia rerum..) si conferma l’organizzazione politica più sintonizzata sulla centralità della campagna permanente dopo la pionieristica Forza Italia del 1994 (a cui ComPol ha recentemente dedicato un seminario).

Il Movimento è quello che potremmo definire come un iperpartito della comunicazione (ovvero, un partito integralmente communication-centered), e lo ha appunto ribadito il “colpo di mano” di Casaleggio che ha salvato dal licenziamento Ilaria Loquenzi, la contestata responsabile dell’immagine e delle relazioni esterne del gruppo pentastellato della Camera, oggetto nell’occasione precedente di una sorta di voto di sfiducia da parte dell’assemblea dei cittadini-deputati. Anzi, la rilevanza del “comunicazionismo” quale dna e spina dorsale di questa formazione postideologica (e trasversale sotto il profilo del consenso elettorale) appare perfino, a ben guardare, superiore al caso di Forza Italia, che era un “blocco sociale + la comunicazione”, mentre nel caso dei pentastellati il blocco sociale non appare identificabile con precisione, e si rivela intermittente e variabile.

In buona sostanza, il “comunicazionismo” (ideologia della comunicazione) appare quale fondamento autentico di questa formazione, che conduce battaglie di opinione, spettacolarizzate nella forma e single-issue dal punto di vista dei contenuti (che alla comunicazione devono per l’appunto tanto, se non tutto). Il M5S è una sorta di “raggruppamento rizomatico della propaganda 2.0”, come dimostrano la sua nascita significativamente debitrice del web (seppure non in via esclusiva) e le varie traversie intorno ai responsabili della comunicazione dei drappelli nelle istituzioni (Loquenzi è la terza figura chiamata a ricoprire tale incarico dall’arrivo alla Camera del Movimento). Perché la battaglia (sottotraccia) per l’autonomia e l’emancipazione dei leader “nativi 5 Stelle” nei confronti della coppia dei diarchi-fondatori si combatte proprio sul terreno di chi controlla l’immagine dei gruppi parlamentari e del “partito-non partito”.

@MPanarari

TAG: movimento 5 stelle
CAT: Media

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