“Non ne sarei capace”

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17 Dicembre 2015

A quanto pare, Berlusconi ha fatto testare il gradimento di Bruno Vespa come candidato a Sindaco di Roma per il centrodestra. Una candidatura inclusiva, trasversale, catch-all (piglia-tutti) che avrebbe potuto risolvere parecchi problemi alla coalizione (se esiste). Un nome noto, popolare, unificante (Meloni ha già detto che lo voterebbe) e in grado di prendere voti lungo tutto lo spazio politico, proprio in quanto “non politico” (di professione). Una scelta che tirerebbe fuori dalle “sabbie mobili” tutti i partiti di centrodestra, insabbiati appunto sul dubbio “Marchini si” (Berlusconi), “Marchini no” (Meloni), “Marchini boh” (Salvini).

E invece, il candidato in pectore ha detto pubblicamente “no, grazie”. L’ha fatto con un tweet, come si conviene nell’era renziana.

 

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La risposta di Vespa è molto interessante, sotto diversi profili.

In primis, perché è una rinuncia a una candidatura che fino a qualche anno fa sarebbe stata forse impensabile. Il Sindaco di Roma era – secondo molti addetti ai lavori – più importante di un ministro. Non a caso, Rutelli e Veltroni come passo successivo furono candidati a premier, sebbene in due elezioni per certi versi perse in partenza, specie quella del 2008. Oggi fare il Sindaco di Roma implica quasi esclusivamente rogne, insulti, impotenza e avvisi di garanzia.

In secondo luogo, il tweet di Vespa merita attenzione perché in un’era di narcisi e tuttologi, in cui il performing-self(ie) è diventata l’unica certezza, c’è ancora qualcuno che pubblicamente riconosce di “non essere capace”. Qualcuno potrebbe pensare che sia in realtà una risposta di comodo, per mascherare il fatto che l’anchorman della Rai andrebbe a perdere un sacco di soldi facendo il Sindaco di Roma e rinunciando a diversi anni di Porta a Porta. Magari è anche vero, fatto sta che in un’epoca in cui tutti credono di saper fare tutto e di conoscere tutto, un personaggio pubblico che dice “non ne sarei capace” fa notizia.

Il che apre a un’altra considerazione, che investe la politica e la società italiane. Perché Berlusconi vuole Vespa? Perché è noto, trasversale e “pop”, certo. Ma soprattutto perché è “civico”, cioè non è un politico. E perché tutti i partiti cercano candidati civici a più non posso? (Sala, Gabrielli, Marchini, Vespa, Malagò…) Perché la politica (di professione) si è suicidata. Un suicidio, tuttavia, ampiamente assistito da quello che Mauro Calise nel suo ultimo libro (di prossima uscita) chiama il “Fattore M”, ossia Magistratura e Mass Media. Due poteri irresponsabili in senso tecnico, cioè che non sono chiamati a rispondere di ciò che fanno, non hanno problemi di accountability nei confronti degli elettori, e che hanno distrutto gradualmente ogni legittimazione e fiducia negli altri due poteri dello Stato (legislativo ed esecutivo), che invece devono rispondere di ciò che fanno. Ma anche di ciò che non fanno, molto spesso, dato che un avviso di garanzia distrugge carriere politiche e un’assoluzione non le fa resuscitare. E ciò avviene esattamente a causa del Fattore (o Circuito) giudiziario-mediale che investe l’emozione pubblica e (s)forma le opinioni al punto che quando un politico viene assolto o prosciolto resta comunque un politico finito. Tradotto, diamo più fiducia alla magistratura quando indaga (prima di accertare i fatti) che  quando giudica (dopo aver accertato i fatti). Se non è emozione pubblica questa…

Questa totale delegittimazione autoalimentata (C. Salmon la definisce “cerimonia cannibale”) da una politica sempre più esposta e sempre più debole, spinge quasi tutti a riversarsi su candidature “civiche” per il semplice fatto che non esistono più politici “spendibili”. Nella migliore delle ipotesi sono molto “divisivi”, nella peggiore (e più frequente) sono percepiti come impresentabili.

In virtù di questa degenerazione, la politica si presenta oggi come l’unico settore della società in cui non solo non è richiesta alcuna competenza, ma l’eventuale competenza acquisita rischia addirittura essere un problema anziché una risorsa. Prova ne è la procedura di selezione per il Sindaco e i Consiglieri di Roma del Movimento 5 Stelle, che vede tra i prerequisiti necessari non aver fatto alcun mandato e non essersi mai neanche candidati.

Ecco, in questo scenario, Bruno Vespa – che conosce politica e istituzioni molto meglio di tutti coloro che gli stanno scrivendo “ma chi ti voterebbe” e che si sentono senz’altro in grado di fare il Sindaco di Roma – ha detto “non ne sarei capace”.

E per me quel tweet, nel suo piccolo, è una grande boccata d’ossigeno. 

TAG: bruno vespa, elezioni, italia, movimento 5 stelle, Roma, silvio berlusconi
CAT: Partiti e politici, Roma

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