Sono un cittadino di merda perchè da piccolo ho visto i canali Mediaset

31 Luglio 2019

Dunque, si deve solo a una mera questione anagrafica se due menti superlucide come Natalia Aspesi e Francesco Cossiga, ch’ebbero per Beautiful, sdolcinatissima soap che spopolò per lustri sulle reti Fininvest, autentica dipendenza, non si ridussero a poveri rincoglioniti e per giunta col marchio populista. Perchè bearsi dei programmi del Cav. negli anni ‘80-90 poteva costare molto caro, se proprio in quel periodo eri bambino o al massimo adolescente, dunque mentalmente ancora in fase evolutiva, mentre l’avresti sfangata se ci atterravi in tempi più maturi, come capitò appunto ai due arzillissimi vegliardi di cui sopra che, un bel giorno, confessarono addirittura di spegnere i telefonini in quella mezzoretta post prandiale, in cui Ridge e Brooke amoreggiavano, per schizzare eventuali disturbatori.

A questa conclusione, dopo attentissimi approfondimenti, sono arrivati tre agguerriti ricercatori universitari, Ruben Durante, Andrea Tesei e Paolo Pinotti, tre buoni italiani, che sull’asse Barcellona-Londra-Milano hanno costruito questa teoria politico-evolutiva, che poi ha visto la luce sull’American Economic Rewiev e ripresa nientemeno che dal Washington Post. Per indagare, a ritroso, le cause che hanno ispirato l’idea di una ricerca in qualche misura così stravagante ma dettagliata, si può forse ipotizzare che i tre, probabilmente sull’onda di un’amicizia più antica, debbano essersi interrogati sui motivi che tendevano innanzitutto a escludere sé stessi dal mazzo degli indagati, pur essendo, per età, sulla quarantina, perfettamente compatibili con il centro dei loro studi. E furono probabilmente buoni genitori, non come i nostri che ci lasciarono liberi di danneggiarci, ad avere per i loro pargoli un trattamento di attenzione, alzando muriccioli protettivi evitando, come scrive il Washington Post analizzando la ricerca, che “una maggiore esposizione ai programmi frivoli di Mediaset” li portasse “successivamente a un maggior sostegno ai candidati populisti che comunicavano con messaggi semplici e davano risposte facili ai problemi” (esattamente quello che dovrebbe fare il Partito Democratico, ma questa è un’altra storia).

La teoria dei nostri tre studiosi in qualche misura supera e ricomprende il lungo dibattito che ha accompagnato molti dei nostri anni berlusconiani, laddove si dibatteva il tema ardito e in qualche misura ancora non risolto del contributo dei telegiornali Mediaset e della personalissima esposizione dei volti celebri del Gruppo alla formazione del consenso elettorale. I tre fanno capire che questi due elementi, che  abbiamo creduto sin qui dirimenti, rispetto al nodo centrale della ricerca, che invece riguarda il livello modesto, se non proprio osceno, dell’offerta televisiva sono questioni molto marginale. La vera questione è, semmai, aver “catturato” i bambini di quella epoca, educandoli al peggio, all’assenza di responsabilità, a una narrazione extra-realtà dove il mondo era tutto rosa e forse anche a pois. In questo modo prendendoli per mano, facendo firmare a genitori irresponsabili una “liberatoria” a futura memoria, quando un bel giorno tutti quei bei pargoli si sarebbero trasformati in populisti in purezza. Una staffetta Forza Italia-Movimento Cinquestelle che neppure la sceneggiatura di «1994» (da un’idea di Stefano Accorsi) avrà lontanamente immaginato.

I nostri ricercatori quarantenni hanno dunque scagliato un sasso in uno stagno vecchio, rimodellandolo a nuova visione. Chissà se si sono chiesti se dare un giudizio di merito a quei vecchi programmi Fininvest potesse equivalere a trinciare un giudizio morale anche su tutti quelli che amabilmente ne avevano condiviso la visione, rispolverando per l’occasione il vecchio e mai sopito assunto di una superiorità morale della sinistra. Ma come si sono protetti da una possibile accusa? Usando, racconta il Washington Post, “le recensioni dei critici e le valutazioni della Motion Picture Association of America, l’organizzazione statunitense dei produttori cinematografici, per dimostrare che la programmazione di Mediaset era di qualità inferiore. Hanno anche scoperto che l’effetto dei programmi televisivi di basso livello sul risultato elettorale aumentava di quasi il 10% nei due settori della popolazione che li guardavano di più: i bambin sotto i 10 anni e le persone sopra i 55. Con il passare del tempo, entrambi i gruppi arrivavano a sostenere i politici populisti, anche se pre motivi diversi”.

E qui arriviamo all’apoteosi, dove il nostro professor Durante ci dice che i giovani che avevano visto i programmi Mediaset negli anni della loro formazione “erano meno evoluti dal punto di vista cognitivo e mostravano meno impegno civile”. In buona sostanza, un po’ ritardati rispetto a dei pari età che, scrive il Washington Post, ”in quel periodo avevano avuto accesso solo alla tv pubblica e alle emittenti locali».

Nel trattare un tema così delicato, non emerge semplicemente una questione etica, che vista così appare già violenta e inaccettabile, ma addirittura antropologica, lasciando sullo sfondo l’idea di un progetto messo a punto da un gruppo come Mediaset, volto a modificare i tratti distintivi dell’elettore partendo da una sua ”costruzione” televisiva nei primi anni di età.

Ma poi, per venire incontro ai nostri ricercatori universitari, se per diventare cittadini di merda (perchè questo pare di capire è il parallelo con i cittadini populisti), basta guardare dei programmi di merda, beh qui allora la faccenda si complica, e ne parlerei da un punto di vista strettamente personale, perchè il povero scrivente ha formato e fondato le sue convinzioni politiche sulla visione rapita di Giorno Mendella e Wanna Marchi (la seconda, cari Ruben, Andrea e Paolo certamente la conoscete, del primo ve ne consiglio i reperti d’antan). Non vi dirò naturalmente cosa sono diventato, ma potete immaginarlo.

 

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CAT: Partiti e politici

4 Commenti

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  1. fabio.bettoni 5 anni fa

    Non pensi che i tre studiosi adesso dovrebbero iniziare a lavorare sulle cavie del ventennio defilippiano ?
    …. visto che la prima stagione di Uomini e Donne è del 1996, voglio sapere se questa generation è più degeneration della mia.

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  2. michele.fusco 5 anni fa

    Mi pare che tu abbia pienamente diritto alla verità. Grazie e a presto

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  3. evoque 5 anni fa

    Anche una persona di spessore come la Aspesi guardava Beautiful? Immagino che abbia guardato solo quello. Mentre ben altro è stare sintonizzati per ore e ore (tipo le casalinghe disperate…) su programmi in cui le riprese andavano dal culo all’inguine e alle tette. La faccia poteva benissimo non esserci.. Sulla qualità dei programmi Mediaset, giusto ieri, ho rivisto una trasmissione della Tv svizzera su alimentazione / bambini e adolescenti in rapporto agli spot televisivi infarciti di merendine e junk food in genere che ossessivamente abbondano nelle trasmissioni per ragazzi.. Ebbene, il direttore di Italia Uno di allora, dopo avere cercato di arrampicarsi sugli specchi, ammise candidamente che, essendo Mediaset una tv commerciale è esclusivamente interessata al commercio. I programmi sono solo un riempitivo fra uno spot e l’altro. Ma questo lo dico io.

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  4. marco71-ngi-it 5 anni fa

    La partenza è sbagliata. Ridge andava in onda sulla rai, solo 4 anni dopo approdò a mediaset.
    Il discorso poi fila, con la tv ci hanno rincoglionito, ma non ai semplici fini elettorali pro Cavaliere, ma in senso assoluto ed i programmi attuali sono ben peggiori di Beautiful.
    Per le TV si tratta solo di audience e di soldi, nessuno può mostrare di giorno i programmi notturni educativi della Rai, la conseguenza sarebbe il fallimento della TV stessa, piuttosto dovresti ricercare il mandante di tutte queste trasmissioni a livello più alto, Berlusconi era ed è solo un affarista che pagava e paga anche i nemici pur di fare ascolti (ad esempio Santoro).
    Ma piuttosto, chiediamoci perché noi richiediamo questo genere di programmi, altrimenti il grande fratello affondava alla terza edizione (passata pa novità io abbandonai li, dopo alti e bassi in cui vedevo e non vedevo il programma).

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