Provax, novax: il pollaio televisivo è funzionale agli interessi degli editori

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13 Dicembre 2021

In questo tempo complicato e pandemico c’è una questione di fondo che a mio avviso a molti sfugge: a quanto e a cosa siamo disposti a rinunciare in termini di diritti costituzionalmente garantiti, di sicurezza individuale e privacy per tutelare il sistema economico finanziario che governa il nostro modello di vita capitalistico?  E in subórdine: per quanto tempo siamo ancora disposti ad accettare la funzione ancillare del Parlamento rispetto al potere esecutivo?

Quanto siamo disposti a concedere dei nostri diritti inviolabili – sotto la fortissima pressione psicologica esercitata quotidianamente dai mass media ormai da quasi due anni – sotto la minaccia della Pandemia? 

La nostra soglia di tollerabilità quanto è alta, dinnanzi ad un modello di democrazia che scivola inesorabilmente verso quella forma di governo che Eduardo Galeano definì democratura?

Queste sono le domande alle quali tutti dovremmo provare a dare una risposta, spogliandoci dei pregiudizi e posizioni cristallizzate, possibilmente anche con il contributo del sistema dell’informazione.

Non c’è relazione alcuna tra il mio interrogarmi sulla qualità del bilanciamento tra diritto alla salute e diritto alla libertà e le demenziali posizioni antiscientifiche e complottiste di una manciata di “autentici” no-vax, compresi in una forbice tra il 3,5 e il 5% degli attuali non vaccinati. 

Pro-vax, no-vax: il pollaio televisivo è funzionale agli interessi degli editori ma va contro quelli del cittadino/telespettatore.

Chiedetevi perché nei diversi talk show venga messo in scena lo scontro tra posizioni polarizzanti – spesso con personaggi che sembrano usciti dal teatro dell’assurdo – invece di fornire vera informazione di servizio pubblico. Cui prodest? Naturalmente alle casse degli editori delle varie emittenti ed alla raccolta pubblicitaria delle singole trasmissioni di infotainment politico. Ovvio! L’audience (e i soldi della raccolta pubblicitaria) li fai col pollaio, con lo scontro tra posizioni contrapposte sapientemente alimentato dal conduttore.

Io credo sia nostro dovere praticare il dubbio, sempre, e attuare una logica stringente alla realtà che ci circonda. 

In una condizione di emergenza permanente risulta molto difficile individuare con nettezza i confini tra ciò che è utile per la collettività e ciò che invece lo è esclusivamente per ristretti gruppi di interesse o per singoli professionisti. Nell’attuale contesto socio sanitario i soggetti pubblici e privati in conflitto di interessi sono molteplici e pluri-incrociati. Per questa ragione, credo che la speranza di ricevere una corretta informazione dai media generalisti sia sostanzialmente bella che defunta.

Per cui, da ora in avanti, ogni volta che assisterete ad un dibattito improntato sullo scontro tra tifoserie contrapposte, cambiate canale. Almeno non sarete vittime inconsapevoli di un sistema che lucra spudoratamente sulla vostra paura e buona fede. 

TAG: coronavirus, COVID-19, Cultura, giornalismo, politica, teatro
CAT: Governo, Media

Un commento

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  1. evoque 2 anni fa

    Solo per dire, è da anni che non guardo più un talk show proprio per le ragioni esposte nell’articolo.
    Qualche volta faccio un’eccezione per Otto e mezzo, che a me pare il migliore: in genere, lì, si discute senza sovrapposizioni, senza la presenza di personaggi imbarazzanti per sé stessi e disgustosi per chi vede da casa. E poi, particolare non certo trascurabile, dura mezz’ora. Per esempio, non guarderei mai L’aria che tira, certamente perché va in onda in un orario sfasato rispetto al mio, ma soprattutto perché è un carrozzone di chiacchiere, di ospiti, che una corretta informazione dovrebbe consigliare di tenere fuori dallo schermo. Ho visto il promo del programma con Merlino che dice che loro – i responsabili – non hanno pregiudizi e ospitano tutte le posizioni. Che furbastra, così questo mettere le mani avanti, le consente di ospitare cialtroni di ogni risma, no vax compresi.

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