La Xylella rischia di invadere il paese (e la colpa è della Puglia di Emiliano)

16 Novembre 2018

Un’emergenza finita? Niente affatto. La Xylella, anzi, rischia di uscire dai confini pugliesi e di contagiare altri uliveti. A lanciare l’allarme è Nature, che raccoglie le preoccupazioni della comunità scientifica. La quale punta il dito verso i ritardi della regione Puglia guidata da Michele Emiliano.

Il presidente si difende così: «La Regione Puglia non ha mai preso posizione contro il Piano Silletti, anzi lo ha agevolato e finanziato. Questa è la verità, tutto il resto sono solo polemiche che non servono a nulla». Emiliano ha pronunciato queste parole in un’audizione davanti alla commissione Agricoltura della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa. Sotto accusa il tardivo abbattimento delle piante infette, che ha permesso alla malattia, diagnosticata nel 2013, di espandersi, diventando una vera e propria epidemia. Emiliano ha ripercorso le varie tappe della fitopatia che ha messo in ginocchio gli ulivi pugliesi (e non solo), per danni che sfiorano il miliardo. «Attendiamo – ha aggiunto – un decreto di urgenza che doti la Regione dei poteri di abbattimento e che disponga i finanziamenti nella proporzione necessaria a risarcire tutti i proprietari dei danni che hanno subito. Spero che il ministro Centinaio esca con le misure promesse».

La Xylella fastidiosa, che ha devastato e sta devastando i preziosi uliveti del sud Italia, purtroppo continua a diffondersi e la ragione è la mancata applicazione di misure adeguate a contenere l’agente patogeno.

“Dopo mesi di inattività”, scrive Nature, “la regione Puglia ha ripreso a lavorare per rintracciare la diffusione del batterio che causa una malattia incurabile chiamata sindrome da declino rapido delle olive (OQDS).  Gli scienziati sostengono che i ritardi nell’attuazione delle misure di contenimento della malattia hanno aggravato il crescente rischio che l’infezione si diffonda dalla penisola pugliese verso gli oliveti nel resto del paese”.

La rivista anglosassone ripercorre la vicenda a partire dal 2015, anno in cui viene dichiarato lo stato di emergenza. Le procedure di quarantena – che possono comportare lo sradicamento degli alberi – sono state ostacolate da gruppi di ambientalisti e agricoltori, e si sono definitivamente bloccate lo scorso maggio. Proprio lo stesso mese in cui la Commissione europea ha pubblicato un aggiornamento sulla situazione, spostando la zona di infezione certificata più a nord di 20 chilometri. In sostanza, la Commissione ha messo nero su bianco l’estensione dell’infezione.

L’area interessata dal batterio si è espansa costantemente dal 2013. L’aggiornamento di maggio della Commissione europea ha infatti designato l’intera zona sud e centrale della Puglia come zona infetta e una regione a nord come zona cuscinetto che deve essere attentamente monitorata anche per i nuovi casi di malattia.

«Più tardi si rileva un’infezione, più tardi è possibile avviare tutte le azioni di contenimento necessarie» dichiara a Nature Maria Saponari dell’Istituto per la protezione delle piante sostenibili a Bari. Poi servono risorse, più ingenti di quelle (1,8 milioni di euro) che la Regione ha stanziato per tracciare il batterio. Così, tra ritardi e pochi investimenti, l’Italia rischia di dover affrontare anche conseguenze legali per la sua inerzia oltre che per aver violato i suoi regolamenti di quarantena, con la possibilità (se dichiarata colpevole) di perdere sussidi per l’agricoltura.

L’allarme europeo, del resto, è particolarmente rilevante in ottica di prevezione comunitaria e continentale. Prima del 2013 in Puglia, il batterio non era mai stato identificato in Europa e proprio per questo l’epidemia è stata sottoposta a rigorosi protocolli dell’Unione europea, concordati con il governo italiano. Il piano originale prevedeva lo sradicamento e la distruzione degli alberi infetti, e riguardava anche altri alberi  sani ma che vivevano accanto a quelli malati.

Le proteste di ambientalisti ed agricoltori, che sostanzialmente negavano validità alle evidenze scientifiche, hanno però fortemente rallentato il processo e influenzato in maniera negativa le decisioni politiche necessarie, fino a che in primavera i sindaci di otto comuni pugliesi hanno dichiarato pubblicamente che non avrebbero rispettato la misura che prevedeva l’uso di insetticidi.

Con l’intenzione di recuperare (se possibile) il tempo perduto, il ministro per l’agricoltura italiano, Gian Marco Centinaio, ha promesso quest’estate un piano di contenimento completo entro pochi mesi. Ma i mesi passano e il piano non si vede, così il mese scorso la Coldiretti Puglia ha inviato al governo un elenco di proposte per il piano di contenimento. Tra queste si chiedono regole speciali che impediscano ai tribunali amministrativi regionali – i TAR, spesso chiamati a supporto dai gruppi ambientalisti – di bloccare le misure di contenimento. È abbastanza evidente che, le regole richieste da Coldiretti presentano quantomeno profili di dubbia legittimità costituzionale.

I prossimi passi 

Il Parlamento si sta finalmente occupando del problema. A giugno, però, alcuni parlamentari hanno depositato formalmente documenti al Senato che mettono in dubbio le prove scientifiche su cui si basavano i piani di gestione del batterio Xylella e hanno chiesto una commissione di inchiesta del Senato, poiché secondo questa tesi gli scienziati avrebbero mentito. La tesi ripudiata il mese dopo, in un’analisi commissionata dall’Accademia dei Lincei. Come si può vedere, tra i firmatari della richiesta la grande maggioranza sono senatori del Movimento 5 Stelle, molto forte nella Regione Puglia, e con il quale Michele Emiliano ha più volte affermato di voler are un’alleanza politica.

«Fortunatamente la proposta non è stata portata avanti», afferma Michele Morgante, Professore Ordinario di Genetica all’Università di Udine e Direttore Scientifico dell’Istituto di Genomica Applicata. «Eppure è inquietante che le attività anti-scientifiche abbiano ricevuto attenzione a un livello politico così alto».

In una serie di udienze partite alla Camera nel mese di settembre, i parlamentari hanno intervistato scienziati, produttori di olive e altre parti interessate sull’epidemia di Xylella , per capire cosa si può fare al riguardo; le udienze sono programmate anche per il mese prossimo.

«È positivo che il Parlamento voglia finalmente ascoltare gli scienziati, ma doveva farlo prima quando sarebbe stato più facile controllare questo problema», conclude Morgante.

Pierfederico La Notte, ricercatore del Cnr dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bar, in un’audizione tenutasi a settembre in commissione Agricoltura alla Camera, proprio nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa, ha affermato che «la ricerca lavora a 360 gradi per combattere la Xylella e l’unica soluzione oggi è consentire al territorio infetto di convivere con il batterio, non essendo ormai più eradicabile dalla penisola salentina». “Questa consapevolezza – ha aggiunto– era stata già acquisita nel 2015 dall’Ue e dal servizio fitosanitario nazionale. All’epoca si è passati da una strategia di eradicazione a una strategia di contenimento”.

Le ultime evidenze, tuttavia, ci dicono che il rischio concreto è che anche la strategia di contenimento stia fallendo, e i confini delle aree infette possano presto allargarsi ancora. Una pessima notizia per l’olivicoltura italiana, con buona pace di ambientalisti e complottisti.

 

 

TAG: olive, oliveti, Puglia, Xylella, Xylella fastidiosa
CAT: Agricoltura

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