Milano, Piazzale Lotto, addio parterre

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31 Ottobre 2023

testo scritto con Chiara Quinzii

Un progetto sbagliato

È di pochi giorni fa la notizia della pubblicazione del bando di gara per l’asse urbano Stuparich – Lotto – Zavattari, a conclusione di un percorso temporale quasi quindicennale che, proprio alla luce di questa attesa (durante la quale abbiamo vissuto, tra l’altro, la drammatica esperienza della pandemia), ci faceva sperare nella possibilità di un approccio finalmente innovativo nei confronti dello spazio pubblico.

Così non è stato.

Per spiegare meglio perché questo progetto andrebbe radicalmente ripensato, forse è necessario fare un passo indietro.

 

Expo, Pandemia, Spazio Pubblico

Il 24 Giugno 2015, durante la Notte delle lanterne alla Darsena, decine di migliaia di persone si riversano negli spazi aperti rinnovati, appunto, della Darsena, sancendo un inedito uso dello spazio pubblico della città, fino ad allora negletto, ma che, con l’avvento di Expo (esso stesso una lunga passeggiata all’aperto), pare trovare una nuova identità, una nuova riconoscibilità all’interno della cultura cittadina, che fino ad allora concepiva gli spazi aperti come una sorta di luogo di risulta della mobilità veicolare. Expo, volano di rinnovamento urbano, trasforma la concezione stessa dello spazio di tutti di Milano: attraverso una spinta potente alla turistificazione della città, ma anche all’attrattività della stessa nei confronti dei suoi nuovi e vecchi abitanti, l’Esposizione Universale diventa un punto di partenza nei confronti di una nuova concezione dello spazio pubblico, finalmente sentito come un elemento importante nella vita quotidiana dei cittadini.

Pochi anni dopo, i lockdown dovuti alla pandemia del 2020 mettono ancora più in risalto l’importanza dello spazio pubblico: mentre la città post-Expo, veicolata anche da ingenti investimenti immobiliari, pare focalizzarsi su nuove aree di trasformazione che curano finalmente anche la qualità dello spazio pubblico, la pandemia ci mostra la necessità dello stesso in maniera capillare, il suo ruolo fondamentale nel fornire equità e uguaglianza a tutti gli abitanti della città. Sguarniti della possibilità di usare lo spazio pubblico, i cittadini ne hanno inteso la capacità di dare delle opportunità aggiuntive al nostro vivere urbano: il contatto con la natura, lo sport all’aria aperta, il ritrovarsi con amici e parenti, la salubrità e il benessere del fuori rispetto al dentro, l’importanza del movimento a livello fisico e mentale.

Alla fine della pandemia, ne abbiamo sperimentato i lati positivi, ma anche i negativi: inquinamento aereo e uditivo, pericolosità dal punto di vista degli incidenti stradali, insicurezza dovuta anche all’abbandono, bassa manutenzione, difficoltà generale di fruizione causata anche da un iperdimensionamento degli spazi veicolari.

Il progetto del nuovo asse lungo piazzale Lotto pare inserirsi in un ambito di trasformazione che dovrebbe focalizzarsi sugli spazi pubblici della città e sulla loro riqualificazione, partendo dai ragionamenti post-expo e post-pandemia, eppure sembra approcciarsi in una maniera superata, che ricorda progetti ormai datati.

 

2011, Viale Abruzzi

Dobbiamo allora tornare a fine Maggio 2011, quando Giuliano Pisapia diventa sindaco della città di Milano e tra i primi provvedimenti della sua giunta viene decisa la revoca al PGT approvato dalla precedente giunta Moratti, una revoca attraverso la quale si cerca, tra le varie cose, di ridurre gli indici di edificabilità all’interno del tessuto cittadino e di rendere più sostenibile il piano.

È una decisione che pare ricercare una forte discontinuità con le politiche dei precedenti governi cittadini e che porta a ritenere che il progetto dello spazio urbano possa essere immaginato in maniera assai differente rispetto a quanto osservato fino ad allora.

Eppure uno dei primi rilevanti progetti di disegno urbano della giunta Pisapia è la sistemazione di viale Abruzzi, nella quale si pianifica di eliminare il parterre centrale del viale per permettere la creazione di una corsia riservata per la filovia, un progetto che vede la città solo ed esclusivamente dal punto di vista della mobilità veicolare (sia essa pubblica o privata), che elimina un potenziale giardino lineare, che crea una barriera nella strada – di 6 corsie + 2 di sosta – nel centro della città, che non prevede alcuno spazio per altri tipi di mobilità che non siano quelli dei veicoli a motore.

Siamo a Novembre del 2011, da pochi giorni è tragicamente mancato Giacomo, un ragazzo di 12 anni travolto da un tram mentre viaggia con la sua bicicletta, a causa dell’improvvisa apertura della portiera di un’auto in doppia fila; una morte che ci spinge a scrivere un lungo testo sulla mobilità milanese e su quanto sarebbe necessario prevedere un radicale ripensamento dello spazio pubblico cittadino, che si apre con una frase che, ancora tragicamente, sembra risuonare con le morti di ciclisti e pedoni dell’ultimo anno a Milano: […] Milano, se non vuole vedere altre persone morte a causa di un traffico stradale incontrollato o, molto più lentamente, a causa dei danni da inquinamento, deve cambiare radicalmente il proprio approccio alla mobilità, passando da una visione totalmente a favore dell’auto ad un immaginario in cui questa diventa uno dei tanti (il meno importante, magari) tipi di flusso presenti sulle strade cittadine.

 

I parterre, luoghi della vera essenza dello spazio pubblico milanese

Se esiste un elemento che possa qualificare e connotare lo spazio pubblico di Milano, questo potrebbe essere costituito dai Parterre, ossia quegli spazi al centro di alcune strade della città, che dividono le carreggiate stradali e che, nei casi dove sono stati mantenuti e curati, sono dei veri e propri giardini lineari, oasi per i quartieri (pensiamo a via Morgagni, il rinnovato asse di viale Argonne ma anche molti altri).

Parterre via Morgagni – Flickr Comune Milano

 

Parterre Viale Argonne – foto di Luca Pagano

Nati come passeggiate ricreative lungo i Bastioni, attraverso i primi piani generali di Milano (come il piano Beruto del 1884) acquisiscono la capacità di strutturare lo spazio pubblico lavorando sulla principale caratteristica della città, il movimento.

Piano Beruto

Milano non è una città di piazze classiche (come potrebbero essere Roma o Firenze) o di grandi parchi urbani: è, innanzitutto, una città d’acqua che ha trovato nel movimento fluido dei fiumi e dei canali una ragione alla sua esistenza e quando ha dovuto far evolvere questa esistenza sul terreno, ha trovato nella strada -una strada ricca, con una sezione complessa e suggestiva- una soluzione.

I parterre sono movimento, ma un movimento che non indirizza semplicemente da un punto ad un altro: costruiscono un panorama urbano, una sequenza quasi cinematografica lungo percorsi di scoperta della città. Come i canali, o meglio i navigli, definiscono un paesaggio in cui integrare natura e artificio, i parterre sono sezioni ambientali della città, portano al suo interno il verde, nella città di prossimità, lo connettono a livello metropolitano e poi regionale, permettono un dialogo tra il fuori e il dentro della città.

Alcuni mesi fa, in continuità con le nostre ricerche sullo spazio pubblico per Urban Center, abbiamo immaginato un progetto di Strade Verdi per Milano coerenti con l’idea dell’Assessorato al Verde di riqualificare, quasi restaurare (perché di un restauro di uno spazio storico, con i suoi alberi ormai secolari, si tratta) e riconnettere questo importante rete verde della città formata da Parterre e viali alberati. I parterre di viale Migliara e viale Elia sono tra i progetti pilota possibili più interessanti da noi evidenziati, anelli mancanti di tutto il sistema di piazze verdi e parterre della circonvallazione che unisce tutti i quartieri del Novecento della città.

Se riteniamo che una generale riqualificazione dello spazio pubblico sia necessaria, i parterre costruiscono una occasione irripetibile ed eccezionale per dare una soluzione non banale alla qualità urbana, alla mobilità, alla questione ambientale, alla possibilità di avvicinare tutti i cittadini ad aree verdi fruibili.

In questo senso l’asse Stuparich-Lotto-Zavattari è, attualmente, un’area dalle potenzialità enormi nella città, proprio per il suo essere al centro di un’area densa di occasioni, a partire da Piazzale Lotto, che è individuato nel PGT come una delle 7 piazze strategiche per il futuro della città: lungo l’asse troviamo scuole, l’ex Palalido, l’innesto con l’Ippodromo, la fermata di connessione tra due linee di metropolitana,  i vicini collegamenti con l’area Portello a nord e il quartiere, problematico ma fertile, San Siro a sud.

Eppure…

 

12 anni dopo

Eppure, 12 anni dopo il progetto di Viale Abruzzi, 8 anni dopo Expo, 3 anni dopo i primi lockdown pandemici, il progetto del nuovo asse ancora ragiona solo ed esclusivamente in un’ottica di mobilità veicolare, continua cioè a considerare le strade dei tunnel di puro movimento automobilistico per viaggiare il più rapidamente possibile da un punto A ad un punto B.

Immagine da Urbanfile

E tutto questo nonostante da anni si stia ragionando di una città dove i movimenti devono essere rallentati, non per mortificare l’essenza di Milano, ma anzi per esaltarla: il movimento, a Milano così come in tutte le città, non può essere semplificato in un passaggio veicolare ininterrotto; la Città 30, che dovrebbe essere un obbiettivo prossimo della città, ipotizza convivenze di flussi molto differenti tra di loro, che oggi necessitano di essere riequilibrati.

Una persona cammina a 4-5 km all’ora (anche meno se pensiamo a bambini e anziani), una bicicletta si muove a 10-15 km all’ora, i monopattini possono viaggiare al massimo a 20 km all’ora: sono velocità compatibili tra di loro, pur in una generale attenzione, soprattutto valutando la massa dei veicoli.

Un’automobile che viaggia a 30 km all’ora è già pericolosa: viaggia quasi 10 volte più veloce di un pedone, il triplo di una bicicletta, quasi il doppio di un monopattino, ma, soprattutto, pesa in media 1.500 kg, 20-30 volte più di una persona.

Il progetto di rinnovamento dell’asse vuole creare una corsia preferenziale per la filovia, ossia una terra di nessuno dove il mezzo pubblico possa correre indisturbato: un veicolo che si muove a 50 km orari con una massa di 20.000 kg, che, per evitare continue disgrazie, richiede barriere di protezione pedonali che creano una vera e propria chiusura tra un lato e l’altro della stessa strada.

Il nuovo viale, così, non è più il luogo della connessione, ma quello della cesura: per passare da un lato all’altro della città (perché di due città divise staremmo parlando), diventa necessario recarsi agli attraversamenti stabiliti, che devono essere pochi (per non rallentare i mezzi) e prevedere gincane (per evitare che qualcuno possa attraversare disattento). Così, allungando i percorsi pedonali e creando barriere nella strada, non si realizza sicuramente quella città dei 15 minuti o città di prossimità a cui il Comune ha aderito a seguito della pandemia.

Immagine da La Repubblica

Distruggendo il potenziale parterre centrale, inoltre, si aumenta la superficie della strada destinata alle automobili: invece di condividere una delle due carreggiate attuali, su un totale di quattro, nel futuro il nuovo viale concederà ai veicoli a motore privati quattro corsie totali, da sommarsi alle due della corsia preferenziale: un’autostrada a 6 corsie in centro città, che divide invece di unire, che ribadisce l’incompatibilità tra persone e mezzi, che sta all’opposto di un concetto di strada condivisa, che non vede nella strada uno spazio pubblico fruibile, ma solo un luogo di transito veloce.

Poco importa se, rispetto a viale Abruzzi, qui si implementi la sezione stradale con una pista ciclabile (a scapito, tra l’altro, della larghezza dei marciapiedi, che da 3 metri passa a 2 metri); si ribadisce, forse ancora di più, che questo è il luogo di esclusività della mobilità e lo si osserva anche dal trattamento del verde: un verde residuale, composto da aiuole lineari che accompagnano il traffico, non un verde fruibile, non un giardino. Forse vi è l’unico pregio ambientale di piantare due filari di alberi per delimitare la corsia preferenziale.

È un concetto progettuale ribadito anche nella trasformazione di piazza Stuparich in una rotonda veicolare, nel mantenimento di piazzale Zavattari come rotonda esso stesso, nella modifica quasi inesistente di piazzale Lotto (una delle 7 piazze strategiche per il futuro di Milano!), che rimarrebbe, ancora, uno snodo di traffico: in una città nella quale la metà delle piazze sono offerte al traffico veicolare (come rotonde, incroci, parcheggi), il nuovo progetto di spazio pubblico non cambia nulla di questa situazione.

Non si accenna, d’altronde, al fatto che sotto il parterre scorre l’Olona, uno dei fiumi della città, simbolo di una natura cancellata, interrata e che, ripristinando il parterre centrale, potrebbe essere nuovamente riscoperto, creando un nuovo paesaggio d’acqua e naturale, aumentando la biodiversità, contrastando l’isola di calore, riportando in luce l’essenza stessa della città di Milano.

Land-surface temperature in Milan on 18 June 2022 – ESA

2026, un nuovo parterre milanese

In un’ottica di salvaguardia e aumento della qualità urbana della città, la riqualificazione dei due viali dovrebbe partire dal recupero della superficie a verde centrale, depavimentata, piantumata, allargata, che dia vita ad un giardino fruibile lineare per le persone che vivono e lavorano ai suoi lati. La presenza del fiume Olona, per quanto irregimentato, potrebbe nuovamente essere visibile, portando in superficie la ricchezza di questa città e completando un paesaggio nuovo, in cui la mobilità può tornare ad essere un passeggio e non solo un passaggio.

Con un parterre più ampio si potrebbe pensare di costruire la pista ciclabile all’interno del parterre stesso, mantenendo le attuali quattro corsie veicolari, con l’unica accortezza di definire che una corsia sia riservata ai mezzi, limitando la velocità, per tutti, a 30 km orari.

Una strada più equilibrata

Costruiremmo così un nuovo equilibrio della sezione stradale: nella situazione attuale lo spazio concesso ai veicoli è più del 40% della strada, quello destinato ai pedoni è il 15%, il resto è un verde potenziale che ad oggi è solo spazio di risulta abbandonato; nel progetto approvato lo spazio concesso ai veicoli è più della metà della sezione stradale (!), lo spazio per i pedoni è il 10 % (!) e appare uno spazio per le ciclabili che prende il 10% dello spazio della strada.

Se attuassimo un piano più innovativo, lo spazio per le auto calerebbe al 35%, quello per le ciclabili sarebbe comunque al 10% e quello per le persone a piedi aumenterebbe a quasi il 30%, del quale una fetta importante all’interno di un luogo ameno, verde, con l’acqua a bordare il cammino: ci sarebbe quindi uno spazio per “incontrare” anche i non umani, piante e animali.

 

Il progetto per questo nuovo asse stradale, come fece viale Abruzzi 12 anni fa, potrebbe avere la capacità, nel suo essere una piccola ma importante parte del  sistema delle strade verdi milanesi, di direzionare l’approccio della società nei confronti dei suoi spazi comunitari: se riteniamo che la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni debba essere accompagnata ad un nuovo equilibrio nella fruizione della strada, a un tema ambientale diffuso, a un nuovo concetto di spazio pubblico, dobbiamo rivoluzionare il modo di progettare le strutture viarie della città e trasformare la strada in uno spazio che si riapre alla natura e ai molteplici usi da parte delle persone (muoversi, ma anche giocare, socializzare, rilassarsi, studiare e lavorare all’aperto, etc…)  e non in uno spazio mono-tono, tragitto esclusivo per i mezzi a motore.

 

 

 

TAG: #architettura, #milano, disegno urbano, parterre, PGT Milano, piano di governo del territorio, urbanistica
CAT: Architettura e urbanistica, Milano

Un commento

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  1. andrea-giorcelli 6 mesi fa

    È una proposta che non tiene conto della necessità di massima continuità possibile della sede riservata (e non solo corsia preferenziale che spesso è invasa da altri autoveicoli) per le linee 90-91 e del fatto che tali spartitraffico senza questi progetti sono sempre stati dei parcheggi piuttosto degradati. Poi con quest’idea non è che il traffico diminuirebbe in quel tratto e difficile che gli spartitraffico diventino dei giardini vivibili (non si può paragonare la circonvallazione esterna con via Morgagni e viale Argonne!), mentre i filobus sarebbero rallentati da esso. Da bocciare!

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