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Diritti

Non fare il bullo con me

di Monica Mandico
20 Novembre 2016

20 aprile 1999 Columbine High School… 28 aprile 1999 W. R. Myers High School… luglio 2016 Monaco di Baviera. Si potrebbe proseguire all’infinito citando innumerevoli altri casi di omicidi, massacri di innocenti perpetrati da “insospettabili” adolescenti o adulti per vendicarsi di atti vessatori di cui erano vittime da lungo tempo. E non solo. Suicidi avvenuti per l’impotenza provata da uomini e donne davanti a minacce, violenze, umiliazioni subite da quei prepotenti che rispondono al nome di “bulli”. Non ultimo il caso del 26 enne costretto dai colleghi a chiudersi in un bidone e ad indossare un sacchetto della spazzatura, insultato al lavoro e in strada ed impiccatosi lo scorso settembre in casa, dopo un lungo periodo di depressione. Oggi però il bullismo ha assunto nuove forme, si è diffuso attraverso la rete, che costituisce uno dei principali e più potenti strumenti intimidatori nelle mani dei prepotenti ed ha dato vita al cyberbullismo: una forma di bullismo online che colpisce soprattutto i giovanissimi, attraverso i social network, con la diffusione di foto e immagini denigratorie o tramite la creazione di gruppi contro. Ci si interroga ancora sulla storia della 31enne di Napoli, morta suicida nel settembre di quest’anno, dopo che un video che la riguardava era diventato virale. La maggiore pericolosità del cyberbullismo, sta nel fatto che una persona può esser messa in ridicolo, screditata rapidamente all’interno della sua comunità social e si può convincere chi legge, ad odiare ed insultare, a sua volta, la vittima. I contenuti offensivi spesso non possono essere rimossi facilmente. Se a ciò si aggiunge che più di nove adolescenti su dieci usano un telefono cellulare, la metà usa un personal computer, sette su dieci usano Internet si riesce a comprendere l’allarme suscitato da questo nuovo fenomeno. L’ ordinamento giuridico italiano non presenta riferimenti normativi specifici, né prevede il reato di bullismo. Il contesto comportamentale connesso viene individuato di volta in volta in fattispecie già esistenti e regolamentate da articoli del codice penale, quali, ad esempio, le percosse, la minaccia, l’ingiuria, la diffamazione. Per arginare il dilagante fenomeno del cyberbullismo, su iniziativa della parlamentare PD Elena Ferrara e di alcuni suoi colleghi, il 21 maggio 2015 veniva presentato il disegno di legge n° 1261, divenuto, dopo la prima lettura in Senato, proposta di legge n° 3139 che trattava “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Il 20 settembre del corrente anno la Camera ha approvato la legge, apportando degli emendamenti alla proposta di legge che cita ora “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”. Il testo è tornato in Senato per la rilettura, avendo esso subito delle modifiche, e dal 15 novembre 2016 è al vaglio della commissione.
E’ palese, per quanto accaduto e quanto purtroppo potrebbe ancora accadere, la necessità di un intervento coordinato tra stato ed Internet Service Providers, per la tutela delle vittime e la gestione di situazioni a rischio.
Alla luce delle rettifiche apportate al ddl n° 3139 – sulle tutele attivabili non solo dai minori,ma da tutti i soggetti – viene però da interrogarsi su un argomento delicato: si corre il rischio di mettere un nuovo bavaglio al web, o ancor peggio, alla sacrosanta libera manifestazione del pensiero che è alla base della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE? Si attendono le decisioni dei parlamentari. Invero dovrebbe anche esser tutelato, con rapidità il diritto all’oblio, ma soprattutto bisogna curare la formazione e partire dalle scuole con una continua assistenza ai bisogni dei ragazzi; alcune scuole medie per esempio sono ormai dotate di un servizio offerto agli alunni da psicologi, con centri di ascolto.

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