Immigrazione

La deportazione di massa: Trump frena per supportare le aziende agricole?

Le retate dell’Ice (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia incaricata dei controlli alle frontiere e l’immigrazione, preoccupa le aziende agricole perché mette in pericolo la loro manodopera. Trump sta pensando di correre ai ripari per mitigare i danni all’economia.

17 Luglio 2025

Il presidente Trump è un grande sostenitore degli agricoltori americani… e si impegna ad assicurare che abbiano la necessaria manodopera per mantenere la loro prosperità”. Con queste parole la portavoce della Casa Bianca Abigail Jackson ha cercato di mettere a tacere le lamentele degli agricoltori americani, grandi finanziatori della campagna elettorale di Donald Trump, che i raid sull’immigrazione stiano danneggiando le loro attività aziendali.

La stragrande maggioranza dei braccianti agricoli, come si sa, sono residenti stranieri, secondo stime dello United States Department of Agricolture. Si crede che vi siano più di 2,5 milioni di braccianti agricoli nel Paese. Si calcola che il 70 percento di questi lavoratori sono nati fuori degli Usa e il 50 percento di loro non ha documenti di residenza legale. Fanno lavori molto duri che gli americani rifiutano anche per il fatto che i salari sono bassissimi. Storicamente si è cercato di convincere gli americani a servire da manodopera nei campi ma senza nessun successo. Nel 2011 aziende agricole dell’Alabama tentarono di assumere americani per la raccolta ma questi individui non resistettero oltre una giornata di lavoro. Una legge approvata dallo Stato della Georgia nel 2011 sull’immigrazione causò la scomparsa di più di 5000 lavoratori con perdite economiche di parecchie centinaia di milioni di dollari all’economia.

Brooke Rollins, la Segretaria del Dipartimento di Agricoltura statunitense, ha anche lei riconosciuto il pericolo della carenza di manodopera per le aziende agricole. Il piano di Rollins? Costringere i beneficiari di Medicaid, la sanità per i poveri, a lavorare nei campi, idea improbabile perché questi individui hanno già un lavoro o non sono fisicamente idonei al lavoro agricolo.

Stupisce la reazione della Segretaria del Dipartimento di Agricoltura Brooke Rollins, la quale ha indicato che si potrebbero usare i beneficiari del programma di Medicaid, la sanità per i poveri, per costringerli a lavorare nei campi. Al di là del lavoro pesantissimo la stragrande maggioranza di questi individui hanno già un lavoro o per altri motivi non sono idonei al lavoro fisico.

Tutti sanno benissimo che i braccianti agricoli sono indispensabili e Trump ha dato segnali di riconoscere il loro valore per i padroni delle aziende agricole ai quali è indebitato per il loro supporto nell’elezione. Infatti, ha dichiarato che c’è gente che lavora nei campi da 14 o 15 anni e non possono “essere cacciati” in malo modo. Il presidente Usa ha continuato a spiegare che coopererà con gli agricoltori e i leader del settore del turismo conferendo loro “la responsabilità di affrontare la situazione”. Trump non ha chiarito in che cosa consiste questa responsabilità sui migranti ma la Casa Bianca ha annunciato la creazione di un nuovo gruppo, The Office of Immigration Policy. Dovrebbe eliminare la burocrazia per fare ottenere permessi di lavoro a individui fuori del Paese onde supportare le aziende con i loro bisogni di manodopera. Non si tratta di una vera soluzione poiché il programma già esiste in maniera molto limitata perché troppo oneroso per le ditte. In questo programma i lavoratori stranieri hanno dei diritti mentre i lavoratori già in America attuali ottengono meno diritti e paghe spesso più basse. In effetti, alle aziende conviene il sistema attuale di immigrazione. L’immigrazione non autorizzata fa il loro gioco. Ecco perché in grande misura le retate dell’Ice (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia incaricata dei controlli alle frontiere e l’immigrazione, hanno evitato i campi agricoli, eccetto in California. Ma anche qui ci potrebbero essere degli ostacoli alle retate. La giudice federale Maame Ewusi-Mensah Frimpong ha proprio in questi giorni emesso un’ingiunzione contro le retate indiscriminate dell’Ice. La giudice ha chiarito che i migranti non possono essere presi di mira solo per il “colore della loro pelle, per la lingua che parlano”. Gli agenti dell’Ice devono inoltre garantire l’accesso agli avvocati in caso di arresti. L’ingiunzione è temporanea e si applica solo alla California perché la Corte Suprema ha recentemente chiarito che le decisioni dei giudici dei distretti federali non possono applicarsi a tutto il Paese eccetto in casi di “class action suits”.

La giudice federale della California Maame Ewusi-Mensah Frimpong ha bloccato temporaneamente le retate dell’Ice nel Golden State perché violano i diritti dei residenti negli Usa.

Trump deve risolvere il nudo dell’immigrazione perché nella campagna elettorale ha promesso la deportazione di massa di migranti. I padroni delle aziende agricole e degli altri settori che dipendono dai lavoratori migranti immaginavano che si trattasse solo di retorica. Infatti, Stephen Miller, il Vice Capo di Gabinetto alla Casa Bianca, l’artefice della politica sui migranti di Trump, è riuscito a prendere alla lettera le parole del suo capo. Forse un po’ troppo. L’attuale inquilino alla Casa Bianca ha persino scherzato che Miller sarebbe contento se dei 340 milioni di americani ne rimanessero solo 100 milioni purché tutti avessero l’aspetto fisico simile del suo consigliere. Miller infatti aveva aumentato la quota di arresti di migranti da 1000 a 3000 al giorno, costringendo gli agenti dell’Ice ad arresti indiscriminati in qualunque posto vi potessero essere individui da arrestare. Poco importa se con frequenza vengano arrestati individui che alla fine risulteranno cittadini americani.

Il dilemma di Trump è che la base del suo partito vorrebbe una politica durissima sui migranti auspicata da Miller. Dall’altro lato il presidente Usa riconosce che si deve scontrare con la realtà e dovrà frenare gli eccessi di arresti perché non può ignorare i suoi finanziatori che hanno contribuito alla sua riconquista della Casa Bianca. Le ultimissime indicazioni ci suggeriscono che si potrebbe allontanare almeno in alcuni casi dalla sua base e da Miller come sta avvenendo adesso con il caso dello scandalo dell’ex finanziere Jeffrey Epstein, morto in carcere. La base MAGA di Trump vuole che il Dipartimento di Giustizia rilasci tutte le informazioni sulla vicenda. Il presidente però si rifiuta asserendo che la situazione è una “bufala….” che i suoi “sostenitori passati ci hanno creduto in pieno”. Trump dovrebbe riuscire a mantenere tutto segreto ma anche parecchi leader repubblicani vogliono fare chiarezza. Alla fine Trump dovrà scegliere ad addossare la colpa a qualcuno. In questo caso il capro espiatorio potrebbe essere Matt Bondi, il ministro di Giustizia di Trump, che fino adesso ha difeso, ma quando una patata diventa troppo bollente, il 47esimo presidente si lava le mani, temendo anche che vi siano filmati compromettenti, poiché lui era grande amico di Epstein.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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