Italia
Lettera all’assenza di Eugenio Borgna (Borgomanero, 22 luglio 1930 – Borgomanero, 4 dicembre 2024)
Un riconoscimento a chi lo ha letto e continua a leggerlo, perché la sua voce vive proprio nella sua assenza.
Caro Eugenio,
scrivo nella tua assenza. È un gesto spoglio, quasi inutile, perché chi non c’è più non risponde e chi resta non può pretendere ascolto. Eppure, è proprio nell’assenza che una lettera trova il suo senso più ostinato. Non è un dialogo, è un attraversamento. Non interroga chi è partito, illumina chi è rimasto.
Ti scrivo perché non posso farlo a te. Lo faccio a nome di chi ti ha letto e continua a leggerti. Ragazze e ragazzi che hanno trovato nelle tue pagine una lingua che non giudica. Donne che hanno riconosciuto nelle tue parole una cura che non chiede di essere ricambiata. Studenti che hanno capito per la prima volta che la fragilità non è una colpa ma un modo di abitare il mondo. Lavoratori che hanno scoperto che la sofferenza non è un difetto ma un appello.
Hai parlato dei sentimenti come si parla di presenze. Hai restituito dignità alla malinconia. Hai dato spazio alla timidezza e alla paura senza trasformarle in accuse. Chi non ha voce nei manuali ha trovato in te qualcuno che ascoltava senza piedistalli. Hai dato a quella zona del vivere una lingua discreta, una lingua che si avvicina senza invadere.
Scrivere a te oggi significa attraversare una terra che non è più tua e non è ancora nostra. Una terra intermedia, dove restano le tracce di chi ha avuto cura dell’animo umano senza volerlo correggere. Tu hai fatto della psichiatria una forma di vicinanza. Hai trasformato il dolore in un compagno e non in un nemico. Hai guardato la sofferenza come si guarda un volto amato, senza volerlo cambiare ma con il desiderio di non lasciarlo solo.
Nelle tue pagine la mitezza non è debolezza ma precisione umana. È un modo di toccare il mondo senza romperlo. Rimane una postura morale che non ha bisogno di dichiarazioni. Chi ti legge per la prima volta lo capisce subito. Trova un uomo che non alza la voce e proprio per questo costringe ad ascoltare.
Io ti scrivo perché ci sono lettori che non hanno conosciuto la tua presenza e continuano a vivere dentro la tua parola. Sono loro la tua eredità. Non i concetti, non le teorie, non le conferenze. Loro, gli anonimi, gli stanchi, i delicati, i silenziosi, quelli attraversati da ferite che non si vedono. A loro continui a parlare anche senza esserci.
Scrivo nella tua assenza perché ogni tua pagina è una forma di compagnia. Non consola e non promette. Ma resta accanto. Oggi che non ci sei più questa vicinanza pesa di più. Non la si può interrompere e non la si può discutere. Si può soltanto riconoscerla.
Per questo ti scrivo. Per questo ti devono qualcosa quelli che ti leggeranno domani senza sapere che sei mancato. Per loro la tua voce continuerà a essere presente. A volte le assenze hanno un peso che le presenze non sostengono.
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