Mondo
Ogni altro tempo è pace
I bombardamenti su Kyiv e il continuo assedio di Gaza sono la dimostrazione drammatica che si fa presto a dirsi pacificatori ma arrivare alla pace è tutt’altro. Si susseguono in rapida successione, annunci di colloqui e ipotesi di tregua che si rivelano poi difficili alla prova dei fatti, di un conflitto che, per la sua ampiezza, si inserisce in una cornice dove ogni pausa , ogni proposta, ogni ipotesi di tregua, viene letta non solo per quanto afferma ma anche per ciò che omette o implica o sottintende.
Ma è chiaro che senza parziali proposte concrete politiche, territoriali e anche militari e di difesa, per intervenire qui e ora nei conflitti in essere, rimarremmo chiusi nella comfort zone di appelli morali che servono solo a rassicurare i nostri mondi di riferimento e un’opinione pubblica giustamente impaurita e indignata dal continuo ripetersi di violenze e massacri.
In assenza di una politica di diritto e giustizia internazionale, di un soggetto istituzionale terzo, riconosciuto da tutti, che assuma su di sé, il monopolio e l’uso della forza o anche semplicemente, in grado di imporre una tregua e fermare gli aggressori , riemerge solo la legge del caos e del più forte. In conflitti di tale proporzioni: chi è, chi sono realmente i soggetti politici della mediazione? Chi apre le mappe e traccia possibili confini interessi e sicurezze segnate nel suolo fino ad oggi solo con il sangue?
Oggi in Europa, spinti dalla crisi delle relazioni atlantiche e dalla guerra , si apre la possibilità di un salto epocale e una vera assunzione di responsabilità verso la creazione di un embrione di struttura politica dell’Unione, a partire dell’esigenza di una politica estera, di difesa e sicurezza comune.
Tuttavia ci vorrà altro , in Germania si e’ sviluppato un dibattito a partire dal libro di un giovane Oly Nymoen 27 anni che ha scritto un pamphlet dal titolo inequivocabile: Warum ich niemals für mein Land kämpfen würde (Perchè io non combatterei mai per il mio Paese). Una posizione che a leggere i sondaggi è prelevante tra i giovani tedeschi e probabilmente in molti paesi. Nyomen afferma che “il diritto ad esprimere un opinione , a vivere in libertà , non vale certo la vita“
Meglio vivere o essere liber? l’esistenza o la dignità? l’autoritarismo o la giustizia?
Domande a cui nessuno di noi può dare sinceramente oggi un risposta sincera fino in fondo, a parte i leoni da tastiera, perché bisognerebbe trovarsi faccia faccia con il pericolo, sotto un occupazione militare o di un regime autoritario e oppressivo , essere davanti al rischio di morire per capire cosa decideremmo, come fecero i nostri nonni nella resistenza e tra le truppe alleate negli anni 40 del Novecento.
È evidente che non vi saranno mai politiche militari e di difesa sufficienti, se niente è ritenuto degno di essere difeso
Siamo in mezzo ad una lacerante contraddizione che ben spiegava Simone Weil:
”Brutalità e violenza hanno un prestigio immenso. Chi è capace solo di non essere brutale, violento e inumano come il suo avversario , senza esercitare virtù contrarie, non sarà in grado di resistergli”
Quali virtù potremmo onorare ed esercitare? per convincere popoli vissuti in pace 80 anni , del valore di un rinnovato patriottismo europeo , servirà ridare un’anima , una visione ed una speranza ad un progetto politico e sociale pacificante ed aggregante e un idea di futuro.
La violenza non sarà mai risolutiva è la vera soluzione non sarà il sacrificio, ma la compassione e la capacità di riconoscere la fragilità e la natura conflittuale della nostra storia e degli uomini.
Il disordine e il caos non nasce dalle guerre contemporanee ma vi sono le guerre perché si è disarticolato un ordine internazionale.
Non è impensabile ipotizzare una lenta, faticosa graduale ricomposizione di un ordine solo se si dipanerà un interesse comune e un punto di convergenza per trovare delle risposte.
Ma le violenze continue e ripetute sugli inermi hanno scavato un abisso di odio vendette e risentimento che saranno destinate a protrarsi per generazioni.
Potremo progressivamente assuefarci, potremmo, ma quello che togliamo dagli occhi ritornera’ e il ritorno del rimosso sarà lacerante. Il processo di civilizzazione che pareva avere interiorizzato le manifestazioni piu aggressive della distruttivita umana si e’ arrestato.
Non possiamo tuttavia rassegnarci che la guerra si consolidi come unico paradigma, essa non e’ un evento naturale, ma razionale, voluto dagli uomini e dagli stati, non e’ caso o follia. Scopriamo il velo dell’ipocrisia, non a caso la verità degli antichi greci si scriveva alezeia e significa disvelamento.
I governi e le forze politiche tutte si stanno nascondendo dietro l’umanitario e le sue esortazioni, ma non sono delle ong. Occorre assumere decisioni, dire dei si e dei no, mediare tra interessi, scegliere, imporsi, intervenire, fare proposte assumendosi i rischi e le responsabilita’ di fronte agli uomini e per chi crede, a Dio.
Mentre la politica può esserci senza guerre, queste esistono solo se e’ la politica a volerle , ne rappresentano il parossistico esito potente e violento ed al tempo stesso il suo fallimento.
Hobbes scriveva Bellum omnium contra omnes – ogni altro tempo è pace. La scelta è solo nostra.
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