Destabilizzare l’economia russa è un boomerang per l’Europa
La mancanza di visione da parte dell’Unione Europea è evidente e non si vuol comprendere come la destabilizzazione economica della Russia sia un boomerang per l’Europa. Manca una politica estera comune, mi direte, ma è la valutazione dei fatti a impensierire: dai danni alle nostre Pmi al fuori onda di febbraio della vice di Kerry “Fuck the EU” sino al figlio del vicepresidente Usa che guida la più importante corporate ucraina per l’estrazione del gas e del petrolio. Aderendo alle sanzioni abbiamo permesso agli Usa di aver terreno libero in Ucraina, paese ancora non aderente alla Nato peraltro. La cancellazionedi SouthStream da partedi Gazprom poi è un primo segnale delle possibili ritorsioni verso la Ue.
È vero che la partita si gioca su più fronti, da un lato i sauditi vogliono far pagare a russi e iraniani l’appoggio ad Assad e agli Usa l’arroganza degli annunci sulla supremazia da shale oil and gas, mentre Putin rafforza l’alleanza con India, Turchia e Cina. La Banca centrale russa proseguirà nel rialzo dei tassi e sicuramente sarà costretta ad introdurre controlli sui capitali, ma come si è visto il sollievo resta di brevissimo termine per il rublo, ed anche vendere le scorte d’oro accumulate nell’anno ed erodere le riserve valutarie (a ridosso dei 400 mimiliardi di dollari) per quanto ancora copiose tenendo conto anche dei fondi sovrani, non basterà a ripristinare la fiducia. La curva dei rendimenti, ampiamente a due cifre , risulta ormai pericolosamente invertita tra il 2 (19,43%) e 10 anni (15,72%) sul picco, esattamente come in Grecia. E già si inseguono le voci di un cambio al vertice della Banca centrale.
Il livello del rischio di default misurato dal credit defaul swap a 5 anni quota a 540 punti base, un livello legato ad un Paese BB e il downgrading di S&P lo scorso Ottobre a BBB- è un monito alla perdita dell’investment grade che sarebbe deleterioper le banche russe.
La riapertura oggi dei colloqui con l’Opec son cruciali perché solo con una ripresa del petrolio almeno a 80 dollari limiterà i danni per la crisi russa, anche se sauditi e Emirati Arabi sembrano determinati a tenere alta la minaccia di un petrolio a 40 dollari. Il sospetto che il voto al Senato Usa per il via libera a nuove sanzioni sia stato legato non a caso a sbloccare le forniture di armi all’Ucraina è tangibile. Obiettivo: attaccare la Russia anche sul lato armanenti, il che porta il conflitto politico di questa Guerra Fredda 2.0 iniziata con il caso Snowden ad un punto di non ritorno, anche per l’Unione Europea purtroppo.
Un commento
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