Intesa Sanpaolo chiude i primi nove mesi con 3,1 miliardi di utili netti
Intesa Sanpaolo ha chiuso i primi nove mesi del 2020 con un utile contabile di 6,4 miliardi di euro, cifra che include il goodwill negativo originato dall’acquisizione di Ubi Banca. Escludendo tale avviamento, da allocare nel quarto trimestre 2020 a oneri di integrazione, miglioramento dell’efficienza e accelerazione della riduzione del profilo di rischio, i profitti netti al 30 settembre ammontano a 3,1 miliardi.
«Ciò significa che nei soli primi nove mesi dell’anno abbiamo superato l’impegno previsto per il 2020, ovvero quello di un utile netto di almeno 3 miliardi», ha dichiarato l’amministratore delegato Carlo Messina. Il manager ha poi precisato che «nel terzo trimestre i ricavi beneficiano di una significativa ripresa del margine di interesse e delle commissioni. Inoltre, il flusso netto delle masse di risparmio in gestione è in accelerazione; continua il forte calo dei costi, confermando il nostro livello di efficienza operativa tra più elevati a livello europeo (rapporto cost-income al 50% circa, ndr); abbiamo ulteriormente rafforzato il nostro bilancio, riducendo lo stock dei crediti deteriorati di 3 miliardi di euro nei nove mesi. Il flusso di nuovi crediti deteriorati è al livello più basso mai registrato nei primi nove mesi dell’anno». Sono stati inoltre migliorati i coefficienti patrimoniali, con un common equity ratio in crescita al 15,2 per cento. «Nel solo terzo trimestre il capitale che siamo stati in grado di generare è stato superiore all’impatto derivante dall’integrazione di Ubi», ha sottolineato Messina.
Il gruppo ha continuato a sostentere l’economia reale erogando circa 66 miliardi di euro di nuovo credito a mediolungo termine nei primi nove mesi 2020 (circa 80 miliardi includendo Ubi), con circa 59 miliardi in Italia (circa 73 miliardi includendo UBI Banca), di cui circa 47 miliardi erogati a famiglie e piccole e medie imprese; circa 7.600 aziende italiane riportate in bonis da posizioni di credito deteriorato nei primi nove mesi 2020 e circa 120mila dal 2014, preservando rispettivamente circa 38.000 e 600.000 posti di lavoro.
«Siamo convinti di essere una delle banche meglio posizionate per poter riprendere la distribuzione dei dividendi una volta avuta l’autorizzazione della Bce», ha concluso Messina. Confermiamo un pay out ratio del 75% per il 2020 e del 70% per il 2021. In aggiunta alla distribuzione dei dividendi previsti a valere sul 2020, verificheremo il consenso della Bce rispetto alla distribuzione da riserve del dividendo a valere sul 2019».
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