Tutti vogliono accaparrarsi il cobalto. L’oro blu tra le risorse più ricercate

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16 Novembre 2023
Oltre 100 mila persone di cui 40 mila minori, lavorano in miniere improvvisate. La Repubblica Democratica del Congo è una terra che possiede oltre il 70% delle riserve mondiali del metallo ribattezzato “l’oro blu”. E la Cina ha già messo le mani avanti per assicurarsi disponibilità nel prossimo futuro

 

 

 

Non tutti sanno, forse, che il cobalto, ribattezzato come “l’oro blu“, risulta essere di importanza fondamentale per la realizzazione per esempio delle batterie dei nostri smartphone, o semplicemente, per far funzionare tutti i dispositivi elettronici e le stesse automobili elettriche. Dunque, non solo la lotta per accaparrarsi il litio, considerato da molti, il nuovo “oro nero” alla stregua del petrolio per il prossimo secolo, ma anche quella per il cobalto, sembra affermarsi con prepotenza nelle logiche economiche e geopolitiche di tutto il mondo.

E, a tal proposito, vi è una Terra falcidiata da epidemie, guerre civili, povertà e analfabetizzazione che si ritrova a possedere oltre il 70% delle riserve mondiali di cobalto. Stiamo parlando della Repubblica Democratica del Congo.

Basti pensare che, in un Paese con una superficie di 2,3 milioni di metri quadrati ed una popolazione stimata pari a 95 milioni di abitanti, molto ricco di materie prime di rilievo strategico per la transizione ecologica, l’estrazione dell’oro blu, costituisce una occasione ghiotta per le superpotenze come la Cina, al fine di assicurarsi uno strumento ulteriore di governo degli assetti geopolitici in divenire. Oltre la metà dei congolesi, infatti, si ritrova a vivere in una condizione di indigenza assoluta, con più di 5 milioni di persone morte dal 1998 ad oggi, a causa di conflitti esplosi proprio per il monopolio delle materie prime.

Per questo, nel 2008, la Cina, ha sottoscritto un accordo vincente sotto l’assetto economico e geopolitico con l’ex capo di Stato del tempo, Joseph Kabila, passato alla storia come “l’accordo del secolo”, il quale prevedeva un investimento da parte di Pechino, del valore di circa 6 miliardi di dollari da destinare solo alle infrastrutture ed ulteriori 3 miliardi , da impiegare nella industria mineraria, per una concessione di ben 25 anni di estrazione di rame (10 milioni di tonnellate) e cobalto (600 mila tonnellate). Un volume di affari previsto dal tenore stratosferico.

La Sicomines, joint venture partecipata al 68% dalla Cina e al 32% della Rdc, è figlia di questo accordo. E, stando a quanto riportato da AsiaNews, 15 delle 19 imprese minerarie attive in Congo, sarebbero cinesi. Insomma, la Cina deterebbe il controllo del 41% delle forniture globali di cobalto ed il 76% della sua raffinazione.

Occorre tenere presente che, per esempio, la richiesta di automobili elettriche è in costante aumento, e ci si aspetta possa crescere di oltre 40 volte entro il 2040. Negli ultimi mesi, il presidente congolese Fèlix Tshisekedi ha incontrato Xi Jinping, per rinegoziare le condizioni del patto, riuscendo ad ottenere una partnership con Pechino da primo alleato commerciale.

Ricercare ed estrarre questo prezioso metallo, come avviene attualmente, comporta un impatto ambientale assolutamente deleterio. In primis per le falde acquifere che vengono inquinate sempre di più, così come le città limitrofe ai giacimenti, oltre che al tasso di sfruttamento della manodopera assai consistente, soprattutto per le fasce di minori. L’ Unicef , parla di 100 mila congolesi impiegati in miniere improvvisate, anche nei giardini domestici, di cui 40 mila bambini o adolescenti.

Il cobalto: spartiacque per la sostenibilità ambientale

 

Il cobalto è un metallo estremamente “versatile”. L’ Istituto del Cobalto , ha stilato un elenco contenente le principali fonti di emissioni e il contributo che il metallo in questione, può offrire al processo di transizione energetica ed alla sostenibilità ambientale in senso lato. Nella produzione di energia elettrica e⁣ termica, con il 25% delle emissioni globali, il cobalto ci consente di assorbire energia verde attraverso le batterie ricaricabili. Ancora, viene impiegato per processi che riducono le emissioni delle industrie, vedi la desolforazione o il più e elementare riciclo della plastica. Nei trasporti, elettrificandoli, per garantire un modo di muoversi corretto e a basso impatto ambientale e tante altre applicazioni intelligenti.
Ad ogni modo, per evitare anche in questa fattispecie, una lotta spietata alla ricerca dell’ “oro blu”, diviene urgente individuare dinamiche di estrazione e lavorazione meno nocive non solo per il nostro ambiente, ma anche per noi che lo popoliamo.

 

 

 

 

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CAT: Beni comuni, commercio internazionale

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