Saint in what? La bella twiga colpisce ancora

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24 Aprile 2023

Ieri dicevo che scrivere le imprese di questo governo è una vera impresa per me, in quanto una ne pensa e cento ne fa. Probabilmente questo governo o pensa poco, o non pensa affatto, vista la pochezza dei cervelli che lo compone. Poi ho pensato una cosa che mi spaventa maggiormente. Ossia che i clown di cui parlavo ieri ne pensino molte di più e che ci sia una lista di codesti pensieri nella cassaforte (o nei preziosissimi “Appunti di Giorgia”, chissà che fior di annotazioni ci sono) del signor Meloni e che ogni giorno che passa se ne realizzi qualcuno.

È sempre lei, la bella twiga, la cui occupazione principale dovrebbe essere quella di occuparsi del turismo e che, nonostante le indicazioni del suo compagno di partito Rampelli – il quale tra una nuotata e l’altra, vorrebbe multarla di almeno 100.000 euro per aver usato termini non italici nelle comunicazioni ufficiali (multa che nel suo caso pagheremmo noi cittadini, in quanto lo stipendio della bella twiga E TUTTO CIÒ CHE COMBINA è pagato da noi) – si ostina a usare e abusare le lingue straniere.

Già un’operazione intitolata “Open to Meraviglia” la dice lunga sulla dimestichezza colle lingue aliene. Ma, come nota Selvaggia Lucarelli sul fatto quotidiano, che bisognerebbe mutare nel MISFATTO quotidiano, vista la frequenza con cui questo governo si espone a critiche giustificate ed evidenti, viste le sviste e gli svistoni, sono, oltre al titolo, i contenuti a far accapponare la pelle. Ecco l’articolo selvaggio della Selvaggia d’Italia: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/04/24/open-to-meraviglia-le-grottesche-traduzioni-delle-citta-in-tedesco/7140154/ .

Inoltre, il signor Giorgia Meloni, che pure ha problemi colle concordanze di genere in italiano, e che pure sarebbe diplomata in lingue straniere, famo a capisse, si è lasciata sfuggire i vari svarioni della sua collega Saint in what, la bella twiga di cui parliamo. E questo non va bene, signor Giorgia, no, no no. Non prenda la scusa che ha cose più importanti a cui pensare perché poi si cade dalla padella nella brace perché si vede che non ci pensa. E non prenda neanche la scusa che il quadernetto di appunti era finito e che le cartolerie erano chiuse.

Lei che di lingue straniere se ne intende dovrebbe sapere che, come fa notare la signora Lucarelli, le traduzioni sono una cosa seria e non si può affidare a un’intelligenza artificiale qualsiasi la traduzione di una cosa così delicata come la promozione del turismo del nostro paese, una delle risorse più importanti. Le traduzioni costano, almeno quelle fatte bene, e per far figurare che sono costate si fa finta, spero, che le abbia fatte una società di traduzioni, per poi scoprire che il risultato è peggio di quello del traduttore Google. Ma, appunto, il traduttore Google non costa niente e quei bei soldini, che, come suggerisce Lucarelli, verranno magari dal PNNR, viene forte il sospetto che o si intaschino o vadano a finire chissà dove o, comunque, sicuramente sono spesi male o peggio. Soldi che l’UE ha assegnato al paese per modernizzarsi e mettersi in riga.

Ma siccome il motto del signor Meloni è “Più Italia in Europa” allora perché non dare una dimostrazione di come le cose fatte all’italiana siano fatte meglio e con una dose di furbizia che a Bruxelles latiterebbe? Ce pensamo noi, ’o famo mejo.

La bella twiga, degna compagna del collega con cui è (o era, visto che avrebbe venduto le quote della società al suo compagno, che è come dire che i soldi restano sempre in famiglia…) in affari, one of the brightest Italian business men (ossia il miliardario ex-socio del Twiga rivierasco, l’ineffabile Bry, le cui sparate sui poveri vanno a braccetto colle solenni minchiate dette dalla Lollo del Parlamento sulle sostituzioni etniche), e che già avevamo bacchettato per le traduzioni sommarie che si riscontrano nel sito del Twiga, appunto, esilaranti, si dev’essere detta:

«Adesso faccio la promozione dell’Italia come dico io, usando i simboli di questo paese e glieli traduco, così i turisti che non parlano italiano li trovano meglio.»

Come fa notare la Lucarelli, le perle migliori si trovano nella traduzione delle città.

Chissà come faranno mai a trovare Prato i tedeschi che volessero andare a farci una gita, scrive Lucarelli. Prato infatti, nell’operazione “Open to meraviglia” sarebbe stato tradotto con Rasen, che, appunto vuol dire prato in tedesco. Così come se volessero andare a vedere Brindisi e il suo spettacolare porto interno, non la troverebbero. Perché Brindisi sarebbe stata tradotta in Toast, che vuol dire brindisi, bicchierata, ed è già tanto che non sia stato tradotto in Trinkspruch. Qualcuno, però, deve essere corso a correggere perché quelle enormità, in queste ore non appaiono più, o, meglio, le pagine in tedesco sono sparite, forse per nascondere le vergogne. L’articolo del Fatto è uno spunto per visitare il sito www.italia.it dove già i testi in italiano sembrano quelli di un ristorante da riviera per magnificare ciò che dà in pasto ai turisti.

Per esempio campeggia una pagina che suggerisce un “Itinerario delle opere più belle di Caravaggio custodite nelle città d’Italia” https://www.italia.it/it/italia/cosa-fare/opere-di-caravaggio-in-italia-dove-vederle .

Se si parla di opere più belle si presuppone, secondo l’uso dei termini di paragone nella lingua italiana, che ce ne siano anche di più brutte, sempre custodite nelle città italiane. Vorremmo sapere quali sono queste ultime. È inutile che le cerchiate, le racchie non si mostrano, si espongono solo le belle twighe.

Sempre sulla stessa pagina iniziamo bene: “Da Michelangelo Merisi al genio di Caravaggio: tra vita e opere”. Scritta così sembrerebbe che Michelangelo Merisi e Caravaggio siano due entità diverse, sembra un po’ il trovate l’errore che ci propongono i giochi enigmistici che infuriano sulla rete. E l’errore è alquanto evidente. Naturalmente siccome non siamo cretini e ignoranti e conosciamo sia la Storia dell’Arte, la Storia e, soprattutto, la lingua italiana (cosa che sembra ignorare chi ha compilato i testi di quelle pagine web), intuiamo che il titolo vorrebbe significare “La storia di Caravaggio da quando era solo Michelangelo Merisi”, ma scritta in quel modo, francamente, una persona che non ne sa niente non lo può evincere mai e poi mai. Fallimento totale della comunicazione.

Per non spendere soldini preziosi e far disegnare una carta dell’Europa, magari in stile, magari anticata, che magari potrebbe anche sembrare una mappa di una caccia al tesoro, visto l’argomento caravaggesco, per indicare le città italiane dove sono conservate “le opere più belle” che si fa? Si usa la carta di Google, che non costa niente, naturalmente interattiva, per andare a scoprire le città dove queste opere sono custodite.

Allora, siamo andati, per andare fino in fondo, a cliccare sul numero 5, che corrisponde a Messina, città molto in auge in questo momento per le frenesie di Salvini e del suo Ponte sul “Canale di Sicilia”, come lui ama chiamare lo Stretto di Messina, senza sapere che il Canale di Sicilia è il tratto di mare tra Sicilia e Tunisia… Ecco qui, cliccate: https://www.italia.it/it/sicilia/messina

Vi si apre un breve riassunto su Messina e le sue bellezze. Ma di Caravaggio e di dove sia custodito neanche l’ombra. Diventa veramente una caccia al tesoro: dove sarà l’indizio?

L’indizio non c’è. In compenso ci sono dei begli svarioni in italiano.

Si apre con “Messina è la porta di ingresso per i viaggiatori diretti in Sicilia.” Ora, forse per chi viene dal continente. Ma per chi viene dal Tirreno si potrebbe optare anche per Palermo, come porta della Sicilia, o Catania, o Trapani per chi venisse da altre parti: è un’isola! Per uno che viene in traghetto da Genova o da Napoli, la porta della Sicilia è Palermo, non ci piove. Ma è una sottigliezza che la bella twiga non capirebbe.

Ovviamente che si fa per pubblicizzare un prodotto? Ti faccio vedere questa, guarda che gambe, o quest’altra, guarda che petto. Per Messina, sfregiata dalle catastrofi e ricostruita pazientemente, pur bella città, si prova a fare colpo coi primati: il secondo organo d’Italia per grandezza (nel Duomo), l’orologio meccanico più grande del mondo (sempre nel Duomo) e “Merita una tappa anche la sede dell’Università, fondata nel 1548 da Sant’Ignazio di Loyola.” Ora, passi sant’Ignazio (che, vorremmo sottolinearlo, in lingua italiana, si scrive colla minuscola perché non è né un luogo né una chiesa ma una persona; probabilmente la bella twiga che ha compilato la scheda non lo sa), ma in realtà il fondatore non è lui bensì Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, che istituì a Messina uno Studium Generale, affidato ai gesuiti, certo, e pure caldeggiato da Ignazio, ma non fu quest’ultimo a fondarla. E poi, perché mai l’Università di Messina dovrebbe essere una tappa nella visita? Il pregevole edificio originario forse sì, ma andò giù nel 1908, insieme alle biblioteche, agli insegnanti e ai materiali scientifici. Quello nuovo è certamente dignitoso ma degno di una tappa mi sembra esagerato. Non una parola sulla splendida Chiesa dei Catalani, una delle poche, splendide tracce di una Messina pre-terremoto.

Prospetto dell’Università di Messina prima del terremoto.

Attuale prospetto dell’Università di Messina

Si prosegue con Taormina, di cui si esalta il Teatro, gemma archeologica, che però viene nominato come Teatro Greco (sempre in maiuscolo, perché ci piace così). Ora, il teatro di Taormina viene denominato normalmente come teatro antico, perché, pur su una base greca fu poi costruita la parte romana, con una scena e un portico, di cui oggi si vedono gli evidentissimi resti. Ma, ovviamente, per chi ha compilato la scheda, ahimè, resta un Teatro Greco a tutti gli effetti.

Andiamo avanti…

“Se vi trovate in zona, non può mancare una visita ai borghi di Novara di Sicilia, Tindari e Milazzo. Quest’ultimo è famoso per… eccetera.”

QUEST’ULTIMO! Al maschile. Ora, a noi, alla scuola elementare e poi alle medie ci facevano un culo quadro per insegnarci che le città, almeno in italiano, sono da declinare TUTTE al femminile. Milazzo non è un borgo, ossia un villaggio con poche anime come Novara di Sicilia (1.153 abitanti) o Tindari (che è una minuscola frazione di Patti, di cui resta solo una parte archeologica stupenda e un santuario), ma una vera e propria città con più di 30.000 abitanti, e quindi va declinata al femminile. Forse manco questo sapeva la bella twiga compilatrice, che magari non c’è mai stata a Milazzo.

E comunque, di Caravaggio, persona diversa da Michelangelo Merisi, a Messina, secondo questa scheda, perché dal Caravaggio siamo partiti, sembra non esservi traccia.

Nessuno, ma proprio nessuno, ha suggerito a chi ha compilato quella pagina web che forse, in Sicilia, ci sarebbe un altro posto che custodisce un Caravaggio. Ed è Siracusa: il Seppellimento di Santa Lucia, che sta sull’altare di Santa Lucia al Sepolcro, dopo il restauro. Sarebbe la mancata stazione n. 6, su quella mappa di Google. Forse quell’opera fa parte di quelle più brutte e non è stata inclusa per questo.

Non indago sulle altre schede perché voglio lasciare il piacere a tutti voi di scoprire le inesattezze che vi saranno distribuite a profusione, senza dubbio, visto che in una piccola scheda su Messina ce n’è già diverse ed evidenti. Ecco come vengono spesi i soldi per promuovere il turismo nel nostro paese dalle belle twighe di turno, le quali sanno aprire la bocca solo per dire minchiate e per non riuscire a controllare nemmeno l’essenziale. O, forse, ha controllato e a colei tutto sembrava corretto, la qual cosa è anche peggio. Saint in what?

Ci vorrebbe un lanciafiamme per mettere le cose a posto e cercare di ricostruire.

E io pago…

 

 

 

TAG: Caravaggio, italia, Lucarelli, Meloni, Messina, Milazzo, oper to meraviglia, PNNR, Santanchè, Taormina, turismo
CAT: Beni culturali, Turismo

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