Ecco perché il 2017 sarà l’anno di svolta per le Pmi
Delle oltre 321 società quotate a Piazza Affari, di cui 78 sull’Aim, gli investitori generalmente ne prendono in considerazione una sessantina, prevalentemente blue chip (ovvero le società con una capitalizzazione di almeno un miliardo) e icone del made in Italy, la stampa nazionale non va oltre la metà. Eppure le Pmi non mancano di dare soddisfazioni borsistiche per chi è pronto a uscire dalla zona di comfort data dagli investimenti in blue chip: secondo la recente pubblicazione “Indici e Dati” dell’ufficio studi di Mediobanca, dal 1996 ad oggi le mid cap (dalla 31° posizione sul listino alla 100°) hanno reso in media l’8,5% l’anno tra rivalutazione e dividendi, il doppio rispetto al rendimento presentato dalle blue chip, mentre per le Small Cap (dalla 101 posizione per capitalizzazione in giù), spesso penalizzate da una liquidità piuttosto modesta, il rendimento annuo si è attestato all’1,9%, un risultato comunque migliore rispetto, tra l’altro, alla performance messa in atto, negli ultimi venti anni dal comparto assicurativo: +1,5% annuo.
«Gli investitori ricercano Pmi con solidi fondamentali (il 76% degli interpellati), maggiore trasparenza (il 42%) e migliore governance (il 35%)», rileva un recente studio sull’Aim Italia di IR Top che, tra le proposte correttive segnalate per far decollare il mercato delle Small, suggerisce tra l’altro la nascita di fondi dedicati (richiesto dal 65% degli investitori interpellati) e l’introduzione di incentivi fiscali che favoriscano l’investimento in Pmi (per 59% degli investitori interpellati).
«Dall’anno della sua nascita, il 2012, a oggi – spiega Barbara Lunghi, Head of Primary Market di Borsa Italiana – le aziende che si sono rivolte ad AIM Italia hanno raccolto circa un miliardo di euro. A fine novembre 2016 sono 78 le aziende quotate, per una capitalizzazione totale di circa di 2.6 miliardi di euro e una media di 44 milioni di euro al momento della quotazione. Il mercato ha le potenzialità di diventare un punto di riferimento importante per le aziende ad alto potenziale di crescita e ci auspichiamo che un numero crescente di investitori investa nelle piccole e medie imprese, che portano occupazione, innovazione e in ultima analisi ricchezza per il Paese».
Un elemento di novità sarà rappresentato dai P.I.R., i piani di investimento individuali previsti dalla Legge di Bilancio 2017, che hanno come obiettivo quello di dare una spinta al mercato delle piccole e medie imprese, ovvero un settore estremamente vitale nell’economia reale così come sui mercati finanziari. «Molte aziende piccole e medie – aggiunge Lunghi – stanno valutando l’accesso al mercato. C’è grande attesa nella comunità finanziaria per le misure del Governo che dovrebbero favorire gli investimenti nell’economia reale, proprio come i Piani individuali di risparmio».
Le attese nei Pir sono decisamente elevate. Le agevolazioni fiscali previste per questo nuovo strumento di investimento dovrebbero infatti risvegliare l’interesse dei singoli investitori per le Small Cap e dirottare quindi sull’economia reale, rappresentata da quel vasto tessuto di pmi che compone la principale risorsa del nostro Paese, il risparmio delle famiglia. Nei Pir il 70% del portafoglio deve essere destinato a titoli obbligazionari e azionari emessi da imprese italiane o aziende europee con una stabile organizzazione in Italia e, più in dettaglio, il 21% del portafoglio deve essere investito in aziende diverse da quelle presenti sul Ftse Mib e non può essere destinato più del 10% del portafoglio a titoli dallo stesse emittente. La parte rimanente del portafoglio può essere investita in qualsiasi altro strumento finanziario, compresi i conti corrente e i depositi bancari. Per chi mantiene l’investimento nei Pir per la durata minima prevista dalla normativa (cinque anni) è prevista la detassazione sugli interessi. Le imprese che aderiranno ai piani individuali di risparmio potranno godere di agevolazioni fiscali nella misura di 30 mila euro l’anno in meno di detrazioni fiscali.
«Questo sistema – ha spiegato Fabrizio Pagani, Capo della segreteria tecnica del Ministero dell’Economia e delle Finanze in occasione della Small Cap conference organizzata da Borsa Italiana – convoglierà diversi miliardi di euro sulle Pmi. Stimiamo che nel primo anno possano aderire 120mila investitori privati. Considerando una media di 15mila euro ciascuno (al massimo si possono investire 30mila euro l’anno) la cifra che si otterrebbe è vicina ai 2 miliardi di euro».
Il prossimo anno potrebbe quindi rappresentare una finestra utile per la quotazione, anche per quelle imprese che nel 2016 hanno fatto un passo indietro, frenate dalla volatilità dei mercati dovuta all’accumularsi di molti appuntamenti elettorali.
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Nella foto, un momento della Small Cap conference 2016 organizzata da Borsa Italiana
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