Che ci posso fare?

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3 Maggio 2023

E’ strano come in tempi in cui la chiacchiera costituisce l’attività sportiva di gran lunga più praticata – in Italia addirittura uno sport nazionale – manchino le parole.

O magari ci sono, sono lì a disposizione ma non si devono o non si possono usare. Sono come quelle divanesse di una volta che se ne stavano foderate di plastica a casa delle zie, decrepite e immacolate allo stesso tempo. Stagionate come le zie medesime e tuttavia vergini esattamente come loro.

Per esempio la parola “borghese”.

Se la usi ti senti immediatamente inadeguato.

Quasi in imbarazzo. Hai voglia ad aggiungerci aggettivi di rinforzo – del tipo “ricco”. Eppure conosco persone che non saprei definire altrimenti. Ricco borghese.

Bene che vada sarai compatito perché, vedi “ormai siamo tutti omologati”.

Sarà.

Solo che i portafogli non sono pasoliniani e, di omologazione, non ne vogliono sapere niente. Ed io, magari, non avrò nulla che mi differenzi – a primissima vista – da un “ricco borghese” (per quanto anche qui ci sarebbe da discutere, considerati i negozi d’abbigliamento dove si serve lui e quelli dove mi servo io quando mi servo…) ma basterà confrontare i rispettivi estratti conto e la differenza salterà immediatamente all’occhio.

L’omologazione, perciò, è sì una bella pensata ma il bancomat non ne ha ancora preso atto.

Sì è vero: tutti esseri umani siamo.

E però, come nella fattoria degli animali, se è vero che siamo bestie uguali è anche vero che qualche bestia è più uguale delle altre.

Questo magari qualche conseguenza la comporta. O no?

Una è che spesso, quando sento parlare, leggo quel che scrive o guardo quel che fa un “ricco borghese” (mi scuso della definizione che continuo a usare…è solo per capirci…) io non mi trovo a mio agio.

Come in un territorio non mio.

E le cose, se possibile, peggiorano quando all’aggettivo “ricco” se ne aggiunge un altro: “progressista”.

Il “ricco borghese progressista” (mi scuso di nuovo) mi mette profondamente a disagio.

Soprattutto quando parla di cose che riguardano lui e che lui dà per scontato riguardino anche me.

E’ quello che mi sta succedendo in questi giorni.

Mi sento a disagio perché in tanti sono andati a vedere l’ultimo film di Nanni Moretti e ne parlano continuamente – il mio profilo facebook pullula di recensioni, dichiarazioni d’amore o, al contrario, stroncature. Ma sempre a nome di “una generazione” che comprenderebbe loro, me e Moretti. Tutti insieme appassionatamente.

Per cui quello che dicono, giuro, io non riesco a capirlo.

E’ come se mi trovassi dall’altra parte della valle e col binocolo vedessi che muovono le labbra senza sentire quello che dicono.

Una sola cosa sono riuscito a comprendere: che a quanto pare loro – e Moretti insieme a loro – sostengono che ciò che riguarda Moretti dovrebbe, chissà perché, riguardare anche me.

E invece non mi riguarda affatto.

Che ci posso fare?

p.s.

Non ho visto l’ultimo film di Moretti. Lo vedrò quando lo daranno aggratis in televisione. Se lo faranno. Se no niente. Magari sarà bello, chi dice di no. Ma a me, per dire, mi piace John Wick.

TAG: Cultura, italia
CAT: Cinema, costumi sociali

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