Il modello Milano ha goduto di un ampio consenso. E adesso?

Milano

Heri dicebamus

Le criticita’ del Modello Milano, c’ erano gia tutte e sin dall’inizio.Ma chi sollevava dubbi e perplessita’ veniva ignorato o al massimo sopportato come un lamentoso, conservatore o sovversivo, che remava contro le magnifiche sorti progressive della ” citta’ che non si ferma.”

21 Luglio 2025

Ha ragione Jacopo Tondelli quando scrive che c’è stato, c’è tuttora, un consenso a questo modello Milano per varie ragioni e non solo economiche. Non penso sia maggioritario nella cittadinanza residente, certo lo è negli opinion leader, nei media e nei social che lo alimentano, nelle rappresentanze delle forze produttive, nella quasi totalita’ del ceto politico e anche in certi ambiti della società civile organizzata.
È uno dei motivi per cui le criticità non venivano viste, ma c’erano già tutte e sin dall’inizio.

Dal dopo Expo, dalle “week” elette a sistema, dal turismo speculativo, da rigenerazioni edulcorate da mixité e propositi sociali funzionali solo ad aumento di rendite immobiliari e finanziarie che hanno creato consenso ma di fatto espulso abitanti a basso reddito.
Marketing commerciale, “eventi”sino allo sfinimento,  ristorazione e street food ovunque. Decoro urbano che ha un suo valore intrinseco, ma nessun miglioramento della qualità di vita e dei servizi delle periferie.
La dimensione pubblica ridotta a storytelling competitivo e management. Un modello tossico.

Economia del lusso e contemporanea riduzione di spazi pubblici fruibili non messi a reddito. Ambizioso ridisegno di una città di un gruppo ristretto di persone, di interessi e masterplan, in cambio di sponsor e beneficenza, charity la chiamano così ora.

Ma chi sollevava dubbi e perplessità veniva ignorato o al massimo sopportato come un lamentoso,conservatore o sovversivo , che remava contro le magnifiche sorti progressive della “città che non si ferma.” È chiaro che se cambiano i tuoi radicamenti sociali, la costituency, anche nelle forze politiche e sociali, tu questi problemi non li hai, non li senti e non li tieni in agenda.

Si è arrivati a negare fenomeni evidenti, la bolla inflattiva e gli impoverimenti, ma alla fine il rimosso riemerge. E bisogna dare atto a persone come Lucia Tozzi e altri, anche allo spazio de Gli Stati Generali, di aver oltre due anni fa finalmente provocato il discorso pubblico su questo tema e rotto il conformismo sulla stucchevole retorica del modello Milano.

Certo, il problema è di tutte le grandi aree metropolitane europee ed internazionali che paiono attraversare le stesse dinamiche, e gestire un’imponente trasformazione nell’assenza e debolezza della politica e di strumenti di governo efficaci. Che poi trasporti e i servizi siano migliori che altrove non giustifica però la dicotomia sociale che certe scelte complessive hanno accelerato e ampliato.
Non basta la “light line” che collega al “city airport”, per arrivare a fine mese.

La rapidità della crescita della città dei grattacieli e dei vari hub è stata pari alla crescita delle file fuori le mense del Pane Quotidiano, la fatica del lavoro povero, la necessità per tante persone e famiglie di lasciare la città per l’insostenibilità dei costi a partire dalla prima casa e dagli affitti. Edilizia residenziale pubblica un miraggio e una lotta fra disagi e povertà.

Diciamo la verità: un modello Milano consumista, privatistico, fuori tempo, nell’illusione tipica del pensiero liberista che alla fine, coinvolgendo il no profit in qualche progetto, avrebbe avuto ricadute benefiche anche sui ceti deboli e ai margini e quindi generato consenso. Ma i diritti sociali non sono l’apertura della sala da pranzo alla servitù quando i signori si sono alzati dal tavolo.

Si è innescato un meccanismo che ha sicuramente trasformato la città, determinando un afflusso sproporzionato di ricchezza privata che poi un’amministrazione municipale non trovava strumenti e risorse per poterne gestire le distorsioni, con margini di azione di welfare ridotti. Anche questo è stato il modello Milano e il suo consenso.

Che tutto ciò abbia prodotto comportamenti penalmente rilevanti si vedrà, purtroppo paghiamo in Italia lo scotto di un cortocircuito media/politica/magistratura che dura da trent’anni e che a volte tradisce una visione salvifica e disinvolta dell’azione penale e processuale che travalica l’individuazione di eventuali reati e si fa anche pedagogia e stato etico.

Che questi provvedimenti portino al blocco di tanti settori produttivi legati all’edilizia è un danno oggettivo per tutti, anche se non sei un rentier o un immobiliarista.

Ma una reazione salutare e corretta della politica, che rispetta, senza però subire, l’azione della magistratura, sarebbe quella di iniziare a rispondere, rispondere sul serio alle tante criticità, diseguaglianze e fragilità che si sono determinate in questi anni.

Una nuova socialità urbana e una revisione anche in campo urbanistico, perché è evidente che questa governance, queste prassi si sono prestate, come minimo, ad un elevato grado di discrezionalità.

Cominciare a riconoscerlo pubblicamente da parte di tutti sarebbe già un passo avanti.

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