
Milano
Angelo Junior Avelli, attivista per la casa: “Il modello Milano? Tossico e insostenibile”
Intervista a Angelo Junior Avelli, attivista per la casa a Milano e da da qualche anno tra i coordinatori del Social Forum dell’Abitare.
Aldilà di ciò che decideranno i giudici, ciò che emerge dalla tempesta che sta investendo l’amministrazione Sala conferma il naufragio di un “modello Milano” che potremmo sintetizzare così: il Comune persegue l’obiettivo strategico di attirare capitali concedendo oneri di urbanizzazione bassissimi (un sesto che a Berlino) a chi costruisce, deregulation e la possibilità di “spingere” i propri progetti elargendo consulenze ai membri della Commissione paesaggio del Comune, quella che valuta i progetti. A latere la trasformazione di Milano in una fabbrica di eventi a ciclo continuo, dalla Fashion Week a ChocoLove, per trainare la domanda. Una politica che negli anni ha prodotto prezzi al metro quadro alle stelle, lavoro precario e sottopagato, overtourism, espulsione dei proletari dal centro. E persino lavori di ristrutturazione che producono palazzine di sette piani spuntate dal nulla in un cortile di cui i tecnici però, come Magritte con la pipa, assicurano: “Questo non è un cortile”. Dunque tutto in regola. E come si fa a contestare il parere di un tecnico?
Ne parliamo con chi da tempo è in prima linea contro questa idea di città. Ad Angelo Junior Avelli, attivista per la casa a Milano e da da qualche anno tra i coordinatori del Social Forum dell’Abitare, chiediamo innanzitutto un giudizio sul contesto generale.
Che tipo di città è la Milano che emerge dalle diverse inchieste?
Le inchieste confermano che il cosiddetto modello Milano è insostenibile, è un paradigma tossico di colonizzazione e di deprivazione del tessuto sociale. E bada che però fino al 2022 nessuno lo diceva: era come se la questione sociale, cioè che la città fosse stata resa invivibile, non esistesse. Gli assessori comunali negavano che ci fosse una questione abitativa. Il dissesto del patrimonio residenziale e la vendita di quello pubblico erano la prassi. Da Expo in poi la mobilitazione, le inchieste e il dibattito pubblico che ne è seguito sono riusciti a porre al centro la questione. A questo proposito ricordo che le inchieste sono partite dalle segnalazioni dei comitati degli inquilini.
E ora?
L’impressione è che ormai il re sia nudo. Siamo arrivati al capolinea di questo modello. Ma anche se potrei essere smentito domani dagli sviluppi della vicenda giudiziaria, è difficile immaginare il commissariamento di colui che in questi anni è stato il commissario per antonomasia. Mi riferisco a Sala, che è lì perché ha fatto l’Expo, ed è un battitore libero, uno strascico del renzismo nel suo momento più alto. Uno che si è reso antipatico prima di Renzi e per questo non è riuscito a fare il balzo che gli avrebbe consentito di diventare un politico nazionale, insomma un Renzi che non ce l’ha fatta e che, una volta intrapreso il secondo mandato, ha alimentato un grande disamoramento della città nei propri confronti.
Chi c’è dietro Sala?
La finanza e il settore immobiliare, perché il turismo è solo un vettore per drenare flussi di investimento. Fa scalpore assistere a un attacco frontale a Manfredi Catella, il CEO di Coima, che è il principale sviluppatore immobiliare a Milano, ma oltre a gestire la partita finanziaria e le relazioni con la politica, è anche il facilitatore rispetto alle catene d’investimento internazionale e, ad esempio, ha un filo diretto col Qatar e con altri serbatoi di capitale finanziario. Catella può essere considerato l’erede di Ligresti, ma è dotato di una potenza di fuoco maggiore e ha portato avanti la sua azione predatoria in modo molto più subdolo anche se raffinato.
Dicevi che è improbabile il commissariamento del commissario…
La cosa che mi sento di dire è che è difficile immaginare che Sala venga esautorato, perché al momento svolge ancora un ruolo fondamentale in questo modello morente, in cui però ci sono ancora tante partite da chiudere. Una è San Siro, cioè la costruzione del nuovo stadio nuovo e i piani di riqualificazione dell’area, che suscitano l’opposizione dei residenti. L’altra sono le Olimpiadi Milano-Cortina. Ci siamo quasi, ma non è tutto pronto. Ci sono ancora dei lavori in corso e governo, regione e comune si stringeranno attorno a Sala per fargli concludere il “lavoro sporco”, diciamo così, fino alla fine delle Olimpiadi. A quel punto bisognerà capire come va a finire.
In tutto questo che ruolo ha avuto la politica di sinistra e di destra?
La risposta politica della città rispetto al modello Milano è stata inadeguata sia a destra che a sinistra. Da una parte hai la maggioranza – Giunta e Consiglio uniti – di Sala che lo difende a spada tratta, ha votato il famoso “Salva Milano” e ha premuto perché il provvedimento andasse avanti Parlamento. Insomma è disposta a turarsi il naso all’infinito. L’assessore all’urbanistica Tancredi, un tecnico vicino a Sala, ha fatto sapere di essere disponibile a dimettersi e probabilmente lui salterà e questo sarà il prezzo che il sindaco è disposto a pagare ai giudici per il momento. Per quanto riguarda le altre forze politiche hai una destra che prova a ritagliarsi uno spazio e però lo fa in modo pretestuoso, perché non è che in regione o al governo abbia fatto qualcosa per affrontare problemi infrastrutturali come trasporto pubblico e casa. Del resto il “faccendiere” che teneva le relazioni con gli immobiliaristi agiva anche a livello regionale. L’operazione della destra è sfruttare la situazione per produrre la propria narrazione di 15 anni di una gestione del centrosinistra disastrosa. Peraltro non è ancora chiaro chi sarà il candidato del centrodestra alle prossime amministrative. Il nome che circola è Lupi, che non è certo un candidato forte, ma è un moderato che potrebbe piacere all’alta borghesia e all’imprenditoria liberale vicino a Sala. Per quanto riguarda la sinistra la situazione è molto complicata e ambigua, perché anche i partiti che hanno provato a stare più vicino alle forze sociali che si battono per diritto alla casa e contro la speculazione in termini di proposta si mostrano deboli. A sinistra del PD non ci sono una proposta unitaria a sinistra né un’alternativa credibile e concreta e questo si vede nel protagonismo della destra, che ovviamente si prende gli spazi lasciati liberi.
Quali sono stati gli snodi fondamentali nella nascita di un’opposizione sociale al modello Milano?
In realtà è un fenomeno abbastanza recente. Diciamo che tutto implode col covid. Con la pandemia, infatti, alcuni dei settori considerati strategici in questo modello, primi tra tutti l’economia, in particolare il turismo degli eventi nella città vetrina – che ha fatto scuola anche in molte altre città come Firenze, Napoli, Roma, Bologna, Bergamo – sono saltati. L’altro elemento scatenante è stata la mobilitazione degli studenti: il movimento delle tende, due anni fa. Quando è stato chiaro che i soldi del PNRR stanziati per gli alloggi degli studenti in realtà erano una mangiatoia per i costruttori per fare studentati privati, senza alcuna ricaduta positiva per gli studenti, questo, sommato al caro affitti, ha fatto saltare il tappo. Perché almeno dal 2022 gli affitti turistici brevi hanno alimentato un corto circuito: da una parte una città sempre più attrattiva, che spinge tante persone – lavoratori, studenti e turisti – a competere per procurarsi un alloggio, dall’altra un mercato che restringe la possibilità di riuscirci, al netto di un patrimonio residenziale pubblico insufficiente e con migliaia tra appartamenti regionali o comunali sfitti. La cosa significativa è che le tende vengono piantate davanti al Politecnico, l’università dei figli della borghesia. Significa che anche loro per la prima volta si imbattono nella difficoltà di trovare casa. L’altro dato significativo è che molti lavoratori essenziali non trovano più casa, perché guadagnano troppo poco. Oltre agli autisti dell’ATM, infermieri e insegnanti e il lavoro migrante degli stranieri, ma anche di chi viene dal sud Italia. Il lavoro è sempre più precario, discontinuo e ibrido. E con salari così bassi che gli affitti se ne mangiano più della metà.
Ai primi di luglio avete organizzato una manifestazione per il diritto alla casa che ha mobilitato migliaia di persone, un risultato non da poco di questi tempi. Dopo le nuove iniziative dei giudici per voi che prospettive si aprono?
Secondo me gli effetti di una tempesta come questa si faranno sentire. Perché oggi non è più possibile dire che il modello Milano funziona o che ha prodotto dei benefici per la città, per il semplice fatto che per la maggior parte delle persone questa cosa non si è verificata. Perciò dobbiamo rilanciare sul piano della partecipazione dal basso, sulla costruzione di percorsi di discussione pubblica all’insegna di una reale discussione democratica, quella che è mancata in questi anni. Lo abbiamo visto sui progetti di quartiere, dove alla fine il dibattito pubblico si è risolto in una semplice presentazione dei piani o in una “consultazione” dei vari attori territoriali. Oggi c’è voglia di riprendere la parola e di provare a assumere nuovamente un ruolo. Poi una proposta deve maturare anche nello spazio politico, una proposta che dovrà essere alternativa e in forte rottura rispetto alle ultime stagioni del centrosinistra. Il rischio è che il governo della città vada in mano al centrodestra, che non cambierà l’attuale situazione e anzi potrebbe diventare il perfetto garante degli interessi di chi ha beneficiato del modello Milano sino a oggi.
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