Parigi
Allons enfants de la Patrie
La scena è più o meno questa. Marine sale sul palco in un tripudio di rosso, bianco e bleu (sic). Sorride. Ringrazia. Manda baci. Probabilmente, alla fine, conquisterà una sola regione (forse due). Sicuramente si è resa conto che una bella fetta della Francia oramai è con lei e con il Front National.
Come funziona il voto
Accedono ai ballottaggi i partiti che al primo turno ottengono oltre il 10% dei suffragi. In seguito, il partito che ottiene la maggioranza al ballottaggio avrà in Consiglio regionale un quarto dei seggi più un bonus riguardante la sua percentuale. Il rimanente dei seggi viene poi ripartito tra i partiti oltre il 5%. Le liste tra il 5 per cento e il 10 per cento hanno tre giorni per trovare un accordo con una lista che si è qualificata e coalizzarsi: se ciò non accade, anche queste sono eliminate. A questo punto ci sono diversi scenari possibili: un duello tra candidati, una corsa a tre, il ritiro di uno dei candidati o la fusione tra le liste di due candidati, allo scopo di ostacolarne una terza. Attualmente, pare che Hollande abbia chiesto ai suoi candidati di fare “un passo indietro” nelle regioni dove è impossibile che il PS vinca (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Piccardia-Nord-Pas-de-Calais e Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena) senza appoggiare formalmente il candidato repubblicano, ma sperando, silenziosamente, che gli elettori possano andare alle urne e votarlo per fermare l’onda lepenista.
I partiti
Nell’oramai tripolarismo francese, abbiamo situazioni molto dissimili.
Fronte Repubblicano: il partito dell’ex presidente Sarkozy sarà probabilmente il vincitore al secondo turno. E’ riuscito a mettere insieme oltre ai gollisti, un parte dei centristi e potrebbe vincere in 12 delle 13 regioni. Si attiene alla linea del “né né” (né col Front National né con il Ps) e ricorda spesso che il partito di Le Pen, che alle ultime elezioni dipartimentali era dato vincitore in molte province, alla fine non ne ha conquistata nessuna.
Partito Socialista: il vero sconfitto delle elezioni. Dopo il 2012, da quando è stato eletto all’Eliseo François Hollande, i problemi sono sempre gli stessi. Dall’arrivo di Manuel Valls al governo, ciò che resta della coalizione ambientalista “Europe Ecologie Les Verts”, preferisce allearsi con il “Front de gauche” (gli ex comunisti) che con il Ps. Anche se parte al governo di 21 regioni su 22, la sinistra si è presentata in ordine sparso. Certo, grazie al sistema elettorale, sono possibili fusioni di liste e nuove alleanze tra i due turni, ma pare che, almeno attualmente, l’ipotesi sia molto remota.
Front National: il partito lepenista, che è uscito vincitore, è un partito che non si può sottovalutare. Chi vota Marine Le Pen, sua nipote Marion e gli altri candidati frontisti lo fa per adesione a una visione del mondo che è ormai centrale in Francia. Una visione che si nutre dei contributi di intellettuali e polemisti non certo ai margini ma anzi oggi tra i più seguiti, da Alain Finkielkraut a Michel Onfray. Nel 2007 con l’ingresso di Alain Soral (un comunista) nel partito si è compiuta una drastica trasformazione nel Fronte Nazionale. Alcuni elementi di politica economica vengono definiti “keynesiani” o comunque “di sinistra” (salario minimo, lotta, ma non troppo, alla finanza, aumento delle pensioni, fiscalità fortemente progressiva). Questi elementi, sono affiancati da una serie di elementi di rottura (uscita dalla Nato e dall’Euro, revanchsimo nazionale, sovranismo, riarmo, stato di polizia perenne, sospensione dei diritti civili per determinate categorie di persone) che preoccupano non poco l’opinione pubblica moderata del continente europeo.
Con l’avanzare della crisi economica in Francia e dopo i recenti attentati, Marine non ha dovuto fare altro che passare all’incasso. La signora è una politica senz’altro estremamente astuta (ricordiamoci che, a differenza di alcuni politici nostrani, dopo gli attentati fu la Le Pen stessa a sospendere la campagna elettorale per le regionali) e il Fn è senz’altro uno dei casi più riusciti di ascesa politica del dopoguerra. Salvo qualche clamoroso passo falso, l’influenza della dinastia Le Pen è quindi destinata a durare ancora.
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