Arte

A Napoli arriva Amal, marionetta alta tre metri simbolo dei rifugiati

10 Settembre 2021

Oggi decido di regalarmi una giornata da turista nella mia città. Mi trovo dinanzi al chiostro dell’ex complesso conventuale di Santa Maria della Sanità, risalente al Seicento, si vedono i due robusti piloni del ponte di tufo completato nel 1807. Il cavalcavia, progettato dall’architetto Nicola Leandro su ordine di Giuseppe Bonaparte, servì a collegare più facilmente la zona centrale della città con la reggia di Capodimonte, raggiungibile solo attraverso la ripida e tortuosa Strada vecchia di Capodimonte. Per scavalcare il vallone, dove è insediato il popoloso quartiere Sanità, fu necessario demolire il chiostro maggiore di Santa Maria della Sanità e fu in parte distrutto anche quello più piccolo e originale, di forma ovale. Il “Ponte della Sanità” ha cambiato nome nel 2011, quando è stato intitolato alla partigiana Maddalena Cerasuolo, che il 29 settembre del 1943 impedì ai tedeschi in ritirata di minare il ponte, decisi a tagliare i collegamenti verso nord.

Merita di essere visto nella zona il cimitero delle Fontanelle, detto delle “anime pezzentelle”, dove tra i numerosi crani che popolano la galleria centrale, è notevole per la grande quantità di ceri posti dinanzi alla sua “scarabattola”, la piccola edicola che lo contiene, quello del Capitano. Altrettanto meritevole di visita, è quello di donna Concetta, considerato miracoloso in quanto, diversamente dagli altri che si ricoprono di polvere, questo si ricopre di goccioline che somigliano al sudore. Trattasi in realtà della condensa che si forma in luoghi umidi.

A via Foria è possibile ammirare la chiesa di Sant’Antonio Abate, l’Anacoreta. Costruita per volere di Roberto D’Angiò, e rimaneggiata in epoca barocca, dopo un incendio, la chiesa attirò molti fedeli quando il cavallo bronzeo di Virgilio, fu distrutto. Il popolo, infatti, per guarire i cavalli malati celebrava intorno alla chiesa un rito identico a quello che si svolgeva un tempo intorno alla statua, presumibilmente scolpita da Virgilio. Il 17 Gennaio, giorno in cui ricorre la festa del santo, gli animali vengono portati sul sagrato della chiesa per essere benedetti. Ad essere raffigurato ai piedi del santo però, è il maiale, non il cavallo, che rappresenta tutti gli altri animali. Il potere terapeutico attribuito a Sant’Antonio Abate è infatti strettamente legato al maiale: i monaci di Sant’Antoni Abate, a cui il re angioino affidò il complesso religioso che comprendeva un ospedale, erano rinomati per il loro unguento, preparato a base di grasso suino, con il quale curavano le ustioni e l’herpes zoster, comunemente detto in napoletano “Fuoco di Sant’Antonio”. L’altro simbolo molto ricorrente nell’iconografia del santo è il fuoco. Secondo una credenza popolare, il santo eremita avrebbe anche lottato col diavolo, che lo tentò nel deserto sotto le sembianze di un maiale. Antonio andò all’inferno per recuperare le anime rapite da Lucifero e gli rubò il fuoco infiammando il suo bastone a forma di “tau”. I cavalieri di Sant’Antonio, infatti, erano vestiti con una tunica bianca, il cui segno distintivo era il drappo blu che formava la lettera “tau”, ultima lettera dell’alfabeto ebraico, detto croce di Sant’Antonio. Questi nobili laici avevano come principale vocazione quella di assistere i malati.

Nei pressi della Salita di Capodimonte si trova il laboratorio di Michele Iodice. Da alcuni anni un’ex cava di tufo dell’Ottocento, adibita a stalla e successivamente a mattatoio, alla quale si accede da un portone a livello stradale, è stata “adottata” da Michele Iodice, noto artista napoletano, e trasformata in un originale laboratorio di scultura, con centinaia di opere d’arte esposte lungo le pareti. Il maestro ha anche rallegrato l’atelier con grandi piante che fanno da luminosa e lussureggiante scenografia.

Mentre mi aggiro, quasi da turista, per la mia città, sono quasi travolta da un corteo in festa. Chiedo. Pare che da queste parti sia l’unica a non sapere dell’arrivo di Amal, incuriosita seguo le persone gioiose di tutte le età. Mi informo, chiedo chi è l’ideatore del progetto.

Incontro Stephen Daldry ideatore di The WalK, festival itinerante in favore dei diritti dei bambini rifugiati.

Gli pongo giusto qualche domanda:
How did you come up with the idea of the realization of your project, “The Walk”?
More than five years ago, Joe Robertson e Joe Murphy invited me to join them in the refugee camp of Calais. From this experience “Good Chance “was born, which marked the turning point in my life and that allowed me to meet friends and colleagues of Help Refugees.
How long have you been travelling with this project?
We are travelling for four mounths we are visting about seventy different places Germany, Italy France, Turkey U.K. Switzerland and so many others.
According to your opinion, which are the main feelings a refugee child experiences?
I think he feels tramautized. But there are two things, one is fear and drama and the other is resilience, even if compsared to adults, young people are more able to connect to a new situation, they can adapt more easily but they need human contact.
Do you like this part of the town or do you think it’ s too dirty?
I don’t mind it’s dirty, i like people, their behaviour, architecture is amazing, people in the streets are very powerful.
How do you think Great Britain can survive standing outside a global world, closing its door to people who worked as cook or cleaning ladies?
Now I’m working on this project i have my vews about these questions, my foucus is to challenge the lives of yung people and all the people as well who leave their countries because of wars or dictatoriship.My concerni is about the needs of the refugees.

È piccola Amal, ha solo nove anni, ma le sue dimensioni sono giganti. Forse perché la marionetta, che rappresenta una rifugiata afghana è cresciuta molto più in fretta di quanto dovrebbe un bambino alla sua età. Cerca la madre, ma intorno a sé trova solo bombe, armi, macerie. Un mondo che gli occhi di un bambino dovrebbero vedere a limite solo su uno schermo televisivo. Il torace, insieme alle braccia, è realizzato con canna di bambù, è aperto. Luogo in cui risiedono organi vitali quali il cuore e i polmoni, forse è un invito ad aprire il nostro mostrandosi solidali e accoglienti, a ossigenare le loro vite offrendo loro un rifugio e una speranza di vita migliore.

 

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