La Fase 2 rimandata volontariamente dagli italiani

11 Maggio 2020

La maggioranza degli italiani dichiara di aver rimandato i principali progetti avviati all’inizio del 2020

L’allentamento delle misure restrittive lascia intravedere una società spenta. Dopo una prima reazione di sollievo, attesa e preoccupazione costituiscono i sentimenti dominanti che frenano la, pur crescente, voglia di ricominciare.

 

Nonostante l’allentamento delle misure restrittive, gli italiani non si sono precipitati a fare le cose che prima non potevano fare ma hanno comunque mantenuto una posizione di cautela e autodisciplina.

Colpisce il basso indice di programmazione di spostamenti, in particolare con i mezzi pubblici, pur disponibili, e attività fuori casa.

La precedenza è stata data ai bisogni impellenti, in una ferrea logica di priorità, a partire dallo sfogo all’aria aperta dei bambini e degli anziani, piccole passeggiate, visite ai parenti o conoscenti prossimi.

Un edonismo di sopravvivenza, volto a recuperare stati d’animo più che obiettivi. La pianificazione del futuro, quell’intenzionalità di fondo che diventa progettualità e di cui sono fatte le nostre vite, è quella che ha subito il maggior rallentamento.

È utile ragionare sugli obiettivi a breve termine che gli italiani dichiarano di aver rimandato nel tempo a causa dell’attuale situazione di emergenza.

Per ironia della sorte la battuta d’arresto riguarda prima di tutto proprio la casa, per chi pianificava di ristrutturarla o addirittura cambiarla.

Per i più giovani si vedono slittare le tappe dell’adultizzazione, sia rispetto all’emancipazione dai genitori che alla creazione di un nucleo familiare.

Ma quello che più preoccupa sono le dichiarazione di una parte della popolazione di aver rimandato la cura della salute, uno slittamento che si inserisce nel faticoso processo di consolidamento delle pratiche –  e della mentalità – della prevenzione nel nostro Paese.

Se diventa più difficile assumere nuove responsabilità, anche verso se stessi, anche nella prospettiva dell’evasione si restringono le prospettive, con l’arresto, ad esempio, della programmazione di un viaggio importante.

Cominciamo a raccogliere una trasformazione antropologica di cui non si vedono ancora segnali evolutivi e che al momento si esprime con sentimenti depressivi e claustrofobici di restrizione del vissuto di spazio e del tempo.

Lo spazio ridotto dall’accorciamento delle distanze e il tempo dalla desincronizzazione producono effetti non solo sulla realtà ma anche sull’immaginazione e, naturalmente, sulla socialità.

Il distanziamento ha solidificato, e non necessariamente valorizzato, i rapporti sociali intorno a configurazioni stabilizzate, più che stabili, penalizzando la fluidità dello scambio sociale.

Allo stesso tempo, distanziamento e rallentamento hanno favorito una centratura individuale, riflessiva e introspettiva i cui esiti, sul piano dei valori e degli stili di vita, sono ancora tutti da studiare.

Registriamo la prevalenza di cautela, per ora, che riguarda la maggioranza degli Italiani e preoccupa in relazione alla ripartenza reale delle attività commerciali. Vale la pena ricordare che si tratta di attività cruciali non solo per l’indotto diretto sull’occupazione e il reddito di alcune categorie professionale, ma anche in generale per l’effetto di traino sui consumi, la produttività e la crescita dell’intero Paese.

Dall’analisi statistica a partire dalle previsioni di comportamento dal 1° giugno, emergono quattro diversi segmenti che, nel pieno rispetto delle regole, convivono in modo diverso con la ripartenza.

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CAT: costumi sociali

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