Di domeniche e shopping: se la fila al centro commerciale è il top del programma

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27 Ottobre 2015

C’erano una volta le domeniche all’aperto, a girar per le strade, a vagar sotto i portici, sul lungomare. C’erano una volta i capannelli fuori le chiese, le pasticcerie, i caffè del corso, i bar, i negozi chiusi. C’era una volta il sano e sacrosanto desiderio di un pranzo luculliano, fuori porta, all’aria aperta. L’importante, che si andasse per boschi o per sagre, era smarcarsi dalla routine, ciascuno a modo suo. Non che tutto ciò sia ora soltanto un ricordo, ma si affermano nuove mode e nuove tendenze. Quanti di voi la domenica, d’inverno come d’estate, si uniscono alle orde in fila per entrare in un centro commerciale? Baluardi dell’acquisto smodato che stempera malumori, nostalgie e assenze, i centri commerciali svettano nelle province, in contrade desolate. Le insegne multicolori sono un richiamo, quasi a celebrare un’opulenza, un abbraccio virtuale per grandi e piccini. Gallerie di negozi sfavillanti scorrono sotto gli occhi degli avventori, i quali, dopo le partite di calcio, indecisi sul dal farsi, optano per una “passeggiata” tra una giacca in saldo, una rosticceria e uno spazio adibito a parco giochi. Un impero del divertimento, da Nord a Sud, che non offre solo shopping, ma pure desiderabili pietanze in aree ristorante, spettacoli e cinema. E non mancano ospiti speciali, magari grandi nomi del panorama musicale nazionale ed internazionale che nei loro tour non ignorano quell’invito ad esibirsi nella piazza al coperto, dove si fa anche ginnastica, si lasciano scorrazzare i bambini, si gironzola con il cane, si gusta il gelato, ci si fa massaggiare il collo. È un passatempo collettivo, una certezza, una consolazione: al centro commerciale entri gratis, ciondoli quanto vuoi, guardi, rimiri per ore le vetrine e sogni ad occhi aperti. Non fai caso a null’altro al di fuori del ben di dio che hai a portata di mano e ti sarà impossibile rimettere il naso all’aria aperta senza neanche una busta al seguito. Intorno, il vociare monta, la musica a palla si confonde con quella che ogni negozio sceglie per intrattenere i clienti. Una babele.

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Fioccano centri commerciali: nascono da certi patti, dagli interessi di qualcheduno, e ben presto fagocitano esistenze. Ci sono più centri commerciali che cinema, teatri, librerie, luoghi di ritrovo.

Scegliamo il centro commerciale a scatola chiusa ogni santa domenica. Raduniamo mogli, mariti, sorelle, zii, figli e nonni, pronti per unirci alla calca, vogliosa, come per incantesimo, delle medesime cose. Il che compromette il nostro immaginario, i nostri desideri, le nostre ambizioni, l’ambiente (più consumi, più packaging uguale più rifiuti). Non si promettono che nuovi centri commerciali, frattanto che i singoli rivenditori soffocano e noi troviamo pace solo davanti a una vetrina, senza sapere che pure questo l’ha stabilito qualcun altro per noi.

 

TAG: centro commerciale, la mania del centro commerciale
CAT: costumi sociali, Lifestyle

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