La triste fine del Centro: da bussola politica ad asilo per egotici

20 Giugno 2022

Mentre Giorgia Meloni si avvia trionfalmente a diventare il nuovo Salvini, che era il nuovo Renzi (cosa dite? stavolta è diverso? sì, certo, è sempre diverso) al Centro c’è molta agitazione.

Molto probabilmente, il risultato di tutto questo dichiarare, smarcarsi, litigare, abbracciarsi non sarà il misto mare, da Calenda a Di Maio, passando per Sala, ipotizzato dal Corriere, ma certamente una sistemata il Centro se la dovrà dare. Magari superando quel difettuccio caratteriale che li unisce, prima e ben di più di tutto il resto: un egotismo parossistico, che ne definisce identità (e limiti) in modo ferreo, offuscando la possibilità che quanto di positivo hanno mostrato e/o potrebbero mostrare diventi progetto politico al di là del loro personale destino.

Il Centro nell’Italia repubblicana ha una solidissima tradizione, incarnata dal partito di centro per eccellenza, la Democrazia Cristiana, che ne ha retto le sorti per quasi mezzo secolo.

La vituperata, e oggi un po’ compianta, DC era un partito moderato, certo per la capacità di fare sintesi tra istanze sociali diverse e contrapposte, muovendosi piano verso dove tirava il vento della Storia senza farsi tirare la giacca (almeno fin dove ha mantenuto una capacità di eleborazione politica a fianco alla gestione del potere), ma anche per l’inflessibile senso del collettivo come istanza superiore. Potevi essere potentissimo, fare e disfare, dialogare con mezzo mondo, ma se gli amici di Matera (per dire un posto, tranquilli) erano scontenti, prima o poi avresti perso il Congresso e saresti tornato “a disposizione”.

Gli infaticabili costruttori dell’odierno Centro sono tutte persone convinte di essere meglio di tutti gli altri, e per questo ripetono con iattanza gli stessi errori degli altri.

Tossici dei social, coltivano maniacalmente un personalismo rissoso, che serve solo a consolidare le proprie bolle, l’esatto contrario dell’universalismo del messaggio del Centro.

Ebbri di sé, pontificano con eccessiva leggerezza su categorie della politica che con tutta evidenza hanno compreso superficialmente, addirittura per rinnovarle e trasformarle. È il caso di una di queste riserve della Repubblica, che negli ultimi anni ha trovato il tempo di rifondare il Socialismo, governare una metropoli e proporsi come leader ambientalista.

Dimentichi che la Politica riguarda più il Come che il Cosa, e pratici e incolti come sono i manager che molti di loro erano, continuano ad ammannirci soluzioni (anche inevitabilmente contraddittorie tra loro) con la stessa sicumera con cui nelle fiere di paese si vendevano unguenti magici per contrastare la caduta dei capelli. Oppure, in spregio all’intelligenza degli elettori, si ergono a eredi in vita dell’Agenda Draghi, che senza Draghi semplicemente non esiste, essendo l’Agenda Draghi null’altro che il prestigio di Draghi che consente di timonare il Paese in acque procellose, null’altro.

Che ti frega, si dirà, se non ti piacciono non li voti. Ovvio che non li voto, così come non ho mai votato e non voterò mai nessuna lista di persone così narcise da chiamarla con il proprio nome, come se la persona fosse la soluzione.

Ci sta, ma poi torno a Giorgia e ai suoi tik-tok sull’Abisso della Morte (certo, si è fatta prendere la mano, faceva cinema, ma che palle, dicono tutti così poi diventano solo dei film e pure brutti). Per evitare al Paese l’ennesima perdita di tempo del governo di un ennesimo It di Stephen King, imprenditore della paura e dello scontento che sarà cacciato non appena non sarà più in grado di gestire insieme gli incazzati che l’hanno portata lì e chi ci compra il debito pubblico, serve una proposta.

Magari, addirittura, una proposta abbastanza larga e interclassista da tenere insieme lavoratori, ceto medio impoverito, produttori non parassitari e questioni (letteralmente) brucianti, come la bomba climatica che stiamo tutti sudando, con i suoi risvolti sul nostro modello di vita e di sviluppo, senza che prevalgano i forconi.

Non servono fenomeni, non interessano i personalismi (non vuoi stare con quegli altri e se li incontri in ascensore piuttosto scendi e vai a piedi? E chi se ne frega non ce lo metti?), ma la messa in comune di quel po’ di consenso per costruire una coalizione necessariamente larga sul lato del buon senso.

Ma dobbiamo avere anche i 5 Stelle dal nostro lato? Sinceramente, il destino dei 5 Stelle non è così appassionante. Lo è invece, e molto, quello del loro (ex) elettorato, in particolare di quelle parte, maggioritaria, che li ha votati da sconfitti della globalizzazione, del modello di sviluppo, del lavoro, delle aspettative.

Sono sempre più convinto che sarà questa parte dell’elettorato, le sue dimensioni, la sua crescita o diminuzione e soprattutto la sua maggiore o minore distanza dalle dinamiche democratiche a rappresentare il discrimine principale tra un Paese che torna parte integrante dell’Europa o diventa sempre più l’anello debole dell’Occidente. Chi aspira a guidare il ceto medio riflessivo di questo Paese dovrebbe saperlo, non raccogliere le firme contro il Reddito di Cittadinanza senza proporre un’alternativa e regalando chi non ce la fa all’ennesima stregona.

Per continuare a sedere con Francia e Germania sul futuro treno per Kiev (e chissà dove andrà il prossimo, ad affrontare quali catastrofi) e non con i Talebani alla Convention dei Supervillain di San Pietroburgo (c’era anche Confindustria, vergogna) serve che i fenomeni del Centro facciano pace col loro ego e con quello degli altri, e si mettano a disposizione di un progetto collettivo, come anni fa fecero persone ben più importanti di loro.

Oppure resteremo il Paese del ciambellone, con un buco nel mezzo. Che purtroppo non riempirà la democrazia.

PS. Mentre terminavo questo pezzo, arrivavano i risultati delle legislative in Francia, con Macron appena rieletto che perde la maggioranza assoluta e il boom di Destra e Sinistra. Ormai c’è una pandemia globale di ingovernabilità e polarizzazione alle estreme, che andrebbe innanzitutto studiata seriamente, anche perché il Caos presente non farà che acuirla. A maggior ragione, serviranno teste fredde in mezzo al ciambellone.

 

TAG: Calenda, centro, Luigi Di Maio, Matteo Renzi
CAT: costumi sociali, Partiti e politici

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