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Costume

Una proposta didattica

di Ugo Rosa
19 Novembre 2022

Allego a questo breve scritto un antico filmato che ritengo edificante e degno di attenzione. Si tratta di una testimonianza esemplare che non va visionata solo per curiosità – legittima, morbosa, morbosamente legittima o legittimamente morbosa…- ma va mandata a memoria come, con implacabile ferocia, ci faceva fare l’insegnante con i prodotti del personaggio che ne è il protagonista. Credo che questo film-luce andrebbe proiettato in tutte le scuole del regno in degnissima sostituzione di quelle papule tronfie che il soggetto in questione ammanniva ai contemporanei in forma di scrittura e che questi ultimi hanno trasmesso ai posteri insieme alla bomba atomica, all’inquinamento atmosferico e al debito pubblico. Ci si può chiedere, immagino, quale ragione mi faccia ritenere a tal punto istruttivo questo breve filmato. Chi fu l’uomo lo sappiamo. Ce lo spiegarono a scuola mentre ancora armeggiavamo sotto il banco con le figurine Panini per trarne il massimo profitto giocandocele ai mazzetti. Quello che scrisse ci venne pure, disgraziatamente, illustrato e fu grazie a quei cadaveri eccellenti – e ad altri, in verità, consimili – che, già in giovanissima età, ci formammo l’immagine e l’idea del rigor mortis in cui versavano la lingua e la letteratura nazionale. Allegramente, dirottammo altrove, ciascuno coi suoi mezzi, Si andò verso gli inglesi, gli americani, i tedeschi, i russi, i francesi…o chiunque altro, purché lontano anni luce dalla puzza che quella salma sprigionava. E come se tutto questo non bastasse ci sono in giro, ancora oggi e in numero accresciuto dalla diffusione mediatica, gli eredi che, pur avendo aggiornato il lessico delle baggianate, ne ricalcano amorevolmente la sostanza, ne imitano la gestualità e i tratti caratteriali decisivi. A un punto tale che il personaggio di questo filmato solo per caso ha un nome e un cognome. In realtà è una maschera e con quell’eloquio e quella faccia potrebbe, con un divisa appena diversa e una dentiera fissa, essere uno qualsiasi degli innumerevoli personaggi che ne discendono e dilagano nei programmi televisivi. Si prega dunque di non essere frettolosi e di non soffermarsi sulla superficie dell’orrido: che al vate qui manchino i denti, oltre all’occhio, è del tutto irrilevante a fronte di ciò che invece vi si trova a iosa. E quello che vi si trova è una fenice che rinasce sempre dalle sue ceneri. Si potrebbe grossomodo definire con una parola: “italianità”. Una tipologia che, per quante varianti possa presentare, si ripete sempre, da centosessant’anni, identica nei tratti fondamentali. Certo, mi rendo conto che lo sdentato, in genere, susciti simpatia o almeno compassione. Il tempo ripropone, nel vecchio, la persistenza dell’infante e chiude, in tal modo, il cerchio dell’esistenza invocando ancora una volta la protezione di una madre. Eppure in tal caso perfino la mamma, rivedendolo, si sarebbe resa conto del suo errore. Quest’individuo non riesce neppure a far pena. Fa solo l’effetto di una cariatide posta a guardia dei cessi di un bordello. Ride e non si capisce perché, parla e non avrebbe ragione per farlo, recita, perfino, dei versi ma tutto ciò che suscita è inquietudine e disagio in chi lo osserva che, pur di farlo tacere, gli dà la monetina. La pomposa miseria della sua produzione non può essere valutata autonomamente – nulla meno delle tenorili prestazioni di questo rumoroso “esteta” ha a che fare con “l’art pour l’art” – ma deve essere posta in relazione, per un verso, con gli intenti autopromozionali che vi erano connaturati e, per l’altro, con i risultati stupefacenti di quell’autopromozione. Occorre, in altre parole, chiedersi come hanno potuto simili boriose bestialità, e così bestialmente espresse, arrivare a tale rinomanza e mantenere un’eco così vasta e duratura in questa martoriata nazione. La spiegazione di quello che altrimenti sarebbe un mistero risiede, mi sembra, nella perfetta coincidenza fisiognomica, nella sintonia stupefacente tra l’uomo e il suo pubblico. Questa maschera è l’apoteosi del piccolo borghese italiano trionfalmente assunto in cielo in serpa al Vittoriale. Se ripugna non è, in fondo, neppure a causa di quello che ha scritto. E’ perché ciò che ha scritto costituisce solo l’orinale delle deiezioni di quel piccolo borghese vanaglorioso, miserabile e fondamentalmente criminale che fin dall’unità d’Italia costituisce l’ossatura della nazione. Perciò credo che questo filmato valga pagine e pagine di critica testuale e dovrebbe trovare uno spazio adeguato nei programmi scolastici ministeriali. Speriamo bene.

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