Classe 1943, ultimo di una famiglia di artisti e artigiani della ceramica, lascia la “casa museo“ e un patrimonio culturale e artistico ricchissimo
14 Novembre 2025
“Dico sempre: io sono un punto fermo ma il mondo mi è girato intorno. Qui sono arrivati artisti da tutto il mondo, io gli ho insegnato la tecnica, loro mi hanno dato l’apertura mentale e c’ho guadagnato io. Ormai faccio solo quello che mi piace ma se c’è una cosa che non si può insegnare è la fantasia”.
Dalla sua panchina davanti alle fornaci di Cunardo Giorgio Robustelli, classe 1943, mi raccontava una vita che non esisteva già più, quella degli anni in cui la cultura del novecento passava e si fermava alle fornaci di un piccolo paesino in provincia di Varese, immerso tra le montagne e i laghi. Da oggi quella panchina sarà vuota ma continueremo a vederlo e a visitare (spero) la “casa museo”.
Le fornaci di Cunardo hanno una storia che parte dalla calce ma nel 1951, nel dopoguerra, la famiglia Robustelli le trasformò in un centro di ceramica artistica chiamatoCeramica Ibis. A partire dagli anni Sessanta, la Ceramica divenne un punto di riferimento per artisti di fama mondiale, che collaborarono con gli artigiani ceramisti, trasformando il luogo in un importante polo culturale e artistico. Era apprezzata per il Blu Cunardo ma nel tempo, grazie a Giorgio e al fratello Gianni (mancato nel 2010) è diventata un luogo frequentato da artisti, musicisti, poeti, scrittori come Hermann Hesse e Piero Chiara. Quest’ultimo frequentava le fornaci, tanto da aver lasciato una collezione di piatti, dipinti di sua mano e destinati a essere riprodotti sulle copertine di alcuni suoi romanzi. La Ceramica ospita ancora oggi opere di Fontana e Burri, di Guttuso, di Baj e di Schumacher.
Fornaci Ibis Cunardo. Foto di Francesca Mandelli
Nel 2014 Giorgio Robustelli aveva creato l’associazione “Amici delle Fornaci Ibis” per il rilancio culturale di questo luogo e la sua trasformazione in un museo all’aperto. Teneva corsi, cercava di tramandare quell’arte che aveva imparato da bambino da sua padre Paolo e sua madre Tullia (per tutti Pina) e attraversato la sua vita, curava mostre, finché ha potuto. Nella sua carriera di artista ceramista amava mescolare all’argilla, soprattutto, rottami di ferro arrugginiti provenienti dall’ambiente circostante il laboratorio appartenenti a vecchi attrezzi agricoli, alle serrature e ai cardini di antiche porte oppure a piccoli utensili di attività artigianali ormai scomparse. Era poi tornato alla ceramica più essenziale realizzando opere spezzate.
Se ne va così l’ultimo erede di una storia artistica e artigianale ricchissima che ha lasciato un patrimonio culturale al territorio che non andrà sprecato. Per me se ne va l’uomo che mi veniva incontro alle fornaci con un pezzo di argilla da portare a casa. Qualcuno che, insieme a mio padre, ha seminato dentro di me la curiosità, il rispetto per l’artigianato e l’arte, per il lavorare con le mani.
I funerali avranno luogo nella giornata di sabato 15 novembre alle ore 14,30 alla chiesa Madonna del Rosario di Cunardo.
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