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Letteratura

Condomini

di Filippo Cusumano
20 Luglio 2018

Si è materializzato all’improvviso.
Stavo annaffiando un paio di piante che tengo sul pianerottolo quando l’ho sentito scendere dal piano di sopra.
Non ho fatto in tempo ad evitarlo.
Di solito lo faccio. A volte, quando sento che sta uscendo, attendo che abbia lasciato la palazzina per avventurarmi a mia volta per le scale.
Ma sapevo che prima o poi non avrei avuto scampo.
“Allora?” mi ha detto.
Così, senza neanche un saluto preliminare.
Semplicemente un “allora?”, come fa tutte le volte.
La storia va avanti da un pezzo.
Quando ho acquistato la casa, non finivo di rallegrarmi con me stesso del prezzo che mi era stato richiesto.
La casa era in ordine, avevo speso pochissimo per sistemarla a modo mio ed era persino molto più bella e spaziosa di quanto la desiderassimo. Mi chiedevo continuamente, però, quale fosse il vizio segreto che aveva convinto chi l’aveva acquistata prima di me a liberarsene così precipitosamente (la proprietaria precedente era stata lì appena 18 mesi).
Poi ho capito.
La prima volta che l’ho visto.
L’ho incontrato per le scale e mi sono presentato. Gli ho detto che alcuni lavori che avrei fatto nell’appartamento avrebbero potuto disturbarlo. “Ma è poca cosa”, avevo aggiunto, “la casa è abbastanza in ordine, il tutto non dovrebbe durare più di una settimana, le chiedo scusa in anticipo…”.
Mi aveva guardato con espressione dubbiosa, come se non credesse a quanto gli stavo dicendo, poi aveva detto: “Dopo dobbiamo parlare”
E lo aveva detto con il tono di chi allude ad una questione seria e importante.

“Di cosa?”, avevo replicato immediatamente.
“Dopo” si era limitato a dire in maniera secca lui, andandosene verso il suo appartamento al piano di sopra.
Qualche settimana dopo il problema era venuto fuori.
Ci eravamo trasferiti da un paio di giorni, quando c’era stato il secondo incontro. Sempre per le scale.
“Lo sai che la grondaia è da sistemare?” aveva esordito. Come al solito senza convenevoli iniziali, nemmeno un “ciao”.
Lo avevo guardato dritto negli occhi cercando di far trasparire il più possibile la mia irritazione, poi gli avevo detto:
“E come potrei saperlo se nessuno me lo ha detto prima?”
Al che lui aveva iniziato a parlarmi del problema.
“Lo sai che quando una parte comune è da sistemare, occorre che contribuiscano tutti i proprietari?”
“Certo che lo so”, avevo risposto, “Immagino che tu, oltre a parlarne adesso con me ne abbia parlato anche con quelli del primo piano”
“Certo che ne ho parlato anche con loro, ma non mi sembra che se ne vogliano fare carico”.
“C’è modo e modo per chiedere le cose. Sei certo di averlo fatto nel modo giusto?”, ho replicato.
“Cosa intendi dire?” ha risposto con tono stizzito.
“Questa te la spiego un’altra volta, adesso non vorrei perdere il tram” ho tagliato corto io, avviandomi verso il portone.
Da allora il tema viene ripreso ogni volta che ci vediamo.
La cosa mi mette ansia.
Gli ho spiegato che non esiste un vero problema, che non ho dubbi sul fatto che spetti a tutti condomini contribuire, che però bisogna fare le cose per bene, mettersi tutti intorno ad un tavolo, esaminare il problema, individuare insieme l’impresa cui affidare i lavori, definire le quote di contribuzione di ognuno dei tre condomini, ecc.
Niente.
Dice che tutte queste mie considerazioni sono solo tentativi per “burocratizzare” la vicenda.
Inutile spiegargli che sono passaggi obbligati, percorsi dettati dal buon senso.
“Finirò per farvi arrivare la lettera di un avvocato!” conclude sempre sprezzante.
Così stamattina quando ha esordito con il suo solito “allora?”, gli ho risposto : “Allora, se permetti,  lo dico io: con quelli del primo piano hai parlato?”
“Cosa ci parlo a fare?” ha risposto lui “Mi hanno fatto capire che non ne vogliono sapere”.
“Evidentemente non glielo hai chiesto nel modo giusto”
“Tu hai la fissa dei modi giusti! Tutte scusa per non fare niente!”
A quel punto è risalito verso il suo appartamento ed io sono rientrato nel mio.
Giorgia ha visto subito la mia faccia scura.
“Ancora lui? ” ha detto.
“Si. A volte penso che dovremmo rivendere l’appartamento”
“Ma dài! Finiresti per dare soddisfazione a quel buzzurro”
“Sempre meglio che finirla buttandolo giù dalle scale!” ho risposto. Poi ho preso una lattina di birra dal frigo e mi sono seduto davanti al computer.
Ho passato buona parte della mattina sugli annunci immobiliari…

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