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Geopolitica

Invasione dell’Ucraina, altro che blitzkrieg

di Titti Ferrante
5 Ottobre 2022

“Kann man schon sein Geld nicht erben
Muß man’s irgendwie erwerben
Dazu sind doch Aktien besser
Als Revolver oder Messer”

Le lingue che parliamo influenzano il modo in cui vediamo il mondo, ma è vero anche il contrario, la realtà che abitiamo e che quotidianamente viviamo influenzano la nostra conoscenza di eventi atmosferici, storico- sociali e il loro modo di nominarla.
Prendiamo la parola mozione, in linguistica è la possibilità di attribuire a un tema nominale (di sostantivo o di aggettivo) più di un genere grammaticale attraverso un normale cambio di suffissi o desinenze: per es. tutti gli aggettivi italiani in -o (come buono), sono suscettibili di mozione perché l’elemento -a può costantemente essere introdotto (buona).
In ambito politico, la mozione parlamentare è uno strumento di indirizzo politico attraverso il quale la Camera dei deputati o il Senato danno un indirizzo al Governo sul comportamento da tenere o le misure da prendere per affrontare una determinata questione.
In Germania, dopo il risultato del voto nominale del 28 settembre si è posto fine al dibattito sulla possibilità del Bundestag di inviare ulteriori armamenti all’Ucraina: la Germania sosterrà l’Ucraina senza rifornimento di ulteriori armamenti.
La mozione, voluta da Cdu/CSU, coalizione all’opposizione, chiedeva “un aumento immediato e sensibile del sostegno tedesco in termini di quantità e qualità”.
Sensibilità e di qualità sono due aggettivi che stonano con il fatto di inviare armamenti ad un paese in guerra, sebbene il paese è un paese aggredito, sebbene sicuramente non inviare armi avrebbe significato la resa istantanea e forse l’aumento delle mire espansionistiche di Putin, chissà forse l’annessione della stessa Ukraina. Un Ukraina che oggi rivendica le 4 regioni annesse con un referendum che è sicuramente una farsa e oggetto di manipolazione. Le frontiere degli Stati, della Georgia, del Kazakistan, della Polonia, della Germania sono pressate dall’arrivo di richiedenti asilo, dagli sfollati ella guerra, da chi quella guerra non la sente sua neppure essendo russo e cerca di fuggire alla leva obbligatoria, avendo piena coscienza che le guerre le vincono i potenti, non chi si batte al fronte.
Il conflitto in Ucraina ha modificato la percezione internazionale della Polonia. L’enorme afflusso di profughi dal Paese vicino, ha reso Varsavia la protagonista dell’accoglienza di fronte alla crisi umanitaria, contribuendo a rovesciare la precedente immagine di Varsavia, considerata come “egoista” e indifferente all’emergenza migratoria che coinvolge da anni gli Stati meridionali dell’Unione Europea.
Una guerra che si trascina da mesi e che non ha nulla a che vedere con la Blitzkrieg, letteralmente guerra lampo, combattuta in Polonia, un’operazione militare diretta all’invasione territoriale della Polonia compiuta in due distinte fasi: dal 1º settembre 1939 dalla Germania e dal 17 settembre dall’Unione Sovietica, allo scopo di spartirsi il territorio polacco al termine delle operazioni.
Se le bombe che svegliarono la Polonia all’alba del 1 Settembre del 1939 misero in agitazione le cancellerie di Francia e Inghilterra che furono costrette a dichiarare guerra alla Germania, dall’altro non sorpresero né intimorirono gli spavaldi polacchi.
Questo orgoglioso paese, che viveva ancora nel ricordo delle gesta compiute tre secoli prima dai suoi eserciti i quali avevano esteso il dominio polacco dal Baltico all’Ucraina, aveva riacquistato l’indipendenza soltanto dopo il 1918, dopo che la prima guerra mondiale aveva fatto crollare l’impero austro-ungarico di cui faceva parte. Nel 1919, approfittando della guerra civile scoppiata in Russia, i polacchi si erano battuti contro l’Armata Rossa riuscendo più volte a sconfiggerla e a conquistare Kiev. Infine, grazie anche all’aiuto delle potenze occidentali coalizzate contro il nascente Stato bolscevico, i russi furono costretti a scendere a trattative. La pace di Riga, conclusa nel 1921, che consentì alla Polonia di impadronirsi di alcune province ucraine era stata più umiliante di quella di Brest- Litovsk imposta nel 1918 a Lenin dagli imperi centrali. Dopo di allora, la nuova Polonia si era mantenuta in una posizione di equidistanza dai potenti vicini.
Consideri questi precedenti storici, era logico che la Polonia temesse sia L’unione Sovietica, che non aveva mai rinunciato a rivendicare le province ucraine perdute, sia la Germania, che mirava a reimpadronirsi dei territori della Prussia orientale che le erano stati tolti dal Trattato di Versailles e, in particolare della città di Danzica, città portuale tedesca che era stata inserita nel territorio doganale polacco, ma regolata da uno statuto speciale simile a quello adottato per Berlino dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Insomma il classico pasticcio diplomatico foriero di frizioni e crisi. Ovviamente i tedeschi ne reclamavano la restituzione, nonché la costruzione di un’arteria di traffico extraterritoriale attraverso un corridoio che congiungesse la Prussia orientale con il resto della Germania, mentre i polacchi ne rivendicavano il pieno possesso per ragioni storiche e commerciali

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